La Corte dei Conti boccia l'8 per mille alla Chiesa cattolica. Almeno nella misura monstre corrisposta dallo Stato italiano nel 2013. 1 miliardo e 254 milioni di euro: caso unico in Europa. Nessun altro paese dell'UE, infatti, versa così tanti soldi a quella che è, pur sempre, una confessione religiosa che dovrebbe essere tale e quale alle altre.
La cifra così elevata è determinata dal fatto che, in virtù della legge ad oggi vigente, alla Chiesa vanno in automatico anche i contributi di quegli italiani che nella dichiarazione dei redditi non esprimono alcuna preferenza (come ben spiegato qui).
In particolare, all'atto della dichiarazione solo il 34,5% degli italiani sceglie di destinare il proprio 8 per mille alla Chiesa cattolica, il 4% allo Stato, l'1% alle altre confessioni religiose e il rimanente 60,5% non sceglie nulla e quindi, a causa dell'automatismo sopra illustrato, finisce per versarli alla Chiesa.
Ed è proprio questo meccanismo ad essere finito nel mirino dei giudici contabili, che, in una dura sentenza, lo definiscono "opaco, senza controlli, senza informazione per i cittadini, discriminante dal punto di vista della pluralità religiosa".
Quello più annoso è proprio il problema dei controlli: "Nonostante la rilevanza delle risorse, oltre un miliardo e 200 milioni di euro annui, nessun organismo indipendente ha mai proceduto finora a una valutazione, nonostante i richiami della Corte e le criticità emerse sulla gestione" scrivono le toghe. Pochi controlli, quindi poca trasparenza: "I dati sono confusi, non c'è nessuna descrizione, nemmeno sintetica, dell'uso che viene fatto dei fondi".
E intanto, di opacità in opacità, i contribuenti italiani versano alla Chiesa quasi quanto versano al ministero dei Beni culturali e del Turismo (1,2 contro 1,7 mld), che dovrebbe essere al centro dell'agenda di tutti i governi, viste le bellezze artistiche e paesaggistiche che fanno dell'Italia una delle mete più ambite del mondo.
Oltre ai suddetti rilievi, secondo la Corte dei Conti alla base di tutto vi è una questione di correttezza e di completezza dell'informazione: com'è possibile che oltre il 60% degli italiani non indichi enti a cui destinare parte dei propri redditi? I cittadini sono realmente edotti su dove vanno a finire i propri soldi? I giudici dicono di no: "Assente risulta essere l'informazione sull'attribuzione. I cittadini sono indotti a ritenere che solo una scelta esplicita faccia assegnare i fondi. Mentre non è così. E questo genera delle perplessità, perché i contribuenti pensano di dare fondi all'erario" e invece li danno alla Chiesa.
Solo nel 2006 - la possibilità di devolvere l'8 per mille al Vaticano si deve a Craxi con la revisione del concordato nel 1984 - lo Stato ha pensato bene di inserire, nella parte inferiore dei moduli utilizzati per la dichiarazione, il meccanismo di attribuzione dei fondi, ovviamente in caratteri minuscoli e nel solito linguaggio burocratese.
Disinteresse più totale quindi, a differenza delle campagne pubblicitarie messe in atto dalla Chiesa, che, tra cartelloni e spot pubblicitari, ha ingenerato nell'opinione pubblica l'idea che la gran parte degli 8 per mille ricevuti vengano utilizzati per opere di carità nei paesi in via di sviluppo. Nulla di più falso: il 43% viene impiegato per la manutenzione delle opere di culto, il 35% per pagare gli stipendi dei sacerdoti e dei prelati e solamente il rimanente 22% va a finire in opere caritative, di cui appena l'8% al di fuori dell'Italia.
Fonte: it.ibtimes.com