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lunedì 11 luglio 2016

Anche la Toscana dice “no” alle sanzioni antirusse, la lotta continua



La reazione a catena continua, una regione italiana dopo l’altra dice “no” alle sanzioni alla Russia, che danneggiano le imprese del Paese. Ora tocca alla Toscana, dove in Consiglio regionale la risoluzione contro le sanzioni è stata approvata all’unanimità.



La Toscana, seppur governata dal Partito Democratico, lancia un forte messaggio a Roma e si aggiunge al coro delle regioni che esercitano pressione sul governo Renzi per eliminare le misure restrittive contro Mosca.
Rispetto a Germania e Francia, l'Italia ha visto un fenomeno tutto particolare: le regioni, Veneto e Lombardia fra quelle più colpite dall'embargo, una dopo l'altra reagiscono e prendono in mano la situazione. Quale sarà la prossima regione? Quali effetti a livello nazionale si potranno raggiungere? Sputnik Italia ha raggiunto per un'intervista Manuel Vescovi, primo firmatario della risoluzione, presidente della Lega Nord nel consiglio regionale della Toscana.
— È stato approvato il testo della risoluzione sulle sanzioni alla Russia. Manuel Vescovi, che cosa chiedete al governo?
Manuel Vescovi, presidente della Lega Nord nel consiglio regionale della Toscana
— Io sono il primo firmatario della risoluzione, poi abbiamo concordato il testo con tutte le forze. È da notare che il testo è passato all'unanimità. La risoluzione impegna la Regione Toscana a fare pressione sul governo italiano affinché l'embargo contro la Russia si elimini. Queste sanzioni stanno provocando un danno alle nostre aziende ed è una follia. È come se io mi tagliassi le mani se mangio troppo. Siccome ho tanta fame, mi taglio le mani, è una pura follia.
Proprio per questo, secondo noi, quest'Europa va cambiata, deve essere un'Europa dei popoli e non dei burocrati. L'Italia aveva ottimi rapporti commerciali con la Russia, il governo italiano sta completamente sbagliando linea secondo me, come l'Unione europea. Renzi, che è una persona non eletta da nessuno come presidente del Consiglio ed è un nominato, si guardi un po'attorno e capisca che oggi l'economia italiana e quella russa devono poter commercializzare.
— Ormai sono quattro le regioni italiane che hanno approvato una risoluzione contro le sanzioni alla Russia. Solo in Italia c'è stata questa reazione a catena. Secondo voi riuscirete a coinvolgere altre regioni ancora?
— Secondo me sì. Il Veneto, la Lombardia e la Liguria hanno fatto una risoluzione più forte, noi abbiamo dovuto adeguarla perché qui governa il Pd di Rossi, che ha delle visioni diverse da Renzi. Il testo è stato adeguato quindi, ma è passato.
Tenere distante la Russia è una follia, perché la Russia non starà ferma, guarderà ad altri mercati. Perdere questi rapporti di buon vicinato, anche culturali oltre che commerciali è folle. Speriamo che le regioni continuino ad esercitare questa pressione sul governo di Roma affinché l'Europa faccia qualcosa.
— A livello nazionale quali sono i suoi auspici? Queste risoluzioni alla fine che risultato otterranno?
— Il mio auspicio è che Renzi vada a casa e che il nuovo governo instauri con la Russia un rapporto ancora più stretto. Bisogna costruire dei ponti con la Russia, come abbiamo scritto nella risoluzione, perché è una potenza mondiale vicina a noi. Il governo italiano sta facendo un grosso danno all'Italia.
— Quali danni ha subito la Toscana per le sanzioni antirusse?
— Le perdite sono state molto importanti. La Toscana aveva tutto l'abbigliamento, il settore del food, il manifatturiero legato alla Russia. Le nostre aziende ci hanno rimesso tantissimo. Ho sentito recentemente gli operatori turistici che lamentano sempre meno presenze russe anche sulle nostre coste.
Renzi non ha mai fatto impresa nella sua vita, non capisce le sofferenze delle imprese. Non avendo mai fatto attività di impresa non capisce questi problemi, ma le aziende falliscono. Diverse aziende stanno aprendo in Russia, l'economia italiana però ci perde. La Russia dal canto suo si guarda attorno e vede altri mercati. Chiudendo questi canali è anche difficile poi riaprirli.
La Russia è un partner fondamentale per la Toscana: nel turismo, nell'interscambio di merci, ma anche nella cultura. Un partner che non dobbiamo perdere.


