Ovviamente, tutto ciò che si deve fare è lasciare gli USA, andare in qualche posto che non sia obbligatoriamente collegato con la loro economia e a questo punto non ci si dovrà più preoccupare della domanda. Alcune persone hanno provato a rispondere, ma per quanto ne so io, nessuno ha espresso una metodologia attendibile per calcolare la data.
Per porre rimedio a questa manchevolezza della teoria del collasso, una volta ho provato a scovare un metodo in un articolo intitolato “Picco dell’impero”, che era basato sulla teoria di Joseph Tainter della diminuzione dei rendimenti sulla complessità – o la diminuzione dei rendimenti su un impero. È un perfetto problema di calcolo differenziale e tutti gli studenti di microeconomia presi dal calcolo di costi marginali vs. ricavi marginali, per cercare un lavoro nella prossima alla morte industria del shale gas, dovrebbero applicarcisi, per investire meglio il loro talento matematico. Nel frattempo ecco qui un aggiornamento e una stima rivista.
USA impero delle basi
Per ricapitolare, come ha spiegato il brillante analista Chalmers Johnson, gli Stati Uniti sono un “impero di basi” e non un impero di colonie. Annettere altri paesi non è più considerato politically correct. Guardiamo alla reazione di fronte alla Russia che si riprende la Crimea, anche se la popolazione ha il diritto di autodeterminarsi e il 98% di essa ha votato a favore. Se le cose fossero andate diversamente e una base NATO fosse stata costituita in Crimea, sarebbe stato tutto a posto. Tuttavia, ci sono ancora alcuni “territori” statunitensi (si legga “colonie”) elencati nel report Struttura Basi del Pentagono, tra cui Samoa Americana, Guam, l’Atollo di Johnston, le Isole Marshall, le Isole Mariana del Nord, Porto Rico, le Isole Vergini e le Isole Wake. Dovremmo includere le Hawaii, dato che nel 1993 il Congresso “ha chiesto scusa” alle isole Hawaii per aver rapito la loro regina ed averne illegalmente annesso il territorio. Non lo stanno restituendo, sia ben chiaro, ma non gli dispiace dire di essere dispiaciuti, perchè l’hanno rubato. Lo stesso potrebbe essere detto di Texas, California – l’intero continente per quanto importa. Sicuramente gli USA si sono presi il Kosovo dalla Serbia solo per piazzarci un’enorme base NATO, ma in generale c’è stata una svolta tesa a controllare gli altri paesi attraverso le istituzioni economiche – FMI, WTO e Banca Mondiale. Ci sono stati anche innumerevoli sotterfugi politici, omicidi e colpi di stato, come spiegato da John Perkins in Confessions of an Economic Hitman [Confessioni di un sicario economico,NdT], o nei lavori di Michael Hudson. William Blum scrive “Dalla fine della seconda guerra mondiale, gli USA hanno...
• Tentato di sovvertire più di 50 governi, la maggior parte dei quali democraticamente eletti.
• Cercato di sopprimere movimenti populisti o nazionalisti in 20 nazioni.
• Interferito maleducatamente in elezioni democratiche in almeno 30 paesi.
• Lanciato bombe sulle popolazioni di più di 30 paesi.
• Tentato di assassinare più di 50 leader stranieri.
Solo alcune di queste azioni – come i Iran nel 1953, in Guatemala nel 1954, in Nicaragua negli anni ’80, in Ucraina nel 2014 – sono note negli USA. Ecco il punto chiave: tutta questa “costruzione di democrazia” necessita che gli Stati Uniti abbiano molte basi militari all’estero. Gran parte dell’apparato militare è affidato ad enti terzi, per cui non c’è più bisogno dell’appoggio del governo – solo delle tasse che ne vengono. Marciare per le strade in segno di protesta è solo una perdita di tempo. Milioni di persone hanno manifestato contro la guerra in Iraq del 2003. Ha fatto alcuna differenza? Il Segretario di Stato Alexander Heig ha ricordato durante una marcia di pace negli anni ’80: “lasciamoli protestare quanto vogliono finchè pagano le tasse”; Kissinger ha spiegato che “I soldati sono stupidi, degli stupidi animali per portare avanti la politica estera; il direttore della CIA William Casey si è assicurato che l’opinione pubblica restasse all’oscuro di questa famosa citazione “Saremo certi che il nostro programma di disinformazione avrà avuto successo quando tutto ciò cui il pubblico americano crederà sarà falso” (questa viene da un meeting del suo staff nel 1981, non è un segreto). Gli USA sono totalmente aperti al loro desiderio di soggiogare il mondo – se non fosse abbastanza ovvio dai loro comportamenti.
