Esercitazioni nucleari NATO in Italia. Qui da noi non ne parla nessuno. Neanche i blogger più attenti. Si chiama “Steadfast Noon 2014” (“mezzogiorno inesorabile”) l’operazione che la NATO sta conducendo nella base militare di Ghedi vicino a Brescia.
Niente di nascosto: è tutto ufficiale. Basta guardare il calendario della NATO. O l’AIP, la pubblicazione ufficiale che contiene le informazioni aeronautiche essenziali per la navigazione aerea in Italia.
Steadfast Noon è il nome in codice delle esercitazioni nucleari che le forze aeree dell’alleanza atlantica conducono annualmente in un paese a turno. All’Italia è toccato nel 2010, nel 2013 e ancora quest’anno. L’Italia ospita 70 delle 180 testate nucleari presenti in Europa.
Alle esercitazioni partecipano sette paesi: Belgio, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Turchia e Stati Uniti e Italia. I loro aerei sono stati fotografati da appassionati presenti a Ghedi e le foto postate online.
Gli Stati Uniti, gli avvelenatori del pianeta attraverso la geoingegneria e le scie chimiche, incolpano la Russia degli sconvolgimenti climatici in atto...
La CIA ha trovato il colpevole dei disastri climatici che si sono verificati negli Stati Uniti. Secondo i dati della CIA le tempeste di neve e le piogge torrenziali è la macchinazione di qualcuno
La CIA nel corso degli ultimi anni si chiesta se un altro stato possa manipolare il clima negli Stati Uniti. Di questo ha raccontato ai giornalisti il professore della Rutgers University, Alan Robok. Secondo lui i servizi americani hanno posto al professore la questione se fosse possibile una manipolazione del' clima. In particolare alla CIA interessava il,fatto se altri paesi potessero di causare siccità o inondazioni.
Nel frattempo, negli Stati Uniti sono emerse ipotesi che la Russia utilizzi attivamente un'arma climatica contro gli americani.
Da oggi scattano le nuove sanzioni che l’UE ha introdotto contro 19 persone fisiche e 9 persone giuridiche, tra cui anche dei soggetti russi, che l’Occidente ritiene essere responsabili della destabilizzazione della situazione nell’Est dell’Ucraina. Le sanzioni prevedono il congelamento dei conti bancari e il divieto di ingresso nell’eurozona.
Inoltre è stato deciso di prolungare fino a settembre 2015 le sanzioni individuali varate dall’UE in precedenza. In totale la lista comprende 132 nomi tra personalità ufficiali della Russia e rappresentanti delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, nonché 28 aziende, riferisce l’agenzia RIA Novosti.
La nuova versione della lista dei soggetti sanzionati, intitolata “Council impelenting regulation (EU) 2015/240”, era stata approvata dall’UE alla fine di gennaio dopo il bombardamento provocatorio di Mariupol che, a detta degli abitanti locali, è stato effettuato dai militari del Ministero della Difesa dell’Ucraina. Le autorità di Kiev sostengono però che la parte colpevole siano i miliziani filorussi. Non c’è stata nessuna inchiesta internazionale in merito, ma il 9 febbraio ai ministri degli Esteri dell’UE è stato proposto di approvare le nuove sanzioni che sono state puntualmente approvate e dovevano entrare in vigore il 16 febbraio.
DI ISRAEL SHAMIR counterpunch.org L’Occidente fa apparire Putin come un guerrafondaio sanguinario con ambizioni imperialistiche. La realtà è che Putin vuole un’Ucraina stabile e federale – ogni altra cosa costerebbe troppo alla Russia. Febbraio, manca ancora molto alla primavera, si lamentava il poeta Joseph Brodsky. Ed è vero, la neve cade ancora pesantemente su Mosca, Kiev e nelle steppe sconfinate che segnano i confini tra Russia e Ucraina: qui però la neve è tinta di rosso. I soldati sono un po’ restii a combattere in inverno, poiché la vita è già difficile di per sé a queste latitudini; tuttavia la lotta continua ad infuriare nella dilaniata Donbass—e gli Stati Uniti si preparano a dare un’escalation al conflitto fornendo a Kiev dei sofisticati armamenti.