martedì 7 giugno 2016

Un senatore americano (legalmente) in Siria



Il senatore della Virginia Richard Black è fin dall’inizio della crisi siriana uno dei pochissimi politici americani a parlare in difesa della Siria e del suo popolo contro l’aggressione che questa nazione del Medio Oriente sta subendo da quasi sei anni.
Pochi giorni fa ci ha concesso una video intervista di cui qui riportiamo una sintesi.
Il senatore Black ha raggiunto la Siria attraverso il Libano in un suo recente viaggio ed ha incontrato personalità politiche e militari di entrambi i Paesi nel corso di una serie di incontri informali ma non per questo meno importanti. E’ opinione del senatore che sia tempo che il popolo americano sappia che sono stati gli Stati Uniti ad aver iniziato questa guerra di cui in Occidente si conosce solo la versione ufficiale. Non si è trattato di una insurrezione spontanea come i grandi media cercano di farci credere ma di una operazione segreta e codarda lanciata dal governo Americano per sovvertirne un altro, quello siriano, che non era nemico degli Stati Uniti.
E’ rischioso affermare questa ed altre verità connesse, come testimoniano gli strani ma mortali incidenti capitati in Turchia ad alcuni giornalisti coraggiosi o l’incarcerazione di altri più fortunati, ma è una cosa che deve essere fatta.
Riguardo Palmira, che Black ha visitato accompagnato dai militari siriani,  il senatore è stato chiaro: la cosiddetta “coalizione” occidentale non ha fatto nulla per impedire la presa dell’antica città né ha fatto qualcosa dopo per liberarla o difenderla. Così, uno dei più grandi tesori della civiltà umana ha rischiato di essere cancellato via dalla follia distruttiva delle milizie islamiste. Parole molto dure sono state dette dal senatore nei riguardi della Turchia, definita una vera e propria cleptocrazia [presente nel video al min. 5:30] essendo la Turchia ed il governo del dittatore Erdogan[presente nel video al min. 5:50] coinvolti non solo nella guerra ma anche nel furto continuo del petrolio siriano, dei tesori archeologici della Siria e nel traffico di organi umani.
Parole commoventi sono invece state riservate per il soldato russo Alexander Prokhorenko che si è sacrificato durante un’azione militare e per Khaleed al-Asaad, il vecchio archeologo di Palmira che è stato decapitato dagli islamisti dopo un mese di prigionia. E’ stato un grande onore per Richard Black poter stringere la mano al figlio di quest’uomo.
Tra le personalità incontrate dal senatore Black nel corso del suo viaggio, ci sono il generale libanese Aoun, futuro presidente del Libano, ma soprattutto il presidente Assad e sua moglie Asma: una donna incantevole ed amabile, a tratti perfino timida.  L’impressione che Black si è fatto di entrambi è che siano più vicini all’Occidente di quanto si pensi, in totale contrasto con altre coppie presidenziali di quell’area. E’ facile demonizzare qualcuno prima di conoscerlo, difficile dopo averne fatto la conoscenza.
L’intervento russo ha cambiato le carte in tavola, riconosce Black, e lo ha fatto in meglio, per esempio distruggendo tutte le cisterne con le quali i miliziani trasportavano in Turchia il petrolio rubato ai siriani. Non esiste più l’Unione Sovietica con il suo comunismo e quindi l’atteggiamento Occidentale nei confronti della Russia deve cambiare: la NATO, che in origine è stata un’alleanza ammirevole, ora è diventata uno dei più grandi pericoli per la pace [presente nel video al min. 19:00]. La cosiddetta “coalizione”, continua Black, si coordina con l’Arabia Saudita che è uno dei più grandi sponsor sulla Terra del terrorismo internazionale e con la Turchia il cui presidente ha detto di volere il potere di Adolf Hitler [presente nel video al min. 19:35].
Il senatore Black non si capacita di tutto questo: ironicamente, la Russia è diventata il difensore della civiltà umana e dei valori Occidentali. Di più, Assad must not go dice il senatore perché altrimenti in Siria si scatenerà il caos, come in Libia. La Turchia è poi il principale ostacolo ad ogni processo di pace per questa crisi ed il principale sostenitore dei gruppi terroristi. Non ci sono, continua Black, “ribelli moderati”: sono tutti jihadisti viscidi e violenti.
Con le prossime elezioni presidenziali americane vi è la possibilità di un nuovo inizio per gli Stati Uniti e quindi la possibilità di correggere le scelte passate. Ma di certo non con Hillary Clinton alla presidenza: per il senatore Black, la signora Clinton è una dei leader più assetati di sangue che l’America abbia mai avuto [presente nel video al min. 32:30]. Richard Black ricorda il comportamento di Hillary Clinton all’aeroporto di Tripoli, poco dopo la morte di Gheddafi:  “We came, we saw, he died”  e poi è scoppiata a ridere come fosse una strega [presente nel video al min. 33:00].
Gheddafi è stato un problema per l’America, molti anni fa, ma negli ultimi tempi era un buon amico del governo statunitense. Abbatterlo è stato più che un errore e lo stesso sarebbe con il presidente siriano Assad.
La scelta politica obbligatoria per Richard Black sembra quindi essere Donald Trump nella cui agenda trova spazio la normalizzazione dei rapporti tra Occidente, Russia e  Medio Oriente.
L’ultima domanda non poteva che essere sulla Turchia ed il suo presidente, Recep Tayyip Erdoğan che secondo Black è uno degli uomini più pericolosi della Terra, l’uomo che vuole far risorgere l’impero Ottomano, da sempre nemico dell’Europa e della sua cultura.
Vogliamo concludere con una nota personale: l’intervista dura circa quaranta minuti. Non sono pochi e tuttavia pensiamo meriti di essere vista per intero. Riteniamo che essa non sia solo un insieme di suoni ed immagini ma un documento, storico benché recente, di chi poteva tacere di fronte ad una ingiustizia e non lo ha fatto, di chi poteva voltarsi dall’altra parte ed invece ha preferito guardare ed assumersi delle responsabilità.

