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domenica 18 settembre 2016

GRAN BRETAGNA, BOOM ECONOMICO SENZA EURO: I PECORONI SIAMO NOI!




L’uscita dalla Ue darà alla Gran Bretagna il più grande boom economico della sua storia dopo l’uscita dallo SME. I coglioni siamo noi Italiani che continuiamo a prendere mazzate dall’Europa, restando zitti come pecoroni!!
Mentre il giorno del referendum sulla permanenza o meno dell’Inghilterra nella Ue si avvicina, sui media nazionali asserviti all’oligarchia Ue ed ai potentati finanziari che la sorreggono, si assiste al proliferare di previsioni apocalittiche più degne dell’anno 1000 che di analisti economici degni di tal nome.
Tralasciando quella secondo cui il salvataggio di Veneto Banca sarebbe a rischio a causa del Brexit (cercate di non ridere troppo forte, per carità), i notiziari nazionali hanno paventato il rischio di crollo del benessere in Inghilterra, del valore della sterlina, disoccupazione galoppante, buco nei conti pubblici, inflazione alle stelle, arrivo delle piaghe d’Egitto di biblica memoria e probabile sbarco di ferocissimi marziani davanti a Buckingham Palace. Ebbene, è tutto falso e lo dimostriamo.
Partiamo da alcuni dati di fatto oggettivi ed incontrovertibili:
  • Disoccupazione UK: 5,1% – Disoccupazione UE: 10,2%
  • Crescita del PIL 4° trimestre 2015 UK: 0,6%  –  Crescita del PIL 4° trimestre 2015 UE: 0,3%
  • Cambio Euro/Dollaro 2015  -13%  –  Cambio Sterlina/Dollaro 2015 -4,83%
Anche uno che non mastichi molto di economia si rende immediatamente conto di come il Regno Unito sia decisamente più in salute della Ue e se poi dovrssimo riferirci alla sola Eurozona, allora si può tranquillamente affermare che la Gran Bretagna è boom economico, rispetto l’asfittica crescita dei Paesi ingabbiati nell’euro, Eurozona che – tra l’altro – proprio oggi l’Ocse denuncia avere il più alto tasso di disoccupazione dell’intero Occidente e dell’Asia. Non so se vi rendete conto della gravità di questo dato: le economie che usano l’euro non producono crescita, producono disoccupati.
Veniamo ora agli scenari apocalittici descritti dalla stampa prezzolata e dai nostri politici filo Ue.
Affermazione: “Se l’Inghilterra dovesse uscire dalla UE, la sterlina subirà una consistente svalutazione che porterà al crollo del PIL”
Smentita: nel 1992 l’Inghilterra, sotto il peso della speculazione messa in atto dal noto squalo della finanza Soros, uscì dallo SME e attuò una pesante svalutazione della propria moneta.
Nel 1993 il PIL dell’Inghilterra crebbe “solo” del 2,6% e l’anno successivo addirittura del 4%! Detto ancora più chiaramente: fu un boom economico enorme che ebbe effetti benefici che durarono molti anni.
Basti sapere che nel 1992, prima della svalutazione, il PIL del Regno Unito crebbe di un misero 0,45% e fu addirittura negativo nel 1991 con un -1,33%.
Quindi, dove sarebbe il rischio di crollo del PIL legato ad una svalutazione della sterlina? Boh, mistero assoluto: difatti le profetesse di sventura si guardano bene dal spiegarlo. Semmai, una svalutazione della sterlina renderebbe più appetibili sui mercati esteri i prodotti made in UK, favorendo le esportazioni.
Affermazione: “Se l’Inghilterra dovesse uscire dalla UE, le sue imprese entreranno in crisi a causa delle sanzioni che Bruxelles applicherà per ritorsione ed i cittadini inglesi si troveranno a non poter acquistare i prodotti europei per i limiti all’export verso l’Ighilterra che verranno attuati.”