Stremati dall’assedio e dai bombardamenti intermittenti, nonostante la neve, i ribelli hanno preso lo strategico aeroporto di Donetsk. Questo aeroporto, con i suoi tunnel dell’era staliniana, simbolo di un solido lavoro di difesa sovietico, rappresentava un’ardua sfida per i miliziani mal equipaggiati. I suoi livelli multipiano sotterranei furono costruiti per far fronte ad un attacco nucleare; eppure i ribelli, dopo mesi di lotta, hanno sbaragliato il nemico e lo hanno occupato. In un’azione offensiva ancora più violenta, hanno intrappolato le truppe di Kiev nella ‘sacca’ di Debaltsevo e Kiev sta già chiedendo una tregua. I ribelli sperano di cacciare il nemico da tutti i territori; ora controllano solo un terzo di Donbass. Ma il leader Russo schiaccia ancora sui freni: preferisce una brutta pace ad una buona guerra. Per lui, l’Ucraina è importante, ma non rappresenta un sine qua non, l’unico suo problema al mondo. Questo atteggiamento è condiviso dal leader Americano. Ma c’e’ una bella differenza: la Russia vuole un’Ucraina in pace, l’America la preferisce in guerra.
“Non posso più affermare che questa Guerra Fredda non ci porterà a una "Michail Gorbaciov - guerra fredda”.
“Ma hanno perso la testa?”. Gli “Stati Uniti ci hanno già trascinati in una nuova Guerra Fredda, tentando di dimostrare la loro idea di trionfalismo”. Sbotta Michail Gorbaciov, 83 anni, ultimo presidente dell'Urss, in un'intervista rilasciata all'agenzia di stampa Interfax e riportata dal sito Commondreams.org.
Non è la prima volta che l'ex segretario del Partito Comunista dell'Unione sovietica, passato alla storia per aver lanciato riforme come la perestrojka e la glasnost - che si tradussero nella fine dell'URSS e nella riunificazione della Germania - si mostra seriamente preoccupato per le tensioni geopolitiche legate alla crisi in Ucraina.
E, in particolare, a come l'Occidente sta gestendo la situazione.
Già nel novembre del 2014, aveva avvertito: “Il mondo è sull'orlo di una nuova Guerra Fredda”. Successivamente, aveva detto che “una guerra di questo tipo potrebbe scatenare un conflitto nucleare”, sperando che nessuno avrebbe “perso i nervi”.
La lancetta dell’«Orologio dell’apocalisse», il segnatempo simbolico che sul «Bulletin of the Atomic Scientists» indica a quanti minuti siamo dalla mezzanotte della guerra nucleare, è stata spostata in avanti: da 5 a mezzanotte nel 2012 a 3 a mezzanotte nel 2015, lo stesso livello del 1984 in piena guerra fredda. Sui grandi media, la notizia è passata quasi del tutto sotto silenzio. Eppure a lanciare l’allarme sono noti scienziati dell’Università di Chicago che, consultandosi con altri (tra cui 17 Premi Nobel), valutano la possibilità di una catastrofe provocata dalle armi nucleari in concomitanza con il cambiamento climatico dovuto all’impatto umano sull’ambiente.
Il cauto ottimismo sulla possibilità di tenere sotto controllo la corsa agli armamenti nucleari è svanito di fronte a due tendenze: l’impetuoso sviluppo di programmi per la modernizzazione delle armi nucleari e il sostanziale blocco del meccanismo di disarmo. Al primo posto, tra le cause del rilancio della corsa agli armamenti nucleari, gli scienziati statunitensi mettono il programma di «modernizzazione» delle forze nucleari Usa, che comporta «un costo astronomico». Confermano così quanto già documentato sul manifesto (24 settembre 2014): il presidente Obama – insignito nel 2009 del Premio Nobel per la Pace per «la sua visione di un mondo libero dalle armi nucleari, che ha potentemente stimolato il disarmo» – ha presentato 57 progetti di upgrade di impianti nucleari militari, con un costo stimato di 355 miliardi di dollari in dieci anni.
Pare che l’Occidente non abbia rifiutato la guerra. In un articolo scritto assieme da Obama e Cameron e pubblicato sul giornale “The Times” il presidente USA ed il premier britannico hanno dichiarato che occorra “serrare i ranghi” contro “la Russia aggressiva”.
