di Antonio Scafati
Sembrava una proposta destinata a cadere nel vuoto, forse solo una provocazione. Invece il Partito Popolare Danese l’ha spuntata: la Danimarca sospende il trattato di Schengen e reintroduce i controlli alle frontiere. Ad annunciarlo è stato Claus Hjort Frederiksen, ministro delle finanze del governo danese: “Durante gli scorsi anni abbiamo visto crescere i crimini transfrontalieri” ha spiegato, “questa decisione punta a frenare il problema”. Troppa immigrazione e troppa criminalità da oltreconfine per il governo danese: il gioco non vale più la candela, meglio tornare al passato.
Entro due, massimo tre settimane la polizia tornerà a controllare chi entra dai confini con la Germania, ma anche nei porti e sul ponte che collega Danimarca e Svezia. Il ministro Frederiksen ha spiegato che saranno istallate nuove apparecchiature elettroniche di identificazione alla frontiera tedesca, strumentazioni in grado di identificare le targhe delle macchine.
Così come gran parte delle leggi sull’immigrazione introdotte nell’ordinamento danese, anche stavolta a spingere per il ripristino dei controlli alle frontiere è stato il Partito Popolare Danese. Lotta all’immigrazione clandestina, lotta alla criminalità internazionale, lotta al narcotraffico: questi alcuni dei capisaldi del partito. La leader Pia Kjærsgaard aveva già speso parole molto chiare: “I controlli alle frontiere sono un diritto per i nostri cittadini”, un diritto ritenuto necessario per porre un freno soprattutto all’entrata in Danimarca di stranieri provenienti dai paesi dell’Europa orientale, paesi ritenuti (non solo a Copenhagen) inaffidabili nel gestire l’emigrazione: troppo pochi i controlli alle frontiere, senza regole i flussi migratori. Agli occhi del Partito Popolare danese, l’ondata di profughi proveniente dai paesi nord-africani ha aperto un secondo fronte al quale guardare con preoccupazione: “Abbiamo problemi con i cittadini dell’est Europa che stanno venendo qui e corriamo il rischio di avere gli stessi problemi con quelli dal Nord Africa” aveva detto Pia Kjærsgaard.
E così come accaduto spesso finora, il Partito Popolare Danese è stato accontentato sui controlli alle frontiere in cambio dell’appoggio alla riforma sulle pensioni presentata dal governo e in discussione da diverse settimane. Il partito della Kjærsgaard fornisce al governo liberal-conservatore del premier Lars Løkke Rasmussen un appoggio esterno fondamentale.
La Danimarca è entrata nell’area Schengen nel 2001, sei anni dopo la firma dell’accordo che aveva abolito le frontiere consentendo a tutti i cittadini europei di circolare liberamente tra gli stati. La decisione di oggi rappresenta un passo importante, ed è interessante vedere come reagiranno altri paesi dove il tema immigrazione è piuttosto caldo. La Danimarca ha dato l’esempio, altri potrebbero seguirlo. Oltretutto a Copenhagen sembrano convinti che la loro decisione rientri nei parametri europei. Per ora da Bruxelles si preferisce la cautela: Marcin Grabiec, portavoce del Commissario europeo per gli affari interni Cecilia Malmström, ha detto che dovranno leggere le carte, prima di dare un commento. Ma è indubbio che si tratta di una grossa grana.
Tratto da: loccidentale.it