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lunedì 18 aprile 2016
Lucia Uva assolta diffamazione: “Scuse a divisa no agenti”
Da parte lesa a imputata: Lucia Uva, sorella di Giuseppe, a pochi giorni dalla sentenza di assoluzione di due carabinieri e sei poliziotti per la morte del fratello, è tornata dinanzi ai giudici di Varese. Questa volta però le accuse erano rivolte contro di lei, imputata per diffamazione aggravata. La donna era accusata di aver diffamato carabinieri e poliziotti per alcune frasi scritte sulla sua pagina Facebook e dichiarazioni rilasciate al programma televisivo Le Iene. Anche lei, come loro, è stata assolta “perché il fatto non costituisce reato”. “Chiedo scusa alle divise, che ho sempre rispettato, non agli uomini“, ha detto la donna assolta. “So di avere sbagliato, di avere detto delle cose troppo forti in un momento di sconforto ma non sono felice per questa assoluzione – ha proseguito – dopo otto anni lo Stato non mi ha ancora detto perché Giuseppe è morto e continuerò a chiedere la verità”. Al centro del processo alcune frasi mandate in onda nell’ottobre 2011 in un servizio delle Iene, altre scritte su Fb e un’intervista del documentario “Nei secoli fedele”. Il pm di Varese aveva chiesto un anno e due mesi di carcere. Ma il giudice monocratico di Varese Cristina Marzagalli ha accolto la richiesta di assoluzione avanzata dal difensore di Lucia Uva, l’avvocato Fabio Ambrosetti. Il processo è scaturito da una querela presentata in passato dai due carabinieri e dai sei poliziotti che venerdì scorso sono stati assolti dall’accusa di omicidio preterintenzionale nel processo con al centro la morte di Giuseppe Uva. Nel documentario “Nei secoli fedele-Il caso Giuseppe Uva” la sorella dell’uomo, secondo l’accusa, affermava “in più passaggi che i querelanti avevano ripetutamente colpito con violenza Giuseppe Uva cagionandogli lesioni”. Su Facebook aveva inoltre definito “delinquenti” e “assassini” i carabinieri e i poliziotti che intervennero quella notte.
lunedì 1 dicembre 2014
Caso Cucchi: gli agenti querelano Celentano

Di Francesco Stati - oltremedianews.it
Gli agenti di polizia penitenziaria, tramite i loro rispettivi avvocati, hanno depositato questa mattina presso il Tribunale penale di Roma una denuncia-querela nei confronti di Adriano Celentano per i contenuti di un post a sua firma presente sul suo blog. Il cantautore milanese ha infatti scritto parole pesanti nei confronti sia dei magistrati (definendoli “[…] ignavi, […] anime senza lode e senza infamia, i più pericolosi, e giustamente il poeta li condanna”) sia degli agenti di polizia penitenziaria (nell’articolo si legge: ” Ma adesso dove sei tu è tutto diverso, lì si respira l’amore del Padre che perdona e non di chi ti ha picchiato e massacrato fino a farti morire” e ancora “Sei finalmente libero […] di amare e scorrazzare […] senza più il timore che qualche guardia carceraria ti rincorra per ucciderti”). Tali frasi hanno suscitato l’indignazione degli agenti di polizia penitenziaria, che nella querela hanno sottolineato come “le affermazioni di Celentano non corrispondono al vero – come tra l’altro statuito in ben due sentenze di merito – e sono gravemente lesive del nostro onore, reputazione e decoro”.
Le polemiche sul caso Cucchi non accennano a placarsi, e la morte di Stefano si sta trasformando sempre più in una battaglia giuridica ancor prima che etica: avremo mai il diritto di sapere la verità su questa tragica morte?
Fonte: oltremedianews.it
sabato 29 novembre 2014
Ferguson. Dieci "coincidenze" troppo evidenti per poter essere ignorate
Ferguson non è la fine: è solo l'inizio di un nuovo capitolo orribile della storia americana. Michael Snyder
È stato tutto frutto di una cospirazione o di incompetenza? Sono queste per Michael Snyder le due uniche alternative che spiegherebbero l'orribile violenza alla quale abbiamo assistito a Ferguson nella notte di lunedì.