Mercoledì scorso il nuovo segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha detto ai giornalisti di aver dispiegato in Europa orientale una forza di reazione ad eventuali minacce alla sicurezza provenienti da Est. Tra questi paesi figurano anche la Lettonia, la Lituania e l'Estonia. Dal primo gennaio il cielo dei paesi viene pattugliato dai 4 caccia con piloti militari italiani che hanno sostituito i portughesi.
La NATO sta rafforzando le frontiere orientali, sottolineando che a spingere la formazione delle nuove forze di rapido intervento sarebbe stata l’annessione della Crimea alla Russia.
Per analisti militari russi, sia giunto il momento di ricordare le decisioni prese dalla dirigenza militare USA sul rafforzamento in Europa delle potenzialita’ delle armi nucleari tattiche. Si tratta di eventuale allestimento dei caccia F-16 e Tornado in dotazione ai cinque paesi NATO con degli strumenti che possano permettere di sganciare le bombe nucleari B61-12. Sono coinvolte le Aeronautiche militari del Belgio, dei Paesi Bassi, della Turchia, della Germania e dell’Italia, ovvero i paesi che sono considerati oggi ‘non nucleari’. La NATO si propone di terminare il riallestimento entro il 2018. In tal modo possono essere dotati con le armi tutti i caccia promettenti F-35. Se i velivoli ad un certo punto possono utilizzare le armi atomiche, cio’ vuol dire che esistono davvero le intenzioni di farlo. E’ ovvio, no?
Il prezzo del petrolio è di nuovo sceso al di sotto del livello minimo storico. Stando agli esperti il suo prezzo toccherà ben presto il fondo per iniziare poi una risalita.
Martedì il prezzo del petrolio Brent del Mare del Nord è calato a meno di 60 dollari al barile. Secondo l’opinione di una serie di analisti, i prezzi sono caduti più di quanto lo richiedessero i principi di mercato. Tale stato delle cose è dovuto come minimo a due motivi, rileva Rustam Tankaev, esperto dell’Unione dei petrolieri della Russia:
In questo caso operano, purtroppo, fattori difficilmente controllabili dall’esterno. Il primo fattore è lo Stato islamico che immette sul mercato mondiale petrolio a prezzi stracciati. I guerriglieri vendono il petrolio per comprarsi armi e munizioni. Anche se è vero che poi il petrolio viene fatto passare attraverso alcune mani per nascondere le tracce del contrabbando. Ma arriva lo stesso sul mercato ad un prezzo inferiore a 60 dollari al barile. Il secondo fattore è la guerra dei prezzi condotta dall’Arabia Saudita contro il petrolio da scisti prodotto negli USA. Sono questi processi a determinare il basso livello dei prezzi. Per quanto riguarda lo Stato islamico, gli americani devono porre fine al contrabbando del petrolio dalle zone occupate dai guerriglieri. Mentre i sauditi non riusciranno a mantenere i prezzi ad un livello basso. È da aspettarsi prossimamente un aumento dei prezzi. Tanto più che con i prezzi bassi del petrolio ne cresce il consumo, il che incide sul rapporto tra domanda e offerta.
Già con il Summit della NATO in Galles, lo scorso settembre si è preparato il campo.
Negli ultimi mesi sono state lanciate parecchie iniziative militari contro la Federazione russa, inclusa una esercitazione di war games in Europa Orientale, un addestramento militare per le forze speciali schierate in Ucraina.
Queste iniziative militari sono condotte in coordinamento con una campagna di propaganda mediatica e un programma di "terrorismo economico” che consiste in sanzioni economiche dirompenti, nel congelamento delle transazioni monetarie e dei commerci, nella manipolazione fraudolenta dei mercati del petrolio, delle monete, etc. La campagna mediatica è basata sulla presentazione della guerra, come se si trattasse di una impresa umanitaria.
Il punto dove vorrebbe portare il gioco della guerra consite nell'indebolimento della Federazione Russa, nel minare le sue istituzioni e nell'impoverire la sua popolazione. Nel frattempo, il Congresso USA ha fatto passare una legge che accende - de facto - un semaforo verde che permette al Presidente Obama didichiarare guerra alla Russia. I rapporti hannoinoltre confermato cheWashingtonsta contemplando un "cambio di regime" nella Federazionerussa, per installare al Cremlino un governo piùcompiacente . Secondo il PresidenteVladimirPutin:
“Stiamo vedendo le tragicheconseguenze dellecosiddetterivoluzioni coloratee le tribolazioni delle popolazioni di Stati che sono stati sottoposti aquesti esperimentiirresponsabili, inconsapevolmente talvolta ma anche... palesemente, altre volte, di interferenzanella loro vita...Questa è una lezioneeun monito pernoi che faremotutto il possibile perevitare che questo avvenga anche in Russia. "(Citazione daSputnik, 20 nov. 2014)
Una minaccia militarecombinata con una "guerra economica" serve percreare instabilitàsociale ed economicanella Federazione russa. Anche la guerrainformatica èuno strumento diinterventodiretto controi sistemi di comunicazionedel nemico.
