Gli ultimi eventi in Siria sono coincisi con la scomparsa della milizia che rispondeva agli ordini dell’Opposizione “moderata”. Sponsorizzato e armato con centinaia di milioni di dollari dai governi occidentali e dalle monarchie arabe, l’Els non è mai stato protagonista. A combattere contro l’esercito governativo erano e sono solo le tante organizzazioni jihadiste –
– Nella rapida catena di eventi che riguardano la Siria, tra gli slogan, le ostentazioni e l’esibizionismo di varia natura, i media e gli intellettuali che parlano a nome dell’opposizione siriana non sono riusciti a spiegare all’opinione pubblica la conseguenza più significativa e importante della tregua entrata in vigore qualche settimana fa: ovvero, il totale ritiro dell’Els (Esercito libero siriano) dalla guerra contro il regime.
La tregua prevede che, d’ora in poi, le fazioni dell’Els potranno concentrarsi nella lotta contro l’ISIS e il Fronte al Nusra, ma perderanno il diritto di sparare anche un solo colpo contro l’esercito siriano o di avanzare verso le zone tuttora sotto il controllo statale.
È questo il vero significato della tregua, un cessate il fuoco incondizionato e a tempo indeterminato. L’Els,dunque, ha consapevolmente e deliberatamente acconsentito a rinunciare al confronto militare contro il regime in cambio di una sua rappresentanza nel futuro governo. Ma nessuno, tra le fila dell’opposizione, ha presentato i fatti con questa chiarezza all’opinione pubblica.
Per essere più espliciti: non importa quanto dureranno ancora le negoziazioni, né se avranno un esito favorevole per l’Els. Il punto è che per le sue fazioni, la guerra è finita. ‘Il cambiamento di regime’ è ormai solo una richiesta di natura ‘politica’. Le trattative, infatti, potrebbero protrarsi per anni senza portare a risultati concreti. Ora che le cause della tensione tra le parti in campo sono state neutralizzate ed è subentrato il nuovo obiettivo della ‘lotta al terrorismo,’ nessuna [super] potenza ha interesse a raggiungere in fretta un accordo. E il nuovo piano De Mistura ne è la dimostrazione.
In questo senso, i nemici dell’Els che militano con l’ISIS o con al Nusra hanno ragione ad accusarlo di aver posto fine alla guerra contro il regime in cambio di un ritorno politico, e a dire che questo faciliterà le cose per l’Esercito Arabo Siriano impegnato su più fronti, con un grande dispendio di uomini e risorse, e che d’ora in poi potrà concentrarsi sull’ISIS e su al Nusra. Perché le Forze Armate Siriane e i loro alleati hanno più possibilità, rispetto agli oppositori (‘Tredicesima Brigata’ o ‘Sunni Lions’) di sfruttare la situazione, di penetrare in profondità nelle zone sotto il controllo dell’ISIS e di riconquistare le province orientali, in cui sono concentrate le maggiori risorse naturali e agricole.
Ma questo è solo l’inizio. La tregua, che interessa le aree di influenza di Jayshul Islam nel Ghouta, regione rurale a nord di Aleppo, e alcune zone meridionali (escludendo di fatto la maggior parte dei territori siriani), torna a porre i soliti interrogativi circa la natura e l’identità dell’Els.
Perché all’Els è stato attribuita una forte valenza ideologica durante il conflitto siriano: è davvero, come sostenuto a più riprese dai rapporti occidentali e dai media vicini alla ‘rivoluzione’, il frutto dell’unione di gruppi locali ‘moderati’, di ‘insegnanti, contadini e dentisti,’ che costituiscono il nocciolo duro dei combattenti contro il regime? O non si tratta invece di un raggruppamento di fazioni che rappresentano finanziatori stranieri e i loro interessi? E qual è il vero equilibrio di potere tra l’Els e le organizzazioni jihadiste?
Quando si studiano le guerre del passato, i fatti cruciali e le loro conseguenze sembrano chiari e comprensibili; tendiamo a dimenticare che la ricostruzione degli eventi è stata scritta anni dopo il loro effettivo svolgimento e che, viste ‘dall’interno’, le guerre possono essere totalmente diverse. Pochissimi trattati di storia parlano dell’opinione pubblica e dell’immagine che i media costruiscono durante un conflitto.
