La Corte suprema di Pechino ha diffuso un documento lo sorso 19 giugno in cui per la prima volta riconosce il reato di inquinamento ambientale che rientra tra i reati penali e che potrà essere punito con la pena di morte.
La pena rientra in un pacchetto più ampio di interventi antinquinamento composti di 10 misure volte a ridurre le emissioni delle industrie che hanno contribuito al miracolo economico del paese degli ultimi tre decenni. Il taglio delle emissioni sarà pari al 30% e sarà attuato entro il 2017 e riguarderà le industrie ad alto consumo energetico, come quelle del cemento, acciaio, vetro e alluminio. Tra le altre misure chiave azioni legali per quelle industrie che non riescono ad aggiornare i controlli dell’inquinamento e di introdurre nuove norme sulle emissioni.
L’inquinamento e il degrado ambientale di qualsiasi genere in Cina sono diventati una fonte importante di malcontento sia nelle aree urbane sia rurali. L’inquinamento è un grave problema ambientale poiché oramai è fuori controllo: dall’inquinamento atmosferico all’inquinamento delle acque, l’impatto delle produzioni industriali è ogni giorno più pesante e a oggi sfugge la conta dei morti causati appunto dall’insalubrità ambientale.
Con la nuova direttiva emessa anche dal Governo, attraverso i ministeri della Pubblica sicurezza e Tutela ambientale viene chiesto alle forze dell’ordine di reprimere i reati di inquinamento ambientale collaborando in maniera più stringente con le Agenzie per la protezione dell’ambiente. Dunque le misure di controllo saranno rafforzate e rivolte sopratutto a quelle imprese che hanno usato sostanze tossiche e scaricato liquami e veleni in quelle zone dove negli ultimi 2 anni si sono verificati la maggior parte degli sversamenti mortali.
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Fonte: ecoblog.it