Leesercitazioni militariUSA-NATOcondottenegli ultimi mesiin Europa orientalee nei paesi balticisono stateesplicitamentedirette controla Russia.SecondoMosca, consistevanoin "attività per far alzare il livello delle funzioni di risposta" oltre che per spostare le "infrastrutture militari della NATO sui confinirussi".
A metà dicembre, il Gen.JamesStavridis, ex comandantedella NatoinEuropa,ha invitatol'Alleanza atlantica ad "inviare armi econsiglieri militariin Ucraina peraiutarloa combatterei separatisti supportati da Mosca."
La Camera dei rappresentanti del Congresso degli USA ha approvato la Risoluzione758 con una dura condanna delle azioni della Federazione Russa sotto la presidenza di Vladimir Putin. Proponiamo estratti dal testo della Risoluzione 758.
RISOLUZIONE 758
Sulla dura condanna delle azioni della Federazione Russa sotto la presidenza di Vladimir Putin per la conduzione di una politica aggressiva contro paesi vicini allo scopo di raggiungere la padronanza politica ed economica.
Camera dei rappresentanti
18 novembre 2014
Tenendo conto che, essendo arrivato al potere nel 2009, il presidente Barack Obama ha dichiarato il suo intento di “resettare” le relazioni con la Federazione Russa (…);
Considerando che a questa politica la Federazione Russa ha risposto con una palese retorica e azioni antiamericane, ma anche con un'aggressione militare contro gli alleati degli USA, incluse l'Ucraina e la Repubblica Georgia (…);
Nelle ultime settimane l’aviazione ucraina ha bombardato pesantemente la zona di Kirovsk, vicino al confine con la Russia. Sganciate anche bombe a frammentazione. (video)
di Franco Fracassi
I media non ne parlano più, ma in Ucraina c’è ancora la guerra e si continua a morire. È il caso della città di Kirovsk: trentacinquemila abitanti, a cinquanta chilometri a ovest di Lugansk, non lontano dal confine con la Russia. Secondo quanto riferiscono le stesse agenzie ucraine, l’aviazione di Kiev da settimane bombarda pesantemente la zona, sotto il controllo dei miliziani del Donbass, senza prestare alcuna attenzione ai civili. Dai video e dalle foto si riconoscono perfino esplosioni dovute a bombe a frammentazione, vietate dalla Convezione di Ginevra.
«Stavo lavorando, quando è venuto giù tutto in seguito a un’esplosione». L’uomo ha appena perso la moglie e la nipote. «Che cavolo di mondo è questo!». Urla, si dispera, insulta il presidente ucraino Petro Poroshenko, accusandolo del bombardamento della sua casa. «Ira. Abbiamo passato trentatré anni insieme! Hanno portato via la mia piccola Sveta!».
Washington: 410 sì, 10 no. Grande consenso bipartisan prima che il disegno di legge vada al Senato. Carta bianca per la Casa Bianca contro Mosca
di Pepe Escobar - Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras.
Non riuscirò a sottolineare abbastanza quanto terrificante - e stupido - sia tutto questo. E adesso è ufficiale. La risoluzione n. 758 della Camera dei Rappresentanti è stata approvata ieri segnando un risultato travolgente e bipartisan (411 voti contro appena 10 contrari) presso il Congresso USA. I particolari della ripartizione della votazione si possono leggere qui.
Questa risoluzione, giunta in tutta fretta fino al voto appena due settimane dopo essere stata presentata, descrive la Russia come una "Nazione Aggreditrice" che ha invaso l'Ucraina e che stava dietro l'abbattimento del MH17.
La risoluzione fa praticamente appello a far guerra alla Russia.