Smentita: L’Inghilterra ha una bilancia commerciale negativa per 3.532 miliardi di sterline. Questo significa che importa molto più di quanto esporta e lo fa soprattutto dai paesi ue e dalla Germania in particolare. Ora, se la Ue decidesse di imporre dazi ai prodotti inglesi, la ritorsione si farebbe immediatamente sentire ed a rimetterci non sarebbe certo il Regno di Sua Maestà, dato che potrebbe allargare gli scambi commerciali con il Commonwealth, ma proprio i paesi Ue che entrerebbero immadiatamente in recessione. E primo fra tutti la Germania, che non saprebbe più dove vendere le carriole fumanti di Volkswagen, anche se Schauble potrebbe sempre imporre a italiani e greci l’obbligo di acquistare solo auto tedesche per bilanciare la perdita di fatturato (e il premier non eletto di Palazzo Chigi, siamo certi, aderirebbe con entusiasmo).
Affermazione: se esce dalla Ue, la Gran Bretagna come farà con le fonti d’energia? Il gas dalla Russia arriva in Europa…
Errore clamoroso o disinformazione velenosa, fate voi: il Regno Unito esporta petrolio e gas, non li importa. L’Inghilterra è produttore di prodotti petroliferi, quindi è comunque in una posizione di vantaggio rispetto a tutti gli altri paesi Ue, che invece il petrolio non l’hanno e devono comprarlo… specialmente dalla Gran Bretagna!
Questi pochi esempi – ma ce ne sono molto altri – mostrano come la disinformazione di regime sul Brexit sia arrivata a livelli ignobili. Un po’ come quando i notiziari sovietici trasmettevano le immagini di persone in fila nei Paesi occidentali per andare al cinema spacciandole per poveri in attesa della razione quotidiana di cibo.
Da qualsiasi prospettiva la si guardi, l’applicazione di ritorsioni contro l’uscita dell’Inghilterra dalla Ue porterebbe più danni che vantaggi proprio ai paesi ue e non certo alla “perfida Albione”. Il massimo che gli oligarchi di Bruxelles agli ordini della Merkel possono fare è digrignare i denti e sperare che i loro servi d’Oltremanica riescano a convincere il popolo britannico a votare per la permanenza nella cortina di ferro magari con l’aiutino di “opportuni” scatoloni del “voto per corrispondenza” come accaduto in Austria.
Chiaramente i “mercati” tifano per la permanenza del Regno Unito nella gabbia Ue, perché è più facile corrompere e prezzolare una sola entità di governo che due o molte di più perché, diciamoci la verità, se il Brexit dovesse vincere, referendum analoghi verranno fatti in molti altri paesi del “paradiso sovietico europeista” che non ne possono più di essere sgovernati da un noto alcolizzato succube degli interessi germanici.
Ah, ovviamente nell’italico Stivale tutto tace, del Brexit non si parla e figuriamoci approfondirne i contenuti. Le regole dell’informnazione italiana col sinistro paraocchi sono: sopire, nascondere, minimizzare, depistare, disinformare, falsificare, eludere qualsiasi notizia sulle ragioni del Brexit e sulle sue conseguenze.
E quindi tranquilli, l’Italia rimarrà agganciata al carro tedesco fino all’ultimo, per lo meno fino a quando avremo politici che preferiscono far perdere lo schieramento che dicono di rappresentare (vedi Roma), pur di portarsi a casa un pezzettino di interessi dal ducetto di Pontassieve.
Ma la storia si può solo provare a rallentare, fermare mai. E se si prova a fermarla per troppo tempo, poi gli eventi prendono accelerazioni gigantesche. Si chiamano rivoluzioni.
Un’ultima piccola nota a margine: la produzione industriale britannica è così “succube e schiacciata” dal pericolo del Brexit, che è aumentata del 2% in un solo mese, quello di aprile…
Fonte: www.italianosveglia.com

