Alcuni dati relativi ai principali paesi europei fanno riflettere sulle potenzialità inespresse del sistema cultura in Italia.
In Inghilterra, nonostante un patrimonio imparagonabile a quello italiano, il fatturato della cultura ammonta a circa 80 miliardi di euro (quasi il 4% del Pil nazionale) e comporta un’occupazione di circa 850.000 persone. Il successo di questa ottimizzazione deriva dall’approccio tipicamente anglosassone nella gestione manageriale e nella valorizzazione del merchandising.
In Francia, dove il peso della burocrazia non è poi così diverso dall’Italia, il patrimonio artistico-culturale produce un Pil di 80 miliardi di euro (circa il 3,5% del Pil complessivo), con un’occupazione di settore in linea con quella inglese.
In Germania, paese che almeno limitatamente a certe aree deve costruire il patrimonio ex novoinvestendo sull’arte contemporanea, la cultura fattura 70 miliardi di euro (circa il 2,5 % del Pil), con un’occupazione che supera il milione di persone.
L’Italia, come in altri settori, purtroppo è fanalino di coda con un fatturato di 36 miliardi di euro (circa il 2% del Pil nazionale) e un’occupazione di circa 450.000 persone. Se pensiamo al fatto che l’Italia annovera 3.400 musei e più di 2.000 siti archeologici, questo dato, se confrontato con quelli degli altri grandi paesi europei, è sconfortante.
Come invertire rotta? È necessario ripensare e modernizzare le strutture, puntare sulla rete per richiamare visitatori dall’Italia e dall’estero, cercare forme di interazione con i privati (ad esempio nella valorizzazione del brand dei musei e nella definizione di strategie di fund raising), puntare sul turismo culturale e ridurre il peso della burocrazia. Investire in cultura non è mera spesa pubblica, bensì indifferibile investimento produttivo.
Fonte: dati tratti da “Il Sole 24 Ore”
Tratto da: cultura.libriantichionline.com