Video su YouTube: https://youtu.be/wRRB5TKYZJA
Costantino Ceoldo – Pravda freelance


sabato 7 marzo 2015

Sanzioni Russia: disastro economico per l’Italia, export -38%. Danni per miliardi di euro

obama-renzi-mogherini
Lo dice uno studio dell’International Research Network, Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, che sottolinea: “I volumi nei primi undici mesi del 2014 sono scesi a 24 miliardi di euro circa, dai 28,2 miliardi di euro nello stesso periodo del 2013 (-15,1%)” si legge nel documento che ha avuto in esclusiva askanews. “Il calo ha riguardato sia le importazioni italiane dalla Russia (-17,0%) scese a 15,1 miliardi nei primi undici mesi del 2014 da 18,2 miliardi di euro nello stesso periodo del 2013, sia le esportazioni italiane verso la Russia (-11,7%) passate, nei due periodi, a 8,8 miliardi da 10,0 miliardi di euro”.
In ambito agroalimentare, i dati sul commercio estero italiano evidenziano “un crollo” del “38% nel periodo gennaio- novembre 2014 rispetto allo stesso periodo dell’ anno precedente, particolarmente sostenuto se si tiene conto che le sanzioni sono state adottate solo a settembre”, si legge nello studio. “Si tratta nello specifico dei comparti lattiero caseari, della carne e dell’orto frutta, i quali, presenti nell’interscambio italo-russo con quote ancora contenute (circa l’1% del totale esportato in Russia nei primi undici mesi del 2014), mostravano prima dell’introduzione delle sanzioni spazi interessanti di crescita”.

CLAMOROSO, NYT CONTRO SANZIONI ALLA RUSSIA: ''DANNEGGIANO NOI E RAFFORZANO PUTIN''

CLAMOROSO / IL NEW YORK TIMES SI SCAGLIA CONTRO LE SANZIONI ALLA RUSSIA: ''DANNEGGIANO NOI E RAFFORZANO PUTIN'' (VERO!)

NEW YORK - Samuel Carp, responsabile di Russia ed Eurasia presso l'International Institute for Startegic Studies, e Bernard Saucher, di Ufg Asset Manager, intervengono dalle pagine del "New York Times" - il quotidiano più autorevole delgi Stati Uniti - sul dibattito riguardante la crisi ucraina, e si esprimono clamorosamente contro le sanzioni economiche imposte da Washington, dall'amministrazione Obama, alla Russia.

"Il governo statunitense tende a considerare le sanzioni contro la Russia una politica a basso costo che finira' per costringere (il presidente russo, ndr) Vladimir Putin a cambiare strategia in Ucraina", scrivono i due autori. Tale convinzione, sposata dalla quasi totalita' della politica, dei media e degli analisti statunitensi, "nasconde pero' costi significativi e involontari che finiranno per nuocere agli interessi degli Stati Uniti ben piu' dell'aggressione del Cremlino all'Ucraina". Sono parole come macigni scagliati addosso al presidente e