Date un'occhiata davvero attenta al linguaggio adoperato. Il Presidente degli Stati Uniti, in consultazione con il Congresso USA, deve:
«Condurre una revisione del posizionamento, della prontezza e delle responsabilità delle forze armate degli Stati Uniti nonché delle forze degli altri membri della NATO per determinare se i contributi e le azioni di ciascuno siano sufficienti a soddisfare gli obblighi della difesa collettiva ai sensi dell'articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico e specificare le misure necessarie per porre rimedio a eventuali carenze».
Basta dare uno sguardo ai soli titoli di testate e siti-web di economia internazionale, nelle sezioni dedicate alle commodities, per rendersi conto che il prezzo del barile di petrolio che alcuni anni fa veleggiava su livelli record dando argomenti a profeti catastrofisti e complottardi del ‘Peak Oil’ (che vengono fuori come le termiti dalle travi a intervalli regolari, salvo ritornarvi quando la realtà dei fatti non si degna di venire incontro ai loro ‘Al Lupo, Al Lupo!’) abbia preso una tendenza al ribasso rispetto ai costi già molto diminuiti dall’inizio della Crisi con la conseguente recessione di molte economie occidentali.
Il barile di greggio a Novembre 2014 costa qualche spicciolo meno di 79 dollari Usa, contro i 105 $ di giugno scorso, i 111 di febbraio 2012 e i 116 di aprile 2011 (ed era al record storico di 145 dollari a febbraio 2008); un crollo di oltre 25 dollari nel giro di quattro mesi è ragguardevole, certo, non sono i sedici dollari (16 USD per barile) toccati nel Natale 1998, ma è sicuramente una diminuzione degna di nota.
Ma cosa l’ha causata? Diminuita domanda internazionale? Scoperta di nuovi enormi giacimenti? La ‘bolla’ dello Shale Oil? Tutte queste cause hanno contribuito, ma il motivo principale è molto più semplice e molto legato alla geopolitica dei recenti avvenimenti internazionali: Arabia Saudita e regni ed emirati assortiti della parte sunnita del Golfo Persico, tutti regimi conservatori più o meno fortemente legati agli Usa e ai loro interessi strategici, hanno cominciato a ‘lanciare’ sul mercato enormi quantità di petrolio, facendone precipitare (come è ovvio) il prezzo medio.
La Russia nel terzo trimestre ha compratopiù oro di tutti gli altri paesi messi insieme ...entro lafine dell'anno, inclusa la prossima asta, le banche centraliavranno acquistatofino a 500tonnellate di oro. Il World Gold Council scrive, nella sua relazione,che questa situazione è dovuta alletensioni geopolitiche eai tentativida parte di molti paesidi diversificare le lororiservedaldollaro statunitense. Mentre la Cina sta comprando petrolio 'a basso prezzo' con tutte e due le mani e anche coi piedi, secondo gliultimi dati delWorld Gold Council(WGC) la Russia sta comprando oroin enormi quantità. Fa impallidireil restodel il fatto che la Russia nel 3° trimestre di quest'anno ha fatto crescere di 55 spendide tonnellate d'oro le sue riserve, è quanro riporta The Telegraph:Putinsta approfittandodel ribasso del prezzo dell'oroper riempire levolte dellabanca centraledella Russiaconil metallo prezioso, in modo da essere pronto perla possibilità diuna lunga, estenuanteguerra economicacon l'Occidente. La Russia nel terzo trimestre ha compratopiù oro di tutti gli altri paesi messi insieme ...
Il mondo ha mille problemi, causati da povertà e ingiustizia, e vengono affrontati con l’unico strumento incapace di risolverli: la guerra. Di riflesso, ne soffre anche l’Europa: strattonata dalla Nato e costretta a contrapporsi alla Russia, l’Ue sta diventando irrilevante. E di questo passo conterà sempre meno, sulla scena mondiale dove si afferma il potere crescente dei Brics. Grande occasione sprecata, dunque, il crollo del Muro di Berlino: poteva, anzi doveva, aprire una stagione di pace e giustizia, anziché di guerre da esportare in tutto il pianeta. Lo sostiene Mikhail Gorbaciov, intervento a Berlino per il 25° anniversario della riunificazione tedesca. Dopo gli anni della “perestrojka” e l’esplosione della libertà nell’Est Europa, alla caduta dell’Urss la guerra è tornata a dianiare l’Europa, cominciando da Jugoslavia e Kosovo. «Lo spargimento di sangue in Europa e in Medio Oriente, sullo sfondo dell’interruzione del dialogo fra le grandi potenze, è motivo di enorme preoccupazione». Oggi, «il mondo si trova sul precipizio di una nuova guerra fredda». E per quanto drammatica sia la situazione, «non vediamo la più importante istituzione internazionale – il Consiglio di Sicurezza dell’Onu – svolgere alcun ruolo, né prendere alcuna iniziativa».
