È innegabile che lo sfruttamento dei combustibili fossili come fonte di energia ha permesso all’uomo di progredire e svilupparsi in maniera esponenziale nell’ultimo secolo.
Dr. Matteo M. Melosini
Ci si può spostare in tempi sempre più ridotti, facendone beneficio in primis i trasporti e le comunicazioni: due elementi chiave nelle società moderna. Abbiamo energia elettrica, gas e acqua calda nelle nostre confortevoli case; possiamo viaggiare comodamente in tutto il mondo usando aerei a kerosene e macchine a benzina; ma tutto questo a che prezzo?
Come risultato della nostra “civilizzazione” e del grande progresso tecnologico degli ultimi decenni l’effetto serra è cresciuto a livello globale; con il conseguente aumento delle temperature i ghiacci polari si sciolgono ad una velocità mai vista; i mari e gli oceani, sempre più sporchi e inquinati, salgono di livello mettendo a rischio intere popolazioni ed ecosistemi.
È questo il prezzo per le nostre comodità? No di certo, o in un ipotetico futuro ultra-tecnologico avremmo magari trovato il modo per avere macchine volanti come nei film di fantascienza, ma voleremo sopra ad un pianeta grigio e prosciugato dalle sue risorse, non più verde e rigoglioso come una volta.
Dato quindi l’evidente problema connesso all’uso dei combustibili fossili unito al momento di grande riscoperta che sta caratterizzando la canapa industriale, una cultura antica quanto duttile e pratica oggigiorno usata per produrre fibre naturali, materiali per l’edilizia, farina e olio di qualità, carta e molto altro, è lecito chiedersi se possa essere utilizzata anche per produrre combustibili alternativi a quelli fossili.
L’olio semi di canapa e di canapa è caratterizzato da un elevato tenore di acidi grassi polinsaturi tra cui il raro quanto prezioso ω3 (acido α-linolenico), rendendolo ideale per il settore alimentare e cosmetico.
“Si tratta quindi di una questione di cibo contro combustibile” dice il Prof. Richard Parnas, esperto in biocombustibili dell’Università del Connecticut, notando che i principali impianti per produrre biodiesel usano come materia prima colture che competono con il loro uso alimentare come soia, olive, arachidi e semi di colza.
In parte lo è, i semi di canapa sono già utilizzati infatti come alimento/condimento e trasformali in combustibile sembrerebbe uno spreco, ma non sarebbe forse interessante poter far funzionare la propria azienda agricola con il carburante prodotto dal proprio raccolto di semi? non dovendo più dipendere l’odiata e costosa pompa di benzina?
Per poter rispondere a queste domande dobbiamo entrare un po’ più nello specifico dei biocombustibili e delle loro tecniche di produzione: Con biodiesel si intende un tipo di combustibile derivato da olii vegetali o grassi animali attraverso specifiche trasformazioni.
Principalmente è ottenuto per reazione chimica, la transesterificazione, che usa alcool metilico o etilico e soda caustica come reagenti a circa 65°C.
Un altro metodo usato è la trasformazione enzimatica, un processo più eco-sostenibile ma al tempo stesso più costoso.
Chimicamente il biodiesel è un estere metilico o etilico di acidi grassi a catena lunga avente le stesse qualità dell’omologo diesel di origine fossile.
I bio-olii sono invece una classe di composti ottenuti della conversione termica della biomassa solida (residui agricoli e scarti della pianta di canapa) ad alte temperature (circa 400°C) e in assenza di ossigeno in un processo chiamato pirolisi.
Il prodotto è un liquido (bio-olio) con un alto valore carbonico e utilizzabile per la produzione di energia.
Data l’alta viscosità e densità del bio-olio, esso non può essere utilizzato come combustibile per i trasporti a meno che non venga trattato ulteriormente con un processo chiamato idrogenazione catalitica, che da come prodotto finale il green diesel: un combustibile utilizzabile nei comuni motori a gasolio.
Un altro trattamento termico della biomassa interessante per la produzione di combustibile è la gassificazione.
La massa vegetale viene esposta a temperature superiori ai 700 ° C per un lungo periodo ottenendo come prodotto principale un gas (syn-gas) ricco in metano, anidride carbonica, ossido di carbonio e idrogeno.
Questa miscela di gas ha il potenziale di essere convertita in carburante diesel attraverso una reazione chimica, Fischer-Tropsch, che necessita di alte pressioni di idrogeno e un catalizzatore metallico, rendendo questo tipo di processo più complicato in piccola scala.
In fine l’ultimo tipo di liquido energetico, che assieme al biodiesel è più facilmente ottenibile a partire dalla canapa, è l’etanolo.
Questo comune alcool è utilizzabile per produrre energia attraverso la sua combustione o come combustibile per i trasporti in motori adattati (caso del Brasile).
L’etanolo è prodotto a partire della fibra cellulosica della pianta in un processo semplice e naturale che ha sempre accompagnato la storia dell’uomo, la fermentazione alcolica.
Dr. Matteo M. Melosini
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Fonte: freeweed.it