Report Struttura Basi del Pentagono
Per cui, mantenere l’egemonia USA richiede un impero di basi. Quante? Ogni anno il Pentagono pubblica un “Report Struttura Basi”, che elenca tutte le proprietà militari, tra cui terra, edifici ed altre infrastrutture. L’ultimo elenca 4.169 basi domestiche, 110 in territori USA e 576 in territorio straniero, per un totale di 4.855. Ma molto non viene considerato: Nick Turse di Tomdispatch ha calcolato che nel 2011 il numero di basi straniere era vicino a 1.075. Ma anche se molto non viene considerato nel report del Pentagono, per noi è comunque una buona fonte di dati da utilizzare perchè, per calcolare la nostra stima, siamo interessati solo ai trend, non ai numeri assoluti. I trend necessitano dati riportati di anno in anno e il Pentagono sembra essere molto affidabile per quanto elenca e per quanto tiene segreto ogni anno. Per cui è una fonte molto buona per misurare i trend.
Dato che il pubblico statunitense è completamente all’oscuro, zombificato e terrorizzato dai media e traumatizzato da psy-ops come l’11 settembre, l’impero dovrà collassare da solo, senza il suo aiuto. Mi spiace dirlo, ma i pecoroni statunitensi non si alzeranno per aiutarlo a crollare. Ma quando lo farà per conto suo? Vogliamo tutti sapere quando? Ok, cominciamo...
Picco dell’impero
È ancora più notevole il declino delle basi e delle loro estensioni all’estero. Gli USA possono ancora avere il controllo delle basi domestiche e territoriali, ma hanno subìto ingenti perdite all’estero. Dopo il picco di “basi militari straniere” nel 2004, gli USA ora ne mantengono solo il 64% - una perdita di più di un terzo in un decennio!. Parlando dell’estensione gli USA controllano ancora il 69% del loro picco nel 2006, quindi ne hanno perso il 31% - comunque vicino al terzo del totale. Se vi va di ipotizzare cosa si cela dietro a questi numeri, potreste vederli come l’esito della disastrosa politica estera degli Stati Uniti, come descritto da Dmitry nel suo articolo “Come cominciare una guerra e perdere un impero”. Che le persone a cui stanno portando “democrazia e libertà” si stiano stancando di essere uccise e di vedere i propri territori occupati? Qualsiasi sia la spiegazione il trend è innegabile.
Ma non abbiamo ancora fatto riferimento alla tesi centrale di Tainter della diminuzione dei rendimenti dell’impero. Lo facciamo ora.
Il rapporto tra l’estensione territoriale militare e la spesa militare in dollari al valore del 2008 sta scendendo costantemente dal 1991.
Aggiornando il dato alla spesa al valore del 2014, vediamo che il rendimento della spesa si è stabilizzato nel 2010, ripreso, ma poi è tornato a scendere nel 2014.
Non è necessario che questo sia repentino. Può essere graduale, teoricamente. L’economia USA però è fragile: dipende dalla finanza internazionale che continua a macinare il debito esistente mentre ne riceve ancora di più. Ciò significa dipendere dalla benevolenza degli sconosciuti – che non sono proprio bendisposti. Molte nazioni, con Russia, Cina, India, Brasile e Sud Africa in testa, stanno facendo accordi bilaterali di valuta per evitare l’uso del dollaro e, così facendo, per evitare di pagare tributo agli Stati Uniti. Così come Roma, l’impero USA sta venendo attaccato in tutto il mondo da “barbari”, con la differenza che i barbari moderni sono armati di server, laptop e smartphone. Esattamente come Roma, l’impero è occupato a spendere miliardi per difendere la propria periferia mentre permette a tutto ciò che sta sul fronte interno di crollare per incuria.