Per Gorbaciov è venuta meno la fiducia reciproca, grazie alla quale fu possibile metter fine all’incubo nucleare della guerra fredda, «quella fiducia in assenza della quale le relazioni internazionali nel mondo globale risultano inconcepibili». Gli anni‘90 dovevano portare a una nuova Europa e a un ordine mondiale più sicuro? «Ma invece di costruire nuovi meccanismi e nuove istituzioni a tutela della sicurezza europea, e di inseguire una decisiva smilitarizzazione della politica europea – cosa che per inciso era stata promessa nella Dichiarazione di Londra della Nato – alla fine della guerra fredda l’Occidente, e in particolar modo gli Stati Uniti, dichiararono vittoria». Peggio: «L’euforia e il trionfalismo diedero alla testa dei leader occidentali: approfittandosi dell’indebolimento della Russia, e dell’assenza di un contrappeso, proclamarono il proprio monopolio della leadership e del dominio del mondo, rifiutandosi di ascoltare gli inviti alla cautela». Alla crisi in Ucraina si è arrivati per gradi, attraverso l’allargamento della Nato, i nuovi piani missilistici, le guerre in Iraq, Libia e Siria. Chi paga più di tutti? «L’Europa, la nostra casa comune».
Da quando è esplosa la crisi ucraina Obama ha spinto l’Europa a mettere sotto embargo la Russia e poi ha cercato di vendergli il gas Usa. Ma non può farlo. Ecco perché.
di Franco Fracassi - popoffquotidiano.it
Shell e British Petroleum hanno deciso di iniziare a disinvestire «perché non conviene ecnomicamente». Super petroliere adatte al trasporto di gas non sono disponibili, come non esistono porti attrezzati per ospitarle. Il costo di estrazione è elevatissimo. Nel dicembre 2013 parte dell’Ucraina si è ribellata all’ordine costituito e ai legami economici e politici che legavano il Paese a Mosca. Gli Stati Uniti e l’Occidente si sono schierati subito dalla parte dei ribelli. Nonostante la reazione russa non sia stata veemente (come si si sarebbe aspettato) il presidente statunitense Barak Obama ha chiesto (e ottenuto) all’Europa di mettere sotto embargo la Russia. Sempre la Casa Bianca ha, poi, insistito perché l’Europa sostituisse le forniture di gas russo con quelle provenienti dagli Stati Uniti via nave. «È il futuro», ha dichiarato. «Noi diventeremo presto i maggiori produttori di gas del pianeta. E per di più a basso prezzo», ha aggiunto. La realtà è molto distante dalla propaganda di Washington. Ecco quello che ha scoperto Popoff.
Nel sottosuolo statunitense non ci sono quelle immense nuvole di gas che si trovano in Russia, in Medio Oriente o in Estremo Oriente. Il gas made in Usa viene estratto dall’argilla. Si chiama gas scisto, perché si ottiene dalla fratturazione idraulica della roccia sfruttando la pressione dell’acqua, che crea e propaga una frattura in uno strato roccioso spingendo il gas a fuoriuscire.
Nel giro di pochi anni, su immense distese di campi coltivati o adibiti a pascolo sono sbucati i tipici tralicci che caratterizzano i pozzi petroliferi. L’economia e la vita di milioni di persone in Texas, Pennsylvania, Colorado e Kansas si è trasformata in meno di un lustro.
L’ESTRAZIONE DEL GAS SCISTO PROVOCA LA DISTRUZIONE DELLE FALDE ACQUIFERE SOTTERRANEE. ANCHE PER QUESTO MOTIVO NEGLI USA IL MOVIMENTO CONTRO L’ESTRAZIONE DEL GAS È DIVENUTO MOLTO POPOLARE, SPECIALMENTE NELLE ZONE RURALI.
Obama e la sua Amministrazione hanno puntato molto sul gas scisto a basso costo. Il risultato è stato un mini boom dell’industria manifatturiera, che ha aiutato non poco gli Stati Uniti a rimettersi in piedi.
