venerdì 6 marzo 2015

IL CROLLO FINANZIARIO PORTA ALLA GUERRA

burnigDI DMITRY ORLOV
cluborlov.blogspot.it

Passando in rassegna i titoli della stampa occidentale dominante, e quindi sbirciando dietro lo specchio unidirezionale per confrontarlo con quello che accade realmente, è impossibile non avere l'impressione che la propaganda americana, e tutti coloro che la seguono a ruota, sia fortemente impegnata nell’elaborare motivazioni che giustifichino un'azione militare o di un tipo o dell’altro, sia essa la fornitura di armi ai militari ucraini in gran parte decimati, o inscenando sfilate di truppe e attrezzature militari statunitensi nella città ormai quasi deserta di Narva, Estonia, a pochi passi dal confine con la Russia, o piazzando “consulenti” statunitensi in zone dell’Iraq ad alto rischio controllate a poca distanza dai militanti islamici.

I notevoli sforzi per montare una Guerra Fredda e l’isterismo nei confronti di una Russia comunque preoccupata su altri fronti e prevalentemente passiva, sembrano del tutto sproporzionati di fronte a un’eventuale minaccia militare che la Russia rappresenta in questo momento. (Sì, è vero, i volontari e le munizioni filtrano in Ucraina attraverso il confine con la Russia, tutto qui).  Più a sud, gli sforzi per rovesciare il governo della Siria favorendo e armando i radicali islamici sembra stiano producendo dei clamorosi risultati. Perché questo è lo scenario, non è vero? Quale altra azione militare statunitense di recente memoria non ha portato a un fiasco? Forse il fallimento non è solo un'opzione, è proprio un requisito. 



Ripassiamo insieme gli eventi.  L’Afghanistan, dopo la più lunga campagna militare nella storia degli Stati Uniti, è stato riconsegnato ai talebani. L’ Iraq non esiste più come nazione sovrana, ma è fratturato in tre pezzi, uno dei quali è sotto il controllo degli islamisti radicali. L’ Egitto è stato democraticamente modificato in una dittatura militare. La Libia è uno stato distrutto e dilaniato da una guerra civile. L'Ucraina sarà presto in un stato simile: è stata ridotta in povertà nel tempo record di un anno.  Dopo un recente rovesciamento di governo lo Yemen ha smesso di essere “US-friendly”.  Più vicino a noi, le cose stanno andando così bene nei paesi dell'America centrale dominata dagli Stati Uniti, Guatemala, Honduras e El Salvador, che un flusso di profughi ora tenta di entrare negli Stati Uniti, nella speranza di trovare chissà quale santuario di protezione.
Guardando questo ampio scenario di fallimenti, abbiamo due modi per interpretarlo. Uno è che la burocrazia degli Stati Uniti è la più incompetente che si possa immaginare e non combina niente di buono. Un altro è che non riescono nei loro intenti per motivi del tutto diversi: non riescono perché i risultati non contano. Vedete, se il fallimento fosse un problema, allora ci sarebbero delle pressioni provenienti da questa o quella parte dell’ establishment, e la pressione per raggiungere il successo potrebbe sporadicamente migliorare le prestazioni e consentire almeno uno o due casi di successo. Ma se, in realtà, il fallimento non fosse un problema di tutti, se invece esistesse una pressione a fallire, allora vedremmo esattamente quello che vediamo.
In effetti, potremmo addirittura affermare che il problema è il campo limitato del fallimento.  Questo spiegherebbe la recente dimostrazione di forza nei confronti della Russia,  con le accuse di avere ambizioni imperialistiche (la Russia non è interessata a espansioni territoriali),  demonizzando Vladimir Putin (che è un personaggio efficace e popolare), e di comportarsi provocatoriamente lungo vari suoi confini (tutte cose che offendono la Russia solo leggermente, lasciandola generalmente indifferente).   Possiamo dire che tutte le precedenti vittime della politica estera statunitense - Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, e ora anche l’Ucraina - sono casi troppo piccoli da poter soddisfare la colossale fame di fallimento degli Stati Uniti.  La Russia, invece, soprattutto se incoraggiata a pensare che sta fronteggiando una sorta di nuovo fascismo di stile americano, potrebbe fornire agli Stati Uniti un fallimento di politica estera tale da far impallidire tutti i precedenti.
Gli analisti hanno proposto una varietà di spiegazioni per l’esagerato e iperattivo militarismo americano.  Queste sono le tre principali:
1. Il Governo statunitense è schiavo del complesso dell’avida industria bellica che chiede finanziamenti sempre maggiori.  Si creano artificialmente delle motivazioni per poter soddisfare queste richieste.  Sembra esserci proprio una pressione a fabbricare effettivamente nuovi sistemi d’arma e a dispiegare truppe. Perché, in fondo, sarebbe molto più semplice raggiungere il fallimento semplicemente rubando denaro e basta, evitando di costruire materialmente delle nuove armi. Quindi c’è qualcos’altro sotto.

2.L’atteggiamento militare degli Stati Uniti è quello di voler assicurarsi il dominio su tutto il pianeta.  Ma un ‘dominio a spettro totale’ suona un po’ come un  ‘successo’,  mentre quello a cui assistiamo è un ‘fallimento a spettro totale’. Ancora una volta, la storia non corrisponde ai fatti.

