E’ forse uno degli studi sul suicidio più provocatori di sempre, ma si basa su analisi di dati e di casi. E’ stato pubblicato sulla rivista specializzata Social Psychiatry and Psychiatric Epidemiology, ma nessuno ne ha parlato. Secondo i ricercatori danesi, l’assunzione di psicofarmaci e il ricovero in reparti psichiatrici aumentano notevolmente l’incidenza dei suicidi.
Di Giovanni Fez
A ribadire la validità e la gravità dei dati è Rob Wipond, giornalista americano impegnato per Mad in America. Lo studio danese è in effetti sconvolgente, obbliga a prendere atto di una realtà e a riflettere su di essa. Da sottolineare come anche molti altri studi abbiano messo in evidenza che l’assunzione di psicofarmaci può aumentare fino al 30% il rischio di suicidio, così come si sa che influiscono negativamente la riduzione dell’esposizione alla luce solare e la deprivazione di sonno; in questo caso si parla anche di visite psichiatriche e ricoveri in reparti appositi. I ricercatori dell’università di Copenaghen hanno condotto uno studio a livello nazionale confrontando individui morti per suicidio negli anni tra il 1996 e il 2009 e andando a vedere che tipo di trattamento psichiatrico avevano avuto nell’anno precedente l’atto: nessun trattamento, assunzione di psicofarmaci, contatti con cliniche psichiatriche, visite psichiatriche d’urgenza o ricovero (volontario o coatto) in ospedale psichiatrico. I suicidi erano 2.429, i casi controllo 50.323. I ricercatori hanno concluso che l’assunzione di psicofarmaci nell’anno precedente il suicidio rende quest’ultimo 5,8 volte più probabile; il contatto con una clinica psichiatrica aumenta la probabilità di suicidio di 8,2 volte; visite psichiatriche d’urgenza aumentano la probabilità di 27,9 volte; il ricovero in ospedale psichiatrico aumenta la probabilità per una persona di uccidersi di 44,3 volte.