La prima ondata di disordini a Ferguson in agosto ha preso tutti di sorpresa, ma a questa degli ultimi giorni le autorità hanno avuto più di tre mesi per prepararsi. Hanno avuto la possibilità di controllare con precisione quando la decisione del Gran Giurì sarebbe stata annunciata e quanti poliziotti e soldati della Guardia Nazionale sarebbero stati schierati per le strade. Ma nonostante tutto questo, la violenza a Ferguson nella notte di lunedì è stata peggiore di quella a cui abbiamo assistito in agosto.
La prima ondata di disordini a Ferguson in agosto ha preso tutti di sorpresa, ma a questa degli ultimi giorni le autorità hanno avuto più di tre mesi per prepararsi. Hanno avuto la possibilità di controllare con precisione quando la decisione del Gran Giurì sarebbe stata annunciata e quanti poliziotti e soldati della Guardia Nazionale sarebbero stati schierati per le strade. Ma nonostante tutto questo, la violenza a Ferguson nella notte di lunedì è stata peggiore di quella a cui abbiamo assistito in agosto.
O si è trattato di un caso di incompetenza quasi incredibile, o c'era qualcuno là fuori che in realtà voleva che questo accadesse. Se qualcuno là fuori sta cercando di provocare più violenza a Ferguson, allora i disordini non si fermeranno qui. La maggior parte di loro non ha idea che potrebbero potenzialmente essere solo pedine di un gioco molto più grande di loro. L'unica altra alternativa per spiegare quello a cui abbiamo appena assistito è l’incompetenza a un livello che sfiora il ridicolo. Dietro tutto questo per Snyder si nasconde sicuramente qualcosa e spera che ad un certo punto il popolo americano possa conoscere la verità.
Le seguenti 10 "coincidenze" di lunedì notte a Ferguson sono troppo evidenti per essere ignorate ...
# 1 Le autorità di polizia federale, statale e locale hanno avuto più di tre mesi per prepararsi alla violenza che avrebbe seguito l'annuncio della decisione del Gran Giurì. I media mainstream hanno pubblicizzato all'infinito la questione e tutti sapevano che guaio sarebbe venuto fuori. Ma nonostante una quantità enorme di tempo per prepararsi, molto poco è stato effettivamente fatto per evitare l’esplosione della violenza.
venerdì 31 ottobre 2014
CASO CUCCHI, TUTTI ASSOLTI IN APPELLO!!!
Sono passati cinque anni dall'ottobre in cui il trentunenne, arrestato, morì con il volto e la schiena coperti di lividi all'ospedale Pertini di Roma. La corte in primo grado aveva assolto i poliziotti e condannato per omicidio colposo i medici. Ora sono stati tutti assolti per insufficienza di prove. In lacrime la madre
Di Francesca Siron - l'Espresso
Tutti assolti. Medici, infermieri e poliziotti. Per insufficienza di prove. Questa la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Roma nel processo di secondo grado per la morte di Stefano Cucchi, il geometra di 31 anni arrestato il 15 ottobre 2009 e morto una settimana dopo all’ospedale Sandro Pertini di Roma, con il volto, gli occhi e la schiena coperti di lividi, e lesioni ovunque. «Non ci arrenderemo mai finchè non avremo giustizia», hanno commentato i genitori, piangendo: «Non si può accettare che lo Stato sia incapace di trovare i colpevoli. Noi vogliamo sapere esattamente chi siano i responsabili». «Per quale motivo sarebbe allora morto Stefano?», ha chiesto il padre, Giovanni: «Mio figlio era sano, non è possibile quello che è successo». «È una sentenza assurda. Mio figlio è morto ancora una volta», ha pianto la madre, Rita Calore: «Lo Stato si è autoassolto. Per lui, unico colpevole sono le quattro mura».
Ilaria, la sorella, ha aggiunto, in lacrime: «La giustizia ha ucciso Stefano. Mio fratello è morto in questo palazzo cinque anni fa, quando ci fu l'udienza di convalida del suo arresto per droga, e il giudice non vide che era stato massacrato». «Stefano», ha continuato: «si è spento da solo tra dolori atroci.Di sicuro andrò avanti e non mi farò frenare perché pretendo giustizia. Chi come mio fratello ha commesso un errore deve pagare, ma non con la vita». Il legale di famiglia, Fabio Anselmo, ha già annunciato il ricorso: «Era quello che temevo», ha detto: «Vedremo le motivazioni, e poi faremo ricorso ai giudici della Suprema Corte».