3. Gli Stati Uniti agiscono militarmente per difendere lo status del dollaro statunitense come valuta delle riserve mondiali.  Ma il dollaro statunitense sta perdendo sempre più terreno come tale, come dimostrano Cina e Russia che si stanno disfacendo a ritmo sempre più serrato delle loro riserve in dollari,  accumulando invece oro.  Diverse altre nazioni hanno concluso tra loro accordi mirati a interrompere l’utilizzo del dollaro statunitense come valuta delle transazioni commerciali internazionali.  Il punto della questione è che non c’è affatto bisogno di tanti armamenti per poter scaricare nel water tutta la proprio valuta, per cui, ancora una volta, c’e’ qualcos’altro sotto.

Ci sono diverse altre spiegazioni disponibili, ma nessuna spiega il fatto che lo scopo di così tanti armamenti sembra essere quello di raggiungere un fallimento.
O magari la spiegazione è molto più semplice: che ne pensate di questa?
Gli Stati Uniti hanno ceduto la loro sovranità a una cricca di oligarchi finanziari.  Non dovendo rispondere praticamente a nessuno al di sopra di loro,  questi oligarchi americani (e anche internazionali) hanno rovinato il sistema finanziario del paese, creando un enorme indebitamento, distruggendo i risparmi e le pensioni, svuotando di contenuto la valuta nazionale, ecc.   L’inevitabile fine del gioco sarà che la Federal Reserve, insieme alle banche centrali di altre “economie avanzate”, finiranno con il comprarsi tutto il debito nazionale con valuta che stamperanno apposta, e questo inevitabilmente provocherà una superinflazione e la bancarotta nazionale. Un insieme di speciali condizioni non hanno permesso finora il realizzarsi di questi due eventi, ma ciò non significa che non si verificheranno mai: prima o poi accadranno.
Ora, supponiamo che un’oligarchia finanziaria prenda il controllo del paese, e nell’incapacità di tenere a freno i suoi appetiti, lo sta conducendo alla distruzione.  Allora avrebbe senso avere un qualche piano di emergenza per quando crollerà tutto il Castello di Carte Finanziario.  Idealmente, questo piano dovrebbe soffocare ogni possibilità di rivolta da parte delle masse oppresse e consentire all'oligarchia di mantenere il controllo della sicurezza e tenersi tutte le sue ricchezze.  La pace va bene finché si riesce a controllare le masse con il vecchio metodo di “panem et circensis”,  ma quando una calamità finanziaria porta l’economia su un baratro,  una pratica via d’uscita è…la guerra.
Andrà bene qualsiasi pretesto per una guerra, il terrorismo interno ed esterno, la Russia Brutta e Cattiva o gli alieni dallo spazio.   Il successo militare non è importante,  poiché il fallimento è molto più utile per mantenere l’ordine,  perché si è costretti a ricorrere a diverse misure di emergenza.   Ci sono già state alcune esercitazioni sul campo,  come l’occupazione militare di Boston dopo gli attentati dinamitardi alla Maratona.  L’infrastruttura di sorveglianza e il complesso industriale semi-privatizzato del sistema carcerario sono già pronti a catturare e rinchiudere gli indesiderati.  Un fallimento clamoroso fornirebbe un pretesto ancora più credibile per mettere l’economia sul piede di guerra, imporre la legge marziale, soffocare ogni dissenso e dichiarare fuorilegge ogni attività politica di carattere ‘estremista’.
Forse, quindi, è questo che ci aspetta.

Il crollo finanziario è già cotto a puntino, è solo una questione di tempo prima che accada; seguirà a ruota il crollo commerciale,  quando smetteranno di funzionare le catene di approvvigionamento globali.  Al crollo politico si potrà far fronte, e lo si farà dando il via a più guerre possibili, per produrre uno scenario di fallimento tale da poter giustificare ogni tipo di “misura di emergenza”, ognuna delle quali avrà come unico obbiettivo quello di sopprimere le ribellioni e mantenere l’oligarchia al potere.  Guardando dall’esterno,  vedremo l’America che fa saltare tutto in aria:  paesi, cose, passanti innocenti, se stessi (perché si sa, funziona anche questo).   Guardando invece dall’esterno dentro il Salone degli Specchi Unidirezionali dell’America, questa apparirà come un paese impazzito;  anche se già oggi appare così.   E dentro questo Salone, essa apparirà come l’impavido difensore che lotta contro tutti i nemici possibile di tutto il mondo.  La maggior parte della gente apparirà docile e agiterà solo le bandierine patriottiche.
Oso anche prevedere che a un certo punto il fallimento si tradurrà in meta-fallimento: l’America che fallisce anche nel fallire.  Spero che possiamo fare qualcosa affinché questo meta-fallimento di fallimento avvenga prima piuttosto che poi.

Dmitry Orlov

Fonte originale: cluborlov.blogspot.it

Fonte: Traduzione per www.comedonchiscitte.org a cura di SKONCERTATA63



loading...

Archivio blog

loading...