INTERVISTA – Franco Berrino, oncologo di fama internazionale, cita il giornalista e saggista Michael Pollan e spiega: «Ciò che la bisnonna non riconosce sull’etichetta non è cibo, fa parte della trasformazione alimentare ed è assolutamente da evitare». Un parere sul vino dopo Toscani e Vinitaly. Expo 2015? «una grande vetrina dell’industria alimentare». La polemica con il MIUR per l’educazione nelle scuole insieme a Federalimentare.
Di Giorgio Montolli - verona-in.it
– Prof. Berrino, dove sbagliano gli italiani quando mangiano?
«Quello che si trova sulle tavole degli italiani non è un cibo genuino, ma la sua trasformazione industriale, e c’è una bella differenza. Il pane, ad esempio, oggi è fatto con farine raffinate, da cui sono state tolte gran parte delle sostanze nutritive e protettive tipiche del grano, come minerali, vitamine, polifenoli… Un pane raffinato è anche privo di fibre e questo può avere come conseguenza un malfunzionamento dell’intestino, con la possibilità che venga compromesso il sistema immunitario e che si manifestino patologie anche gravi».
– Ci troviamo di fronte a delle proposte commerciali che ci attraggono sul piano dei sapori ma discutibili sul piano salutistico?
«Non è questo il problema. La pubblicità certo esalta il gusto di questo o quel prodotto, ma le ragioni per cui sugli scaffali dei supermercati troviamo soprattutto cibi raffinati sono essenzialmente commerciali, legate al problema della conservazione. Una farina 00 può resistere anni senza deteriorarsi, mentre lo stesso prodotto integrale dopo qualche mese non è più utilizzabile, tanto che nessuna farfallina sarebbe così folle da andare a deporre le uova in una farina 00, dove non c’è vita. Disporre di un prodotto a lunga conservazione è un grandissimo vantaggio per l’industria e la grande distribuzione».
«Non è questo il problema. La pubblicità certo esalta il gusto di questo o quel prodotto, ma le ragioni per cui sugli scaffali dei supermercati troviamo soprattutto cibi raffinati sono essenzialmente commerciali, legate al problema della conservazione. Una farina 00 può resistere anni senza deteriorarsi, mentre lo stesso prodotto integrale dopo qualche mese non è più utilizzabile, tanto che nessuna farfallina sarebbe così folle da andare a deporre le uova in una farina 00, dove non c’è vita. Disporre di un prodotto a lunga conservazione è un grandissimo vantaggio per l’industria e la grande distribuzione».
– Come regolarsi allora durante la spesa?
«Se nelle etichette vediamo troppi ingredienti c’è qualcosa che non va. Si tratta quasi sempre di sostanze chimiche che non hanno solo lo scopo di conservare il cibo, ma anche quello di stabilizzarne il gusto nel tempo per ragioni commerciali.Michael Pollan, nel suo libro In difesa del cibo raccomanda di andare sempre a fare la spesa con la nostra bisnonna, nel senso che quello che la bisnonna non riconosce come cibo non deve finire nel carrello della spesa».
– La dieta mediterranea è da riscrivere o rimane una formula valida?
«E’ sempre più una formula valida. Gli studi epidemiogici negli ultimi anni hanno dimostrato che più ci avviciniamo allo stile dell’alimentazione mediterranea tradizionale, dove troviamo cereali integrali, legumi, verdura, frutta, noci, nocciole, mandorle, olio d’oliva, un po’ di vino, e meno ci ammaliamo di infarto, ictus, cancro, Alzheimer, malattie infiammatorie. Gli studi sono molto chiari a riguardo: lo stile mediterraneo è protettivo nei confronti delle malattie croniche del nostro tempo».
– L’unico padiglione di Expo extra Milano è quello di Acquae Venezia 2015. Perché secondo lei c’è così tanta attenzione sul tema dell’acqua e come questo tema incrocia quello della salute?