Nel frattempo, gli USA stanno arrancando per evitare il panico finanziario attraverso bugie e mistificazioni. La Federal Reserve sta stampando un trilione all’anno solo per mantenere le banche solventi, mentre compie naked short sales sull’oro per farne crollare il prezzo e per salvare il valore del dollaro (fare riferimento a Paul Craig Roberts per le prove). In realtà, l’impiego negli Stati Uniti non si è ripreso dalla crisi e dal panico finanziario del 2008 e i salari sono scesi da allora, ma il governo pubblica dati di economia farlocca per coprire tutto questo (vedere le Shadow Stats di John Williams per ulteriori dettagli). Nel frattempo, ci sono segnali che lo stato di polizia militarizzata si sta preparando ad affrontare ribellioni.
Due strade più giù
Come abbiamo mostrato, il rendimento degli investimenti [return on investment, ROI, NdT]: l’impero deve indebitarsi sempre più per vedere la sua presenza all’estero contrarsi di un terzo ogni decade. Ci sono due vie di fuga: veloce e dolorosa o lenta ed ancora più dolorosa.
La veloce è di rendersi conto della situazione, tagliare le perdite e abbandonare il progetto di un impero, come fece l’URSS nel 1989/1990. Ma deve essere compreso che è la minaccia di ritorsioni militari a mantenere in riga le nazioni del mondo, che le forza ad assorbire il debito USA. Senza questa disciplina, ulteriore emissione di valuta causerebbe iperinflazione, il castello di carte finanziario in cui vive la capacità di spesa del governo cadrebbe all’improvviso e l’economia statunitense si spegnerebbe, come quella dell’Unione Sovietica nei primi anni ’90.
L’altra opzione è la più verosimile, dato che non necessita di ingenti manovre, le quali in ogni caso sono poco probabili. (Persino nei suoi momenti più bui l’URSS aveva una leadership molto migliore di quella attuale degli USA, che fu in grado di compiere decisioni importanti). La seconda opzione è semplicemente di continuare a sorridere e salutare e prendere in prestito e spendere fino a che tutto sia finito. Serviranno non più di due decenni alla velocità attuale. Si noti che questa previsione è basato su una proiezione lineare che non tiene conto di nessuna delle variabili che potrebbero velocizzare il processo. Una di queste è che un impero più piccolo significa più nazioni sparse per il mondo che si fanno beffe degli Stati Uniti, fuggendo dall’egemonia del dollaro e rendendo più difficile per gli Stati Uniti stessi il continuare ad annegare nel loro debito. Tutte queste variabili sono verosimilmente non lineari e quindi è difficile stimarne l’influenza.
Ma arriverà ben un momento, prima che l’impero se ne sia andato del tutto, in cui i puntelli dello scetticismo necessari per evitare che le finanze del governo USA collassino smetteranno di essere sostenibili – nonostante i livelli di propaganda, la distorsione del mercato, gli ufficiali che sorridono, salutano e mentono di fronte alle telecamere. Dunque abbiamo due stime. La prima è oggettiva e basata sui dati del governo USA: due decenni o meno. Ma abbiamo spazio anche per una stima soggettiva, da mettersi tra parentesi: in qualsiasi momento tra oggi e vent’anni (o meno) da ora.
Basandosi su queste stime, potete essere oggettivi o soggettivi a vostro piacimento, ma se pensate che l’ “impero duri”, possedendo risorse in dollari, e se pensate di vivere fino al 2034 (o meno), allora c’è una ragionevole possibilità che siate sciocchi. Allo stesso modo, se pensate che la NATO verrà in vostro soccorso a un decennio da oggi, dovreste riorganizzare le vostre risorse difensive da oggi, perchè la NATO cesserà di funzionare di pari passo all’impero USA.
Qualche tempo fa il presidente Obama ha dato quello che gli era sembrato un buon ordine “Non fate cose stupide”. Dovreste proprio seguire quest’ordine, io sono qui per aiutarvi a farlo.
Fonte originale: cluborlov.blogspot.it
Fonte comedonchisciotte.net - Autore della traduzione FA RANCO