Di Gabriele Bonafede
Si invierebbero circa 600 soldati e l’area del porto di Gioia Tauro sarebbe delimitata con una zona off-limits per un raggio di un km. È quanto emerge, non ancora confermato da fonti competenti, dalla riunione dei Sindaci calabresi a San Ferdinando per discutere dell’emergenza-armi chimiche siriane.
Ciò comporterebbe, se vero, che l’intero centro di San Ferdinando (4.000 abitanti) sia evacuato e ciò senza alcuna informazione preventiva alla popolazione finora. Si profilerebbe anche, vista la cartina geografica, un’evacuazione di gran parte di Gioia Tauro (20.000 abitanti) e forse anche di una parte di Rosarno, così come di altri Comuni e frazioni entro un raggio di un chilometro dall’area portuale che è particolarmente grande e molto vicina alle aree abitate.
Un nuovo elemento, dunque, che fuga ogni dubbio a chi ne avesse sulla straordinarietà dell’operazione. Si tratta di una vera e propria imposizione, secondo cittadini e amministratori calabresi, da parte del governo: indicare Gioia Tauro, senza consultazione, quale porto per il trasferimento dei materiali tossici da una nave all’altra è di per se inammissibile in democrazia e anche nel campo del buon senso. L’assemblea ha riunito, oltre ai Sindaci della Piana di Gioia Tauro, rappresentanti di Provincia, associazioni, cittadini comuni, Confindustria, e qualche parlamentare calabrese. Ed ha mostrato quella compattezza, relativa calma e lucida determinazione degne dei momenti gravi.
In particolare, anche la Confindustria calabrese si schiera con il no secco, spiegando ciò che è ovvio: un’operazione del genere, aldilà della sicurezza tutta da dimostrare e per la quale esiste il problema dell’errore umano comunque, nuoce all’ambiente imprenditoriale segnalando problemi ambientali gravi ai turisti che pensano di venire nell’area.
Il Dott. Romeo, coordinatore del tavolo tecnico di tutela ambientale, ribadisce che, aldilà della violazione delle convenzioni internazionali che stabiliscono l’intransitabilità di armi chimiche in qualsiasi territorio, esiste un problema nel metodo dello smaltimento delle armi chimiche: l’elettrolisi anche in mare porterebbe a disastri ambientali di grandi proporzioni, soprattutto nel Mediterraneo.
Dalla riunione emerge, secondo alcuni intervenuti, che l’operazione armi chimiche in Calabria è una vera e propria violazione delle più elementari regole di rispetto della democrazia e di informazione sui pericoli che si possono correre. Una gaffe del governo nazionale che esplode in Calabria, in un territorio completamente dimenticato dallo Stato e ricordato solo per il dumping, violando anche regole internazionali.
La Calabria fa, almeno a parole, fronte compatto: è una vera e propria rivolta istituzionale e di popolo.
Altri nuovi elementi emergono dalla riunione di oggi.
Il primo è che la stragrande maggioranza degli intervenuti dichiara di essere contro il transito delle armi chimiche a Gioia Tauro a prescindere da qualsiasi considerazione d’ordine economico, politico o tecnico.
Il secondo è che il fronte del no alle armi chimiche è più compatto e trans-partitico di quanto si pensasse alla viglia: include tutti i colori politici e anche la Confindustria regionale.
Il terzo è che la spinta al no da parte di comuni cittadini e associazioni è più sostanziosa di quanto si pensasse e sostenuta da Comuni e realtà che vanno ben oltre la piana di Gioia Tauro, e che includono i Comuni dello stretto di Messina, la Locride, la Provincia di Reggio e altre zone della Calabria.
Il documento dell’assemblea conclude con un mandato ai Sindaci che parteciperanno alla riunione di Roma domani, così come al presidente della Regione Calabria, a dire un fermo no al passaggio delle armi chimiche nell’area, anche se con solo trasbordo in mare.
Per il video integrale della riunione: http://new.livestream.com/francocufari/sanferdinando. L’accenno alla linea rossa entro un raggio di un chilometro e l’uso dei militari è a partire dal minuto 01.37.00 del video.
Fonte: linksicilia.it