Oggi, gli Arabi si prendono gioco della propaganda del Nasserismo durante la Guerra dei Sei Giorni [1967]: all’epoca, gli organi di stampa avevano convinto l’opinione pubblica che le unità egiziane stavano avanzando in Palestina. Ma solo pochi ricordano che, nel pieno della Seconda Guerra mondiale, la popolazione britannica venne tenuta all’oscuro delle cattive notizie sulle sconfitte riportate e sull’effettivo numero di vittime. (Una simile censura fu imposta anche in America). Allo stesso modo, durante la Guerra delle Falklands, gli Argentini erano persuasi che il loro esercito stesse piegando la flotta britannica. E, secondo le cronache e i media occidentali, i mujahidin erano ‘combattenti per la libertà’ che sfidavano l’Impero Sovietico solo con le proprie forze.
Il conflitto siriano non fa eccezione. Il bombardamento mediatico, insieme al monopolio detenuto dall’Occidente e dai Paesi del Golfo, hanno reso impossibile qualsiasi confronto serio con molti Arabi e molti Occidentali, non tanto per divergenze di vedute su principi etici o politici, quanto perché la Siria che veniva raccontata non corrispondeva a quella reale, e la guerra di cui si parlava non era quella che si stava combattendo. Inoltre, indipendentemente dai media che seguivano, quegli Arabi e quegli Occidentali erano raggiunti solo da una narrazione ideologica, fondata sulla dicotomia tra bene e male.
Sin dai primi scontri tra Hizbollah e le forze di opposizione lungo i confini nord-orientali con il Libano, le cronache distinguevano nettamente le cosiddette fazioni dell’Els, la loro mancanza di professionalità bellica e la mancanza di formazione militare dal Fronte al Nusra (prima dell’insorgere dell’ISIS), militarmente efficiente, desideroso di combattere, con un grande ascendente sui giovani.
Fino a qualche mese fa, i media occidentali hanno continuato a parlare dell’Els come della principale fazione della ‘rivoluzione’ siriana. Un giornalista occidentale che vantava una conoscenza approfondita della Siria, mi aveva assicurato che il Fronte al Nusra era una minoranza nel nord della Siria, e che il movimento di Jamal Ma’rouf era la seconda o la terza formazione militare del Paese, solo qualche giorno prima che al Nusra sbaragliasse quel gruppo in un combattimento durato appena qualche ora.
In un rapporto del (filo-sionista) Washington Institute for Middle East Policy sulle opportunità di respingere al Nusra dalla Siria del Nord per mezzo dell’Els, l’autore ha usato termini ‘morigerati’ per concludere sostanzialmente che si trattava di una missione impossibile, e che in realtà la guerra nelle regioni settentrionali si riduceva a una competizione tra le diverse fazioni salafite, mentre l’Els, nonostante lo status attribuitogli dalla stampa, era assolutamente marginalizzato. L’autore aggiunge che l’unica differenza tra il gruppo armato Ahrar ash-Sham e al Nusra è il fatto di non aver giurato fedeltà ad al-Qa’ida, e che chi preferisce oggi i suoi membri ad al Nusra è simile a chi preferì al Nusra all’ISIS due anni fa, celebrandone le vittorie.
Al netto delle previsioni sul destino della ‘tregua’ o della ‘pace,’ un’analisi sommaria delle forze in campo in Siria lascia presupporre che la guerra continuerà a lungo e che la ‘tregua’ è solo una parentesi. Ma la ‘tregua’ non porrà fine a certi miti, compreso quello relativo all’Els, creato dal divario tra la storia raccontata dai media e la realtà.
Ad esempio, nella Siria meridionale, la lotta interna per il controllo si gioca essenzialmente tra al Nusra e l’ISIS. Lo scarso pubblico che ha partecipato alla manifestazione a Beirut nel quinto anniversario della ‘rivoluzione’ in onore dell’Els, era costituito principalmente da ‘attivisti’, molti dei quali libanesi, in un Paese in cui ci sono circa due milioni di persone che provengono da ogni parte della Siria e dai contesti più svariati.
Ma, visto che la guerra e le atrocità che comporta andranno avanti ancora a lungo, sarebbe bene combatterla senza il peso gravoso delle illusioni e dei miti.
Fonte: Nena News
traduzione di Romana Rubeo
Fonte: controinformazione.info