Come ha rivelato il “Washington Post”, Obama è così convinto della bontà di ciò che sta promuovendo che ha fatto pressioni perché nel negoziato Ttip tra Europa e Usa venisse data priorità al tema dell’energia. «Quando avremo un accordo commerciale in vigore, le licenze all’esportazione inerenti a progetti destinati in Europa riguardanti gas naturale liquefatto (gnl) saranno molto più semplici, e ciò è chiaramente molto importante alla luce della situazione geopolitica odierna», ha dichiarato il presidente statunitense.
Di Ulson Gunnard - journal-neo.org Il presidente russo Vladimir Putin ha parlato, davanti ad una platea internazionale, di unordine internazionale che ha approfittato della fine della guerra fredda per rimodellare il mondo in base ai propri interessi mettendo da parte i concetti di base delle relazioni internazionali, il diritto internazionale, i sistemi di equilibrio di potere arrivando persino a minare il concetto stesso di sovranità nazionale. Nel suo discorso, Putin condanna gli Stati Uniti per l'appoggio dato a neofascisti e terroristi, ed il disprezzo per la sovranità nazionale mostrato in giro per il mondo.
Il rigetto dell'occidente
Curioso è il linguaggio utilizzato nel resoconto del New York Times sull'incontro del Valdai International Club tenutosi a Sochi, sulle rive russe del Mar Nero, dove il presidente Putin ha recitato il discorso. In un articolo intitolato “Putin accusa gli Stati Uniti di appoggiare 'neofascisti' e 'fondamentalisti islamici'”, il NYT prova ad inquadrare le affermazioni di Putin, riguardo il supporto dato a neofascisti e terroristi, come semplici accuse senza fondamento.
Scrive il NYT, “invece di appoggiare la democrazia e gli stati sovrani, ha detto Putin durante un'apparizione di tre-quattro ore alla conferenza, gli Stati Uniti appoggiano gruppi ambigui che vanno dai neofascisti dichiarati ai fondamentalisti islamici”. Il NYT riporta anche, “'Perchè appoggiano persone del genere', ha chiesto all'incontro annuale noto come Valdai Club, che quest'anno si è tenuto nella città di Sochi. 'Agiscono in questo modo perché decidono di usarli come strumenti per ottenere i propri scopi, ma poi si scottano le dita e subiscono il contraccolpo.” È difficile capire perché il NYT prova a dipingere queste affermazioni come particolarmente controverse, o come un'“invettiva”, per usare le parole del NYT, piuttosto che come una puntuale e necessaria osservazione basata sui fatti.
La rettitudine e la durezza nel formulare delle valutazioni servono oggi non per punzecchiarci reciprocamente, ma per cercare di comprendere che cosa veramente sta accadendo nel mondo, perché diventa sempre meno sicuro e meno prevedibile, perché ovunque aumentano i rischi. Nuove regole del gioco oppure gioco senza regole? Formulato così, il concetto descrive puntualmente quel bivio storico in cui ci troviamo, la scelta che dovrà essere compiuta da tutti noi. L’idea che il mondo contemporaneo cambi precipitosamente non è nuova. Infatti, rimane difficile non notare le trasformazioni nella politica globale, nell’economia, nella vita sociale, nell’ambito delle tecnologie industriali, informatiche e sociali. Ma nell’analizzare la situazione attuale non dobbiamo dimenticare le lezioni della storia. In primo luogo, il cambio dell’ordine mondiale (e i fenomeni che osserviamo oggi appartengono proprio a questa scala), veniva accompagnato, di solito, se non da una guerra globale, da intensi conflitti locali. In secondo luogo, parlare di politica mondiale significa affrontare i temi della leadership economica, della pace e della sfera umanitaria, compresi i diritti dell’uomo.