Di Francesca Siron - l'Espresso
Tutti assolti. Medici, infermieri e poliziotti. Per insufficienza di prove. Questa la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Roma nel processo di secondo grado per la morte di Stefano Cucchi, il geometra di 31 anni arrestato il 15 ottobre 2009 e morto una settimana dopo all’ospedale Sandro Pertini di Roma, con il volto, gli occhi e la schiena coperti di lividi, e lesioni ovunque. «Non ci arrenderemo mai finchè non avremo giustizia», hanno commentato i genitori, piangendo: «Non si può accettare che lo Stato sia incapace di trovare i colpevoli. Noi vogliamo sapere esattamente chi siano i responsabili». «Per quale motivo sarebbe allora morto Stefano?», ha chiesto il padre, Giovanni: «Mio figlio era sano, non è possibile quello che è successo». «È una sentenza assurda. Mio figlio è morto ancora una volta», ha pianto la madre, Rita Calore: «Lo Stato si è autoassolto. Per lui, unico colpevole sono le quattro mura».
Ilaria, la sorella, ha aggiunto, in lacrime: «La giustizia ha ucciso Stefano. Mio fratello è morto in questo palazzo cinque anni fa, quando ci fu l'udienza di convalida del suo arresto per droga, e il giudice non vide che era stato massacrato». «Stefano», ha continuato: «si è spento da solo tra dolori atroci.Di sicuro andrò avanti e non mi farò frenare perché pretendo giustizia. Chi come mio fratello ha commesso un errore deve pagare, ma non con la vita». Il legale di famiglia, Fabio Anselmo, ha già annunciato il ricorso: «Era quello che temevo», ha detto: «Vedremo le motivazioni, e poi faremo ricorso ai giudici della Suprema Corte».
domenica 7 settembre 2014
Uccisione di Davide Bifolco: ciò che i media non diranno MAI!
A cura di Antonio B. - nocensura.com
Ieri a Napoli si è svolta una partecipatissima manifestazione per chiedere giustizia e verità in merito all'uccisione, da parte di un Carabiniere, del 16enne Davide Bifolco, residente nel quartiere Traiano. Più di mille persone sono scese in piazza, dove abbiamo assistito a scene di grande disperazione e di grande indignazione, con cori indirizzati alle forze dell'ordine. Ci sono stati momenti di tensione e lancio di lacrimogeni e scontri, i manifestanti hanno bloccato l'uscita della tangenziale, ma quando la polizia ha indietreggiato e si è tolta il casco, come gesto distensivo, i manifestanti hanno applaudito.
Tralasciamo la cronaca della giornata, riportata un po' da tutti i giornali, e ci concentriamo sui fatti che riteniamo IMPORTANTI:
- Secondo la ricostruzione dei testimoni, lo scooter è stato speronato dall'auto dei Carabinieri (i tre ragazzi erano senza casco... poteva finire in tragedia anche a causa della caduta) e il carabiniere avrebbe sparato al ragazzo quando era a terra e si stava per rialzare. I Carabinieri invece sostengono che sono caduti da soli e che sono andati a sbattere contro la loro auto, e che il colpo è partito in modo involontario... (fate una ricerca su google, guardate quanti colpi partono da soli... è impressionante!)
- NON C'ERA NESSUN LATITANTE SUL MOTORINO, NE PREGIUDICATO: TUTTI I RAGAZZI SONO RISULTATI INCENSURATI. Voci che assomigliano molto a quelle che definivano "un drogato" il povero Federico Aldrovandi... o il povero Stefano Cucchi.
- Vedi l'intervista al ragazzo che guidava lo scooter e che ha ammesso di essere lui colui che è scappato: http://youtu.be/_I_u3lVU5nM
- Pare addirittura che sia stata trovata una pistola giocattolo a terra... sarebbe interessante che fossero fatti i rilievi dattiloscopici (impronte digitali) per vedere se era dei ragazzi...