lunedì 18 luglio 2016

Minacce di morte per Farage e le sue giovani figlie, la Polizia conferma





Nigel Farage si è dimesso dall’UKIP, (il partito che ha promosso l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea) per timore di essere ucciso.  Il politico inglese aveva  annunciato la scorsa settimana di essersi dimesso dopo aver raggiunto la sua ambizione, quella della Brexit“Non sono un politico di professione, ho raggiunto il mio obiettivo e adesso voglio riprendermi la mia vita” – aveva dichiarato Farage qualche settimana fa, aggiungendo che comune non si sarebbe dimesso da europarlamentare sino al compimento dell’iter legislativo per l’uscita definitiva del Regno Unito dall’UE e che avrebbe comunque vigilato su questo punto, rimanendo a fianco dei sostenitori del suo partito.
Ora la potenziale rivelazione diffusa da un giornale autorevole, il Mirror: dietro le dimissioni ci sarebbe un tentativo di evitare un eventuale tentato omicidio. Oltre ad un misterioso incidente aereo che vide coinvolgo Farage nel 2010, all’epoca ferito ma sostanzialmente illeso, tornano in mentre anche aspiranti aggressori catturati in almeno due occasioni, i quali cercarono di contrabbandare coltelli durante alcuni comizi sul Referendum sull’UE in presenza di Farage.
Giorni fa, il politico inglese, che in parlamento europeo condivide il suo gruppo con l’italiano Movimento 5 Stelle, aveva dichiarato che Grillo è un comico di orientamento “di sinistra”, mentre loro “di destra”, auspicando un interscambio di idee politiche al fine da proseguire un’agenda euroscettica (nonostante, adifferenza dell’UKIP, il Movimento 5 Stelle abbia recentemente dichiarato di non essere interessato ad uscire dall’Unione Europea, ma piuttosto di tentare di “cambiarla in meglio”).
La polizia inglese ritiene che le minacce ricevute da Farage siano credibili e che sarebbero state ampliate anche alle sue due giovani figlie, di età compresa a tra gli 11 e i 16 anni.


lunedì 4 luglio 2016

Io, bergamasco, ho firmato la petizione anti Brexit: una montatura contro la democrazia



Che cos’è la democrazia? E il voto vale ancora? A 24 ore dall’esito del voto che ha sancito la decisione del popolo della Gran Bretagna di lasciare l’Unione Europea è stata lanciata una petizione on-line per chiedere un altro referendum.
Un nostro lettore da Bergamo ha fatto un esperimento. Ecco com’è andata.


Buongiorno,
Ho fatto un esperimento singolare, mi sono registrato nel sito per la petizione anti Brexit che tutta la stampa sta tanto decantando, 1.000.000 di votanti, poi 2.000.000 di votanti… e via sempre in ascesa.
Ho inserito il mio nome con un indirizzo inglese farlocco, et voilà, mi hanno mandato un link via email e ho votato!
Mi domando che valore e che peso potrà mai avere una cosa simile, visto che può votare chiunque, se non il solito modo di voler forzare la mano per modificare un risultato di voto che ha visto una parte perdente?
Mi sembra un po’ di vedere quel bambino che durante una partita viene sostituito e allora per ripicca visto che non lo fanno giocare si porta via il pallone.
Certo quando il giudizio su una sconfitta è quello che abbiamo ascoltato dal Sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, non ci saranno mai più partite se non quelle decise dalle elite e votate dalle lite. Bell’esempio di democrazia.
Lettera firmata


