Una strage in Italia per fare accettare ad una riluttante opinione pubblica una ennesima guerra in Libia? Anche perché - state pur certi - poche ore l’attentato, già “filtrerebbero” sui mass media “notizie” sulla identità degli attentatori e, sopratutto, delle loro postazioni in Libia. Subito dopo, il decollo dei cacciabombardieri. Nessuna “guerra” per carità: solo una “operazione chirurgica” contro i covi degli assassini. Poi, da cosa nasce cosa. Altri bombardamenti di qua e di là. E per “bonificare” il terreno dai terroristi ancora in circolazione, un numeroso contingente militare italiano in Libia. Roba da manuale di guerra psicologica, altro che “Tripoli, bel suol d’amore” o l’omicidio di qualche nostro connazionale (magari, in un davvero strano assalto) o un davvero improbabile assalto alla nostra Guardia Costiera.
Certo, per organizzare una tale operazione ci vorrebbe la perfetta collaborazione di molte strutture dello Stato. Che non c’è stata nemmeno in Francia (ricordate la storia della carta di identità “dimenticata” in taxi da Said Kouachi?). Figuriamoci in Italia dove i servizi di Sicurezza – pare – remino contro il Governo dopo le epurazioni imposte da Renzi.
E allora? Allora, sgonfiati i ballon d’essai degli iperbellicisti ministri della Difesa e degli Esteri e fallita la santificazione di “martiri del Giornalismo”, si va avanti alla giornata con un Renzi che – pungolato da davvero sospette campagne moralizzatrici - annuncia l’imminente invio di un contingente militare in Libia smentendosi il giorno dopo, o imponendo un davvero terrificante silenzio stampa.
Certo, potrebbe essere uno “Stop and Go”: un, quasi banale, escamotage usato da sempre dai media (non solo nel campo militare) per preparare l’opinione pubblica e disorientare gli oppositori. Ma neanche questo, a dar retta ai sondaggi, si direbbe funzioni.
Non resta, quindi, che puntare su qualcosa di più efferato. Anche perché – con il burattino che abbiamo messo al governo (si fa per dire) della Tripolitania - i tempi sono stretti. E Francia e Gran Bretagna stanno già prosciugando i pozzi di petrolio in Libia.
Francesco Santoianni
Fonte: lantidiplomatico.it