- Una testimone che abita sopra la strada dove è stato ucciso Davide, ha rilasciato una intervista dove dichiara che il giovane è stato ucciso a sangue freddo. Guarda il video.
- Le indagini sono state affidate ai Carabinieri stessi! Probabilmente se fossero state affidate alla Polizia sarebbe cambiato poco, ma sarebbe stato doveroso. Inoltre le telecamere di sorveglianza del Comune installate nella zona, che potevano essere preziose per capire la dinamica dei fatti, sono risultate non attive! Ma guarda i casi della vita... questi fatti i media non li evidenziano. Così come il fatto che non c'erano latitanti / pregiudicati a bordo non ha avuto il risalto che ha avuto l'accusa, rivelatasi infondata.
La polizia avanza, con l'intento di liberare la rotonda, occupata da un nutrito gruppo di ragazzini del quartiere. Volano dei lacrimogeni, ma i ragazzini di sgombrare non ne vogliono sapere. Restano lì, determinati, probabilmente disposti a prendere le manganellate. Per sgombrarli avrebbero dovuto usare la forza, nei confronti di ragazzini, di bambini, visto che buona parte di questi non avevano più di 13-14 anni. Ma dopo l'uccisione di Davide hanno preferito desistere, probabilmente per non far degenerare la situazione, visto che gli animi erano caldissimi, oltre al fatto che i video sarebbero sicuramente finiti sui social, e avrebbero scatenato un'ondata di indignazione.
A quel punto gli agenti rinunciano: e dopo poco arrivano due uomini a bordo di uno scooter, "personaggi inequivocabili" a detta di chi se ne intende. Parlano con alcuni presenti, dopodiché si dileguano.
Ma i ragazzini, nella loro beata incoscienza di certe logiche e dinamiche, di spostarsi non ne vogliono sapere! Alla fine intervengono i genitori ed i parenti, che li convincono a desistere.
Cosa ne pensano di questa vicenda i presenti, è ben illustrato dal post di Rosario Dello Iacovo, che in 21 ore ha ottenuto più di 520 "mi piace" e 247 condivisioni, in costante aumento; moltissimi se pensiamo che la pagina del coraggioso giornalista ha poco più di 6.000 iscritti.
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Il post su Facebook lo trovi QUI |
Come mai sono intervenuti questi individui? Interrogativo che non avrà mai una risposta ufficiale, visto che in certi quartieri nessuno osa opporsi a certe logiche, e certo non per "complicità". Le zone popolari di Napoli, a dispetto di quanto crede l'immaginario collettivo di molte persone che a Napoli non ci sono mai state e che basano i propri pensieri su pregiudizi, giornali e romanzi, sono popolati da persone per bene, gente che è vittima del sistema di cui qualcuno li accusa di fare parte o di essere complici. L'unico complice sembra essere lo Stato, visto che fatti come questi avvengono alla luce del sole, dinnanzi a cittadini e rappresentanti dello Stato. Persone di cuore, che conoscono la solidarietà - come dimostra l'ampia partecipazione alla manifestazione per Davide - e che hanno una grandissima dignità, sicuramente molta di più di tanti che giudicano e pontificano su cose che non conoscono.
I media hanno parlato di un "latitante" coinvolto nella vicenda. E hanno ragione, solo che hanno sbagliato latitante. Il latitante non era a bordo dello scooter, il latitante è lo stato. Uno stato che criminalizza i giovani che fumano uno spinello, e poi tollera che certi quartieri (non solo a Napoli) siano relegati a veri e propri supermercati della droga a cielo aperto, dove 24 ore su 24 è possibile acquistare ogni genere di sostanza. Uno stato che è l'unico vero responsabile della situazione di certi quartieri, dove chi sono i "Boss" lo sanno tutti - istituzioni comprese - ma questi non finiscono in cella e continuano a sottomettere un intero quartiere alle proprie logiche. Quando finiscono in cella, spesso a causa di cambiamenti negli equilibri nei clan, e ovviamente vengono immediatamente sostituiti da un nuovo boss.