«Abbiamo sporcato l’acqua, inquinato terribilmente le falde. E’ difficile capire in che misura questo stia influendo sulla nostra salute, per cui dobbiamo basarci sul principio di precauzione, nel senso che certo non va bene che nell’acqua cosiddetta potabile si trovino sostanze tossiche e cancerogene. Ma c’è un altro grande problema dell’acqua legato al suo spreco. Basti pensare che per produrre 1 grammo di proteine animali servono 10 grammi di proteine vegetali, che potrebbero invece servire a nutrire le popolazioni delle aree povere del pianeta».
– Dall’acqua al vino. A Verona si è appena concluso Vinitaly, il Veneto è stato anche al centro di polemiche dopo le dichiarazioni di Oliviero Toscani sui veneti ubriaconi. Il vino in modica quantità si può bere?
«L’alcol si lega al cancro delle prime vie aerodigestive, ma questo legame è enormemente potenziato dal tabacco. Chi beve alcuni bicchieri di vino al giorno ha tre volte la probabilità di ammalarsi di tumore della lingua, della gola e dell’esofago; chi fuma ha un rischio dieci volte superiore ma chi beve e fuma ha un rischio 30 volte superiore rispetto a chi non beve e non fuma. Meglio non asssumere bevande alcoliche, anche se una modica quantità di vino rientra nella dieta mediterranea e può essere tollerata in un contesto di questo tipo».
– Il Rapporto Bio cifre 2014 elaborato da Sinab (Sistema di informazione nazionale sull’agricoltura biologica) e Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) certifica un aumento del consumo dei cibi biologici pari al 17,3% nei primi 5 mesi del 2014. Uno entra in un negozio bio e si sente al sicuro. Invece magari non è proprio così…
«Anche nel negozio bio si possono trovare delle autentiche porcherie, come lo zucchero biologico, la farina 00 biologica, entrambi privi di senso. Però i prodotti integrali, legumi e verdura certificati bio sono assolutamente da consumare. Prodotti, tra l’altro, sempre più a disposizione anche nei normali supermercati».
– Il leit motiv di Expo 2015 è Nutrire il pianeta, una grande occasione per tornare a parlare di cibo, per non sprecarlo, per distribuirlo più equamente, per migliorarne la qualità?
«E’ una grande manifestazione fondamentalmente dell’industria alimentare, che ha investito ingenti somme nell’evento e che metterà in vetrina i suoi prodotti. Mi auguro che ci sia anche una discussione in grado di tradursi in una presa di coscienza collettiva sulla necessità di un’inversione di rotta riguardo il modo di nutrirsi. Non ho nulla contro l’industria alimentare, ma occorre che essa inizi un percorso finalizzato alla produzione di cibi sani».
– Vede progressi in questo senso?
«Direi di no e vedo anche delle cose molto preoccupanti».
– Del tipo?
«Vedo il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR)accordarsi con Federalimentare per fare educazione alimentare nelle scuole. Importante l’educazione alimentare, ma delegare per questo delicatissimo compito l’industria, il cui interesse primario è la vendita di ciò che produce, non va bene».
– Oggi sono gli chef le vere star della TV con game show, reality, tutorial. Come giudica questo tipo di trasmissioni e come andrebbe fatta una corretta informazione alimentare?
«Bisognerebbe dare effettivamente l’informazione sulla qualità dei cibi. La gente si lamenta che manca sempre il tempo e sugli scaffali del supermercato cerca cibi lavati, precotti, pronti all’uso. Poi però si perde a guardare quel genere di spettacoli, con un cuoco che cucina davanti alla telecamera. Ma non sarebbe più utile impiegare lo stesso tempo nella propria cucina per farsi da mangiare in modo sano?
– Quali sono i suoi peccati di gola, prof. Berrino?
«A me piacciono i dolci. Mangio un dolcetto o due quasi tutti i giorni. Ma li faccio come intendo io, senza zucchero e sono una cosa meravigliosa».
Giorgio Montolli
Fonte: verona-in.itTratto da: morasta