Foto per gentile concessione di José Palazón |
di Michael Bonvalot - vice.com
Melilla è una città sulla costa orientale del Marocco che appartiene alla Spagna fin dal quindicesimo secolo. Il Marocco non riconosce la sovranità spagnola sulla città e, come prevedibile, ciò ha dato vita a una situazione confusa che investe anche la questione dell'immigrazione.
La città di Melilla è circondata da tre recinzioni; una appartiene al Marocco, le altre due alla Spagna. Se un migrante riesce a scavalcarle tutte e tre non si trova comunque all'interno dell'area di validità del trattato di Schengen, ma perlomeno si trova all'interno dei confini europei. Per questo, ogni giorno, in molti cercano di scavalcare queste recinzioni, spesso con risultati surreali— come nella foto che vedete qui sopra, scattata il mese scorso dall'attivista José Palazón su un campo da golf situato tra l'area Schengen e l'Africa.
L'artista viennese Tanja Boukal è appena tornata da Melilla, dove è andata per fare ricerca e documentarsi sui campi profughi. L'ho chiamata e le ho chiesto di spiegarmi cosa sta succedendo in quella foto e più in generale a Melilla.
Tanja Boukal: Alle 7.50 del mattino un gruppo di migranti ha cercato di scavalcare le recinzioni sul confine. Hanno scelto quell'orario perché sapevano che il cambio della guardia sarebbe avvenuto tra le 7.45 e le 8.00. Il posto dove hanno deciso di scavalcare si trova vicino al campo profughi di Melilla. E tra il campo profughi e la recinzione c'è, appunto, un campo da golf. La cosa più assurda è che il campo da golf è stato costruito con i fondi della comunità europea. È stato costruito per migliorare la qualità della vita degli abitanti di Melilla, mentre al di là della recinzione la gente muore.
Proprio il giorno prima c'era stato un tentativo di fuga andato a buon fine, quindi la polizia di frontiera spagnola era in allerta. Circa 200 profughi hanno tentato di scavalcare la recinzione: la maggior parte di loro è stata respinta dalle guardie di confine marocchine, ma in 15 sono riusciti ad arrivare dall'altra parte, sul suolo spagnolo.
Anche se non è visibile nella foto, tra la recinzione e il campo da golf c'è una strada che quel giorno era presidiata da agenti di polizia spagnoli con manganelli, spray al peperoncino e cani. Dall'altro lato, invece, c'erano i poliziotti di frontiera marocchini con le spranghe in mano.
I migranti erano in trappola: non potevano andare né avanti né indietro. La polizia spagnola ha semplicemente aspettato che scendessero. Non avevano acqua né cibo. Verso le 10 del mattino, è iniziata ad arrivare gente al campo da golf. La scena era surreale.
Questa situazione si è protratta per tutto il giorno, finché, verso sera, i rifugiati non hanno deciso di arrendersi e sono scesi dalla recinzione. Anche se sono scesi dalla parte spagnola sono stati comunque riportati in Marocco e da lì sono stati subito rimpatriati in Algeria.
http://youtu.be/Vb1lP69c3ZA
Ci sono state vittime?Cercare di entrare illegalmente in Europa è molto pericoloso. Secondo le stimedell'OIM, dal 2000 a oggi più di 22.000 persone sono morte nella traversata. La maggior parte di queste persone sono annegate nel Mediterraneo.
È stato difficile fare ricerca su questa situazione?
L'intera area è sotto giurisdizione militare e può essere fotografata solo con il loro permesso. Quando sono arrivata a Melilla sono finita per caso nello stesso albergo in cui alloggiavano alcuni soldati spagnoli e ogni tanto mi sono spostata con loro. Poi, un giorno, ho scritto sul mio blog di come alcune persone avessero provato a varcare il confine austriaco e fossero state rimandate indietro illegalmente. Il giorno dopo, mi è stato revocato il permesso di fotografare.
Da allora ho cominciato a tenere la mia macchina fotografica in una cassetta di sicurezza e a salvare sempre tutto. Le perquisizioni della polizia sono sempre possibili, e gli agenti possono anche decidere di spaccarti la macchina fotografica senza motivo.
Parlami delle persone che cercano di scavalcare le recinzioni: chi sono e perché lo fanno?
Al momento sono per metà siriani, e alcuni di loro provengono da Kobane. Il motivo è ovvio, c'è una guerra civile in corso. In tanti vengono dall'Africa subsahariana, dall'Africa centrale, dalla Somalia, dal Kenya, dal Ghana e dalla Costa d'Avorio. Di recente, è in aumento anche il numero dei migranti provenienti dl sud-est asiatico.
Spesso le persone che arrivano a Melilla sono istruite. Il viaggio per raggiungere questa meta costa migliaia di euro, per cui la maggior parte di queste persone provengono da famiglie di ceto medio. In effetti, credo che il campo profughi di Melilla abbia la percentuale di laureati più alta di tutta la Spagna.
Foto di Tanja Boukal
Com'è la vita dei rifugiati di Melilla?
A seconda del periodo e delle guerre in corso, a Melilla ci sono tra i 10.000 e i 30.000 rifugiati. Vivono nei boschi intorno alla città o sul monte Gurugu. Se si costruiscono delle tende o qualsiasi altro genere di rifugi, la polizia marocchina glieli distrugge. Durante l'inverno, gli portano via le coperte e le pentole e gli buttano acqua fredda addosso. I migranti non sono autorizzati a lavorare, quindi per vivere non possono che affidarsi alla gentilezza della gente del posto.
Cosa succede una volta che riescono ad arrivare a Melilla?
Ogni anno arrivano a Melilla circa 3.000 rifugiati, che non è tanto. Da un punto di vista legale e burocratico la loro situazione è assurda. Tecnicamente si trovano in Spagna, ma non nell'area di validità del trattato di Schengen. Quindi, finché si trovano a Melilla non possono richiedere asilo politico o fare richiesta per un visto.
Ad un certo punto arriva una strana offerta: verranno mandati in Spagna, ma in cambio non devono richiedere asilo politico. Così, i rifugiati finiscono per lavorare illegalmente nei campi, nella zona del Mar Bianco di Almeria, da dove proviene molta della verdura che si coltiva in Europa.
Il governo spagnolo conta sul fatto che un giorno queste persone riusciranno a mettere via abbastanza soldi per lasciare la Spagna e andare in un altro paese europeo. È un gioco cinico.
Fonte: vice.com