Quartieri dove stato e clan si "fondono", dove per molti giovani l'unico modo per ottenere un posto di lavoro - non solo in ambito criminale - è affidarsi ai boss, diventare loro debitori. Quartieri dove girare in due, in tre, su un motorino e senza casco, è considerato normale. Scene che non si vedono solo nelle periferie degradate, ma anche in centro.
Lo stato ha grandi responsabilità nella morte di Davide, ben oltre il colpo esploso da un suo rappresentante.
Antonio B. - nocensura.com
Fonte: http://www.nocensura.com/2014/09/uccisione-di-davide-bifolco-cio-che-i.html
giovedì 20 marzo 2014
Omicidio di Aldo Moro. La trappola di via Fani
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A FINE ARTICOLO VEDI GLI APPROFONDIMENTI SULL'OMICIDIO DI ALDO MORO |
di G.C.- articolotre.com
Era il 16 marzo del 1978 e, alla Camera dei deputati, era previsto il dibattito e il voto di fiducia per il quarto governo presieduto da Giulio Andreotti. Doveva trattarsi di un momento di fondamentale importanza sia per il segretario della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, che per l'Italia tutta: per la prima volta nella storia repubblicana, il Partito Comunista Italiano, infatti, avrebbe concorso direttamente alla maggioranza parlamentare che avrebbe sostenuto il nuovo esecutivo. Una manovra politica tutt'altro che semplice e guidata proprio da Moro, grazie ad uno scrupoloso lavoro di mediazione con il segretario del Pci Enrico Berlinguer.
Le cose, però, andarono diversamente. Moro uscì dalla sua casa, in viale del Forte Trionfale, poco prima delle 9.00 e salì su una Fiat 130, assieme a Domenico Ricci e Oreste Leonardi, due uomini della sua scorta. A seguire l'auto, un'Alfetta, con a bordo altri tre agenti: Giulio Rivera, Raffaele Iozzino e Francesco Zizzi. Il percorso più semplice per giungere a Montecitorio, dall'abitazione di Moro, era quello che prevedeva il passaggio in via Trionfale. Eppure, Moro e la sua scorta, quel giorno, presero un'altra strada: via Mario Fani, recandosi ignari all'appuntamento con la morte.
Una volta imboccata la strada, infatti, le due auto vennero prese in trappola, attraverso una tecnica denominata "a cancelletto": quattro vetture posizionate in punti strategici della via bloccarono il traffico, permettendo ad un nucleo armato di brigatisti procedere con quella che passò alla storia come"strage di via Fani".
Istanti di orrore e sangue: da dietro alcune siepi, sbucarono quattro uomini vestiti con uniformi del personale Alitalia, armati di pistole mitragliatrici, che aprirono il fuoco: si trattavano di Valerio Morucci, Raffaele Fiore, Prospero Gallinari e Franco Bonisoli.
venerdì 7 marzo 2014
La TORTURA finalmente sarà reato: via libera dal Senato, ora aspettiamo la Camera
La Tortura sarà reato: "Per Aldrovandi e Cucchi"
„
FINALMENTE anche in Italia la TORTURA sarà un reato! Il Senato ha dato il via libera al provvedimento, ma prima di cantare vittoria aspettiamo che sia approvato anche dalla Camera dei Deputati e diventi a tutti gli effetti legge dello Stato. Fino ad oggi l'Italia è l'unico paese occidentale a non prevedere nel proprio ordinamento il reato di TORTURA, ed i torturatori fino ad oggi sono stati perseguiti genericamente per "lesioni", con pene assolutamente lievi.
In Commissione Giustizia il M5S ha emendato il testo originario ottenendo un inasprimento delle pene quando il reato è commesso da pubblici ufficiali. Il testo è stato votato pressoché all'unanimità (3 astenuti). Casi come quello di Cucchi e Aldrovandi, se la legge sarà approvata, non passeranno più impuniti, i protagonisti non torneranno scandalosamente in servizio, ma andranno in prigione come MERITANO!
UNA VITTORIA per tutti coloro che da anni si battono per i DIRITTI UMANI, una vittoria per i blog come il nostro che da sempre segnalano con forza i casi di violenza e gli omicidi di stato.
Per la prima volta, esprimiamo soddisfazione nei confronti del governo, ma lo ripetiamo: prima di "stappare lo champagne" attendiamo che l'iter legislativo sia completato: una parte del PD infatti, sta insorgendo... è allucinante! Speriamo che questi deputati non la spuntino, divulgheremo i nomi di tutti coloro che si oppongono a questa legge: opporsi significa essere COMPLICI dei torturatori!
SI AL REATO DI TORTURA!!!
Staff nocensura.com
Di seguito l'articolo di today
- - - - -
Primo via libera del Senato al provvedimento che introduce la tortura nel codice penale. Ora è il turno della Camera. "Per Aldrovandi, Cucchi, per la scuola Diaz e Bolzaneto". Ma non tutto il Pd è soddisfatto
"Mi piace dedicare il voto di ai familiari di
Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva, Stefano Cucchi, Michele Ferrulli,
Riccardo Rasman e di tutti gli altri cittadini morti mentre la loro
persona era in disponibilità del potere statale. Spero che il
nuovo reato aiuti a evitare casi analoghi in futuro e a sanare la ferita
aperta nel paese dalle torture avvenute nel 2001 a Genova nella scuola
Diaz e nella caserma di Bolzaneto" dice il senatore Pd Sergio Lo Giudice
nel suo intervento nel corso della discussione sul disegno di legge per
l’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento italiano.
Secondo la nota ufficiale diffusa dalla Camera alta nell'articolo 1 del provvedimento "chiunque, con violenze o minacce gravi, cagioni acute sofferenza fisiche o psichiche ad una persona privata della libertà personale, sia punito con la reclusione da tre a dieci anni".
„
FINALMENTE anche in Italia la TORTURA sarà un reato! Il Senato ha dato il via libera al provvedimento, ma prima di cantare vittoria aspettiamo che sia approvato anche dalla Camera dei Deputati e diventi a tutti gli effetti legge dello Stato. Fino ad oggi l'Italia è l'unico paese occidentale a non prevedere nel proprio ordinamento il reato di TORTURA, ed i torturatori fino ad oggi sono stati perseguiti genericamente per "lesioni", con pene assolutamente lievi.
In Commissione Giustizia il M5S ha emendato il testo originario ottenendo un inasprimento delle pene quando il reato è commesso da pubblici ufficiali. Il testo è stato votato pressoché all'unanimità (3 astenuti). Casi come quello di Cucchi e Aldrovandi, se la legge sarà approvata, non passeranno più impuniti, i protagonisti non torneranno scandalosamente in servizio, ma andranno in prigione come MERITANO!
UNA VITTORIA per tutti coloro che da anni si battono per i DIRITTI UMANI, una vittoria per i blog come il nostro che da sempre segnalano con forza i casi di violenza e gli omicidi di stato.
Per la prima volta, esprimiamo soddisfazione nei confronti del governo, ma lo ripetiamo: prima di "stappare lo champagne" attendiamo che l'iter legislativo sia completato: una parte del PD infatti, sta insorgendo... è allucinante! Speriamo che questi deputati non la spuntino, divulgheremo i nomi di tutti coloro che si oppongono a questa legge: opporsi significa essere COMPLICI dei torturatori!
SI AL REATO DI TORTURA!!!
Staff nocensura.com
Di seguito l'articolo di today
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Primo via libera del Senato al provvedimento che introduce la tortura nel codice penale. Ora è il turno della Camera. "Per Aldrovandi, Cucchi, per la scuola Diaz e Bolzaneto". Ma non tutto il Pd è soddisfatto

Secondo la nota ufficiale diffusa dalla Camera alta nell'articolo 1 del provvedimento "chiunque, con violenze o minacce gravi, cagioni acute sofferenza fisiche o psichiche ad una persona privata della libertà personale, sia punito con la reclusione da tre a dieci anni".
venerdì 14 febbraio 2014
Trascura ascesso dentale perché senza soldi, ragazza di 18 anni muore a Palermo
Una giovane 18enne ha trascurato un mal di denti, che si è trasformato in ascesso ed in seguito in infezione e "shock settico polmonare" ed è MORTA: pare non avesse la possibilità economica di curarsi, in un paese dove avere accesso alle cure dentistiche è sempre più un LUSSO; il servizio pubblico è (probabilmente volutamente) scadente, con liste di attesa interminabili, mentre curarsi dai privati ha costi proibitivi.
Redazione Informatitalia
Di seguito l'articolo del "Corriere del Mezzogiorno":
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Gaetana Priolo |
Avrebbe avuto uno «shock settico polmonare» La Procura ha aperto un'indagine per omicidio colposo
PALERMO - All'inizio era un semplice mal di denti. Sembrava un dolore da sopportare senza drammatizzare troppo. Eppure in seguito si è trasformato in un ascesso poi degenerato in infezione. Una patologia trascurata, forse anche per motivi economici, che ha provocato la morte di una ragazza di 18 anni, Gaetana Priolo. La giovane, che abitava a Palermo nel quartiere Brancaccio, non si era curata; qualcuno dice che non aveva i soldi per pagare il dentista. Un comportamento che le è stato fatale: è spirata tra giovedì e venerdì scorso nell'ospedale Civico per uno «shock settico polmonare».
CONDIZIONI DISAGIATE - Le condizioni economiche della famiglia della ragazza sono disagiate ma decorose. Gaetana era la seconda di quattro figli di una coppia separata: il padre, barista, era andato via un paio di anni fa. Nella casa di via Azolino Hazon erano rimasti la moglie, la sorella maggiore di Gaetana, il fratello e una bambina di quasi cinque anni. Per sopravvivere e mantenere la famiglia la madre lavorava come donna delle pulizie. «È stata sempre presente, attenta, una donna con gli attributi», dice Mariangela D'Aleo, responsabile delle attività del Centro Padre Nostro, la struttura creato da don Pino Puglisi, il parroco uccisa dalla mafia nel '93, per aiutare le famiglie del quartiere in difficoltà. L'inizio del calvario per Gaetana comincia il 19 gennaio scorso: il dolore è insopportabile tanto da far perdere i sensi alla diciottenne. La ragazza in prima battuta viene trasportata al Buccheri La Ferla e visitata al pronto soccorso per sospetto ascesso dentario. «Dopo due ore circa, in seguito alla terapia, essendo diminuito il dolore, - afferma una nota della direzione del nosocomio - è stata dimessa per essere inviata per competenza presso l'Odontoiatria del Policlinico di Palermo».
venerdì 26 aprile 2013
E' stata la tortura a uccidere Stefano Cucchi
«No, se non fosse stato pestato non sarebbe morto», dice quasi in fondo alla sua arringa Fabio Anselmo, avvocato ferrarese che, dopo il caso Aldrovandi, è diventato un punto di riferimento per vari casi di malapolizia. A cominciare dall'omicidio di Stefano Cucchi morto dopo «un calvario» inimmaginabile. Cinque giorni e mezzo tra una guardina dei carabinieri, un sotterraneo del tribunale di Roma, Regina Coeli, il pronto soccorso del Fatebenefratelli e, infine, il repartino penitenziario del Pertini. Trentuno anni, geometra, vita difficile. Nulla che giustifichi la tortura. «Perché sappiamo che è morto per la tortura, per il dolore illecito, per uno sfinimento progressivo, per la solitudine. Anche se quella lettera al Ceis, un solo giorno prima della morte, dice che non voleva morire».
Ha parlato più di cinque ore Fabio Anselmo prima di chiedere alla Corte «l'unico rispetto, una sentenza aderente ai fatti». Ossia qualcosa di sostanzialmente diverso dai capi di imputazione ipotizzati dai pm Barba e Loy per sei medici, tre infermieri e tre agenti penitenziari sulla base di una ricostruzione pressoché puntuale dei fatti ma negata dalla perizia degli stessi pm. Lo sforzo dei periti, secondo Anselmo, è stato quello di inventare una morte per "inanizione". Una morte per fame, derubricando un caso di tortura in un "banale" caso di malasanità. Ma sarebbe una morte impossibile: l'inanizione per la letteratura medica interviene solo dopo 21 giorni. Un contrasto che Anselmo ha smontato minuziosamente chiedendo ripetutamente scusa ai giurati popolari per il tempo che li costringeva a concentrarsi su materie difficili.
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