''LA UE, UNO STRUMENTO DEI FORTI PER SFRUTTARE I DEBOLI'' STRAORDINARIO ARTICOLO SCRITTO DA BORIS JOHNSON



Pubblichiamo integralmente l'articolo apparso in Gran Bretagna del leader del fronte del Brexit, Boris Johnson. E' la più lucida e spietata analisi della Ue delle profonde ragioni per abbandonarla al suo infausto destino, mai scritta.
Buona lettura.
"Alla conferenza del partito Tory dell’anno scorso ho attirato l’attenzione su di una statistica preoccupante sul modo in cui sta cambiando la nostra società. È la proporzione tra lo stipendio medio dei top manager del Ftse100 e quello del suo dipendente medio – ribadisco, medio – in azienda. Questa proporzione sembra in fase di esplosione a un ritmo straordinario, inspiegabile e francamente sospetto. Platone diceva che nessuno dovrebbe guadagnare più di cinque volte di chiunque altro.
Be’, Platone si sarebbe stupito dalla crescita della disuguaglianza aziendale odierna. Nel 1980 la proporzione era 1 a 25. Nel 1998 era salita a 47. Dopo 10 anni di Tony Blair e Peter Mandelson – e del loro atteggiamento “intensamente rilassato” nei confronti degli “schifosamente ricchi” – i massimi dirigenti delle grandi aziende britanniche guadagnavano 120 volte la retribuzione media dei dipendenti di basso livello.
Lo scorso anno la proporzione è arrivata a 130.
Quest’anno – stappando una bottiglia di champagne – i pezzi grossi hanno sfondato la barriera magica di 150. Il Ceo medio del Ftse100 si porta a casa 150 volte lo stipendio del suo dipendente medio – e in alcuni casi molto di più. Non usiamo mezzi termini: queste persone guadagnano così tanti più soldi degli altri nella stessa società, che volano su jet privati e costruiscono piscine sotterranee, mentre molti dei loro dipendenti non possono nemmeno permettersi di acquistare alcun tipo di casa.
C’è un signore là fuori che guadagna 810 volte la media dei suoi dipendenti. Cosa sta succedendo? È solo avidità, o favori reciproci dei comitati di remunerazione? Non c’è dubbio che ci racconteranno, come sempre, che questi sono “i prezzi di mercato”. Ma ho notato un’altra cosa di questi uomini del Ftse100 (e ho paura che siano quasi sempre uomini): che sono sempre felicissimi di sfilare per Downing Street e dichiarare la loro eterna devozione verso la Ue. Firmano entusiasticamente lettere ai giornali, spiegando come sia fondamentale che restiamo nella Ue. Credono che la Ue faccia bene al loro business.
Ma come, esattamente?
Il mercato unico è un microcosmo di bassa crescita. E’ cronicamente affetto da un elevato tasso di disoccupazione. I paesi della Ue sono gli ultimi della fila in quanto a crescita tra i paesi dell’Ocse; ed è incredibile che ci siano 27 paesi extracomunitari che hanno goduto di una crescita più veloce delle esportazioni di merci verso la Ue della Gran Bretagna, a partire dall’avvio del mercato unico nel 1992, mentre 20 Paesi hanno fatto meglio di noi nell’esportazione di servizi.
Far parte della Ue non è poi così conveniente per le aziende britanniche. Perciò che cosa piace della Ue a questi pezzi grossi? Sostanzialmente due cose. A loro piace l’immigrazione incontrollata, perché aiuta a mantenere bassi i salari dei lavori meno qualificati, e quindi aiuta a controllare i costi, e quindi ad assicurarsi che vi sia ancora più grasso da spartirsi per quelli che comandano. Un rifornimento costante di solerti lavoratori immigrati significa non doversi preoccupare più di tanto delle competenze o delle aspirazioni o della fiducia in sé stessi dei giovani che crescono nel loro paese.
E in quanto clienti di Learjets e frequentatori di salotti esclusivi, essi non sono solitamente esposti alle tipiche pressioni causate dall’immigrazione su larga scala, come quelle sull’intrattenimento, sulla scuola o sugli alloggi. Ma poi c’è una ragione ancor più sottile – il fatto che l’intero sistema di regole Ue è così lontano dai cittadini e opaco, che i pezzi grossi possono volgerlo a loro vantaggio al fine di mantenere le loro posizioni oligarchiche e, tenendo lontana la competizione, spingere la propria busta paga ancora più in alto.
Nel loro ottimo libro “Perché le Nazioni falliscono”, Daron Acemoglu e James A. Robinson spiegano come istituzioni politiche trasparenti siano essenziali per l’innovazione e la crescita economica. Distinguono tra le società “inclusive”, dove le persone si sentono coinvolte nelle loro democrazie ed economie, e società “esclusive”, dove il sistema è sempre più manipolato da una élite per proprio esclusivo vantaggio. L’Ue sta cominciando ad assumere alcune caratteristiche delle società “esclusive”. E’ dominata da un gruppo di pochi politici internazionali, lobbisti e affaristi.
Queste persone si conoscono a vicenda. Essendo parti di grandi aziende, possono permettersi di assumere qualcuno per seguire le complesse regole che vengono da Bruxelles. Possono fissare appuntamenti coi responsabili delle Commissioni. Possono perfino incontrarli alle conferenze o agli eventi – il più famoso di questi è Davos. In questo senso, hanno un immenso vantaggio rispetto alla maggioranza delle aziende del paese.
La maggior parte delle aziende (e in effetti la maggior parte degli inglesi) non hanno alcuna idea di chi lavori per la Commissione, o di come mettersi in contatto con queste persone, e non saprebbero distinguere i loro euro-parlamentari da dei marziani. Solo il 6% delle aziende britanniche in realtà esportano in Ue, e ciò nonostante il 100% di esse deve sottostare al 100% delle leggi Ue, che si tratti di aziende piccole o grandi – un peso normativo che costa circa 600 milioni di sterline alla settimana.
La scorsa settimana ho visitato la Reid Steel, un’azienda britannica di successo a Christchurch, nel Dorset. Esportano acciaio per costruire ponti in Sudan, alberghi alle Mauritius, hangar di aerei in Mongolia. L’unica cosa che li frena, dicono, sono le regole Ue – generate attraverso un incomprensibile processo che coinvolge i lobbisti di grosso calibro, le grosse multinazionali e i governi di paesi stranieri. Non vedono l’ora di uscire dall’Ue, e hanno ragione. Pensano che le altre nazioni Ue stringerebbero rapidamente nuovi trattati commerciali. E che le aziende britanniche, liberate dalle catene europee, finirebbero per esportare in Europa di più anziché meno di quanto facciano ora.
Naturalmente, i pezzi grossi del Ftse100 firmeranno per poter rimanere in Ue: a livello personale stanno diventando sempre più ricchi – sfruttando manodopera immigrata per le loro aziende e manipolando le regole Ue a vantaggio dei grandi attori, gli unici a poterle comprendere – mentre i meno fortunati hanno invece visto una diminuzione in termini reali delle loro retribuzioni. Questa è una delle ragioni per le quali la Ue ha una bassa innovazione, bassa produttività e bassa crescita. Se volete sostenere gli imprenditori, i faticatori, gli innovatori, i lavoratori, le imprese dinamiche e fiorenti dell’Inghilterra – allora votate per uscire dalla Ue il 23 giugno, e date a questi parassiti il calcio nel sedere che si meritano".

Articolo titolato nel testo originale - qui tradotto -  “L’Ue, uno strumento dei forti per sfruttare i deboli”. Ed è l'appello agli inglesi pubblicato anche sulla pagina Facebook dell'autore.
Boris Johnson attualmente è un parlamentare britannico eletto tra i conservatori. Johnson è stato anche sindaco di Londra fino a maggio 2016.
Fonte: www.ilnord.it


giovedì 19 maggio 2016

APPELLO DELL'EX SINDACO DI LONDRA: RIFIUTATE L'UE , STRUMENTO DELL'ELITE PER IMPOVERIRE GLI EUROPEI...

E mentre il Premier Cameron per evitare il Brexit terrorizza gli inglesi con scenari catastrofici,il parlamentare britannico ed ex sindaco di Londra Boris Johnson ha pubblicato sul suo account facebook unbellissimo appello agli inglesi, affinché rifiutino la UE e quello che ormai rappresenta. Questo organo remoto e opaco è diventato uno strumento nelle mani di una ricca élite per poter mantenere e aumentare i propri privilegi e la propria ricchezza a spese della maggioranza degli europei. Per sostenere le aziende britanniche sane, la scelta giusta è quella di uscire da questo meccanismo alla prima occasione.




Di Boris Johnson, 16 maggio 2016

Alla conferenza del partito Tory dell’anno scorso ho attirato l’attenzione su di una statistica preoccupante sul modo in cui sta cambiando la nostra società . È la proporzione tra lo stipendio medio dei top manager del FTSE100 e quello del suo dipendente medio – ribadisco, medio – in azienda. Questa proporzione sembra in fase di esplosione a un ritmo straordinario, inspiegabile e francamente sospetto.
Platone diceva che nessuno dovrebbe guadagnare più di cinque volte di chiunque altro. Be’, Platone si sarebbe stupito dalla crescita della disuguaglianza aziendale odierna. Nel 1980 la proporzione era 1 a 25. Nel 1998 era salita a 47. Dopo 10 anni di Tony Blair e Peter Mandelson – e del loro atteggiamento “intensamente rilassato” nei confronti degli “schifosamente ricchi” – i massimi dirigenti delle grandi aziende britanniche guadagnavano 120 volte la retribuzione media dei dipendenti di basso livello. Lo scorso anno la proporzione è arrivata a 130.
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