Da ieri, tutte le operazioni finanziarie elleniche sono gestite dall'istituto tedesco Kfw, il "braccio armato" di Deutsche Bank
«Questi qui si stanno comprando tutta la Grecia» sentenzia un tassista fuori dall'Hotel Hilton di Atene. La visita del super ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble è appena terminata, ma la sensazione diffusa è che sia stata più una presenza per addolcire l'amara cicuta che altro.
Alla vigilia dell'ennesima tranche di prestiti da 2,5 miliardi che la troika dovrebbe sbloccare per agosto, la notizia vera non è l'ennesimo buco nell'erario ateniese (mancati introiti per 1,6 miliardi dal gennaio ad oggi) ma il tentativo di Berlino di occupare finanziariamente il Paese. Mentre tutti sono impegnati a discutere del licenziamento di 25mila dipendenti pubblici che non muta di una virgola lo scenario apocalittico dei conti greci, Berlino ha deciso di impiantarsi in Grecia «conquistandola» definitivamente.
Da oggi tutte le operazioni finanziarie (investimenti, fondi alle piccole e medie imprese, infrastrutture) saranno gestite direttamente dall'istituto tedesco Kfw, il braccio armato di Deutsche Bank. La Kreditanstalt für Wiederaufbau (KfW) non è una banca scelta a caso. Si tratta dell'Istituto di Credito per la Ricostruzione, creato nel 1948, dopo la Seconda guerra mondiale, nell'ambito del Piano Marshall. Dopo la caduta della cortina di ferro, ha avuto un'impennata precisa con risvolti geopolitici rilevanti, finanziando la Germania Est con fondi europei. Schaeuble, incontrando due giorni fa ad Atene armatori, banchieri, manager e intermediari finanziari, ha chiarito come il suo Paese intenda il rapporto tra creditore e debitore: la Kfw lavorerà in cabina di regia con il Fondo di sviluppo greco-tedesco, che investirà nei piani aziendali, in particolare nelle piccole e medie imprese greche assolutamente carenti di liquidità. Ma lo farà tramite uno strumento di influenza economica internazionale dello Stato tedesco. Sarà il big brother con cui la Germania seguirà materialmente ogni singolo euro che si sposterà per e sul territorio ellenico.
Ma soprattutto, è la vulgata che circola tra i maggiori commentatori dopo che l'aereo di Stato tedesco trasportava il potente ministro verso il G20 di Mosca, garantirà Deutsche Bank (e anche Bundesbank) che nessuno faccia scherzi in Grecia, come una crisi di governo e la conseguenza ridefinizione del memorandum: in quel caso i due istituti perderebbero miliardi di mancati interessi sul maxiprestito.
Ma non è tutto, perché una serie di fondi internazionali (tedeschi in testa) hanno predisposto un protocollo di proposte da sottoporre alle banche greche: per ogni cento euro di prestiti «scaduti» (considerata l'altissima insolvenza dei cittadini che avevano acceso un mutuo o che avevano chiesto un finanziamento) il fondo ne mette sul tavolo trenta per comprare quel prestito. E un attimo dopo, quando il debitore non sarà in grado di onorarlo come faranno il prossimo 1 gennaio centocinquantamila cittadini greci secondo l'Istituto di statistica ellenico, si porteranno a casa resort nei paradisi delle Cicladi, prestigiosi immobili nel centro di Atene, sedi di industria e attività commerciali. Proseguendo di fatto in un'occupazione che, al netto di larghe intese o di flebili ingerenze dell'Ue, si sta compiendo.
A ciò si aggiunga un fatto preciso che Berlino non intende accettare: il risarcimento tedesco dei danni perpetrati alla Grecia durante l'occupazione nazista. Hitler invase la Grecia nell'Aprile 1941, saccheggiandola e devastandola in lungo e in largo. Secondo i dati della Croce Rossa Internazionale tra il '41 e il '43 furono almeno 300.000 cittadini greci a morire letteralmente di fame. Ma Germania Italia, oltre a pretendere cifre elevatissime per le spese militari, ottennero forzatamente dalla Grecia anche quello che venne definito un prestito d'occupazione, consistente in 3,5 miliardi di dollari. Lo stesso Fuhrer riconobbe in quella circostanza il valore legale del prestito e avallò il risarcimento. Ma alla Conferenza di Parigi nel 1946 ne riconobbe solo la metà. E così mentre l'Italia ripagò la propria parte del prestito, la Germania si rifiutò. Oggi quella cifra, al netto di interessi, ammonta a 163 miliardi. Più della metà del debito pubblico del Paese.
Fonte: ilgiornale.it