Per la Terra è cominciato il conto alla rovescia. Secondo una ricerca pubblicata su Astrobiology lo scorso 19 settembre, infatti, il nostro pianeta rimarrà ancora abitabile per un periodo compreso tra 1,75 e 3,25 miliardi di anni.
Lo studio, coordinato dall’Università dell’East Anglia, ha provato a costruire un modello che permetta di prevedere per quanto tempo la Terra manterrà alcune delle condizioni indispensabili alla presenza di vita. Le caratteristiche considerate sono state la distanza dal Sole e la temperatura superficiale, che deve permettere all’acqua di mantenere lo stato liquido.
Partendo dai modelli di evoluzione delle stelle, i ricercatori hanno calcolato quando con tutta probabilità le temperature sulla superficie terrestre diventeranno così alte da provocare l’evaporazione degli oceani. Quello ottenuto è un limite approssimato e proprio per questo motivo il valore stimato dagli scienziati varia tra 1,75 e 3,25 miliardi di anni. Per quanto riguarda l’uomo e altri essere viventi complessi la Terra diventerà inospitale ben prima del raggiungimento dell’età individuata dal gruppo coordinato da Andrew Rushby, responsabile della ricerca.
Una volta stabiliti dei criteri di “abitabilità” lo studio prende in considerazione anche altri pianeti che al momento li soddisfano, in particolare Marte e sette esopianeti. Gli esopianeti sono pianeti che si trovano al di fuori del sistema solare (al momento ne sono stati individuati circa 1000) e tra questi alcuni mostrano delle caratteristiche interessanti per la ricerca della vita. Stabilire dei criteri di abitabilità è, infatti, importante per determinare quali siano i pianeti con le carte in regola per ospitare eventualmente ora o in futuro qualche forma di vita.
L’osservazione ha permesso inoltre di scoprire che più piccola è la massa della stella attorno a cui orbitano, più lungo è il tempo in cui il pianeta risulta abitabile.
L’obiettivo dei ricercatori è stato quello di creare un modello di previsione dello stato di abitabilità applicabile non solo alla Terra ma anche agli altri pianeti.
Crediti immagine: NASA, Wikimedia Commons
Fonte: oggiscienza.wordpress.com