Nel mondo si è accumulata una moltitudine di contrasti. E bisogna chiedersi in tutta franchezza se abbiamo una rete di protezione sicura. Purtroppo, la certezza che il sistema di sicurezza globale e regionale sia capace di proteggerci dai cataclismi non c’è. Questo sistema risulta seriamente indebolito, frantumato e deformato. Vivono tempi difficili le istituzioni, internazionali e regionali, di interazione politica, economica e culturale. Molti meccanismi atti ad assicurare l’ordine mondiale si sono formati in tempi lontani, influenzati soprattutto dall’esito della Seconda Guerra Mondiale. La solidità di questo sistema non si basava esclusivamente sul bilanciamento delle forze e sul diritto dei vincitori, ma anche sul fatto che i “padri fondatori” di questo sistema di sicurezza si trattavano con rispetto, non cercavano di “spremere fino all’ultimo” ma cercavano di mettersi d’accordo. Il sistema continuava ad evolversi e, nonostante tutti i suoi difetti, era efficace per – se non una soluzione – almeno per un contenimento dei problemi mondiali, per una regolazione dell’asprezza della concorrenza naturale tra gli Stati.
Sono convinto che questo meccanismo di controbilanciamenti non potesse essere distrutto senza creare qualcosa in cambio, altrimenti non ci sarebbero davvero rimasti altri strumenti se non la rozza forza. Tuttavia gli Stati Uniti, dichiarandosi i vincitori della “guerra fredda”, hanno pensato – e credo che l’abbiano fatto con presunzione – che di tutto questo non v’è alcun bisogno. Dunque, invece di raggiungere un nuovo bilanciamento delle forze, che rappresenta una condizione indispensabile per l’ordine e la stabilità, hanno intrapreso, al contrario, i passi che hanno portato a un peggioramento repentino dello squilibrio. La “guerra fredda” è finita. Però non si è conclusa con un raggiungimento di “pace”, con degli accordi comprensibili e trasparenti sul rispetto delle regole e degli standard oppure sulle loro elaborazione. Par di capire che i cosiddetti vincitori della “guerra fredda” abbiano deciso di “sfruttare” fino in fondo la situazione per ritagliare il mondo intero a misura dei propri interessi. E se il sistema assestato delle relazioni e del diritto internazionali, il sistema del contenimento e dei controbilanciamenti impediva il raggiungimento di questo scopo, veniva da loro immediatamente dichiarato inutile, obsoleto e soggetto ad abbattimento istantaneo.
A Sochi, nell’ottobre 2014, Putin ha “resettato” drasticamente il rapporto tra la sua Russia e Washington. Un discorso ben meditato, che sarebbe grave errore, per tutti, sottovalutare. Molto più forte, a tratti drammatico nella sua chiarezza, di quello da lui pronunciato a Monaco, nel 2007. Nei 14 anni del suo potere il presidente russo non si era mai spinto fino a questo punto. E si capisce il perché solo seguendo il suo ragionamento. Vediamo di quale reset si tratta. Fino all’altro ieri Putin era rimasto “dentro” lo schema del post guerra fredda. C’era rimasto sia perché non aveva scelte diverse da fare, sia perché – con ogni probabilità – a quello schema credeva e lo riteneva utile e realistico. La crisi era già visibile. La Russia ci stava dentro scomoda. Ma rimaneva l’intenzione di superarla, con il tempo, costruendo una nuova architettura della sicurezza mondiale assieme agli Stati Uniti. Per anni, dopo il crollo del Muro, la Russia ha dovuto sopportare molti “sgarbi”. È un eufemismo. In molti casi la parola giusta sarebbe schiaffi.
La Russia è stata emarginata da numerosi momenti decisionali di rilievo internazionale, messa in secondo piano, scartata senza troppi complimenti. Era (anche) un modo per farle capire che non contava e che non si voleva che contasse. Espulsa dalla gestione dei conflitti africani, ignorata nel dibattito finanziario, messa in fila per il Wto. E duramente offesa nell’intera vicenda jugoslava, fino al bombardamento di Belgrado e all’indipendenza del Kosovo. Ammessa in sala riunioni solo là dove era indispensabile che ci fosse, nel negoziato con l’Iran e nella crisi siriana. Peggio ancora: con gli ultimi presidenti americani, da Clinton, via George Bush Junior, fino a tutto Obama compreso, gli Stati Uniti hanno manovrato su scala planetaria ignorando platealmente ogni riconoscimento delle zone d’influenza russa, passeggiandovi dentro senza alcun riguardo diplomatico. Tutta l’Asia centrale ex sovietica è stata praticamente occupata dalle loro iniziative: dall’Azerbaigian fino alla Kirghisia. Non dovunque con gli stessi successi. Ma quello che conta, è il significato: Washington semplicemente mandava a dire a Mosca che non avrebbe tenuto in alcun conto il peso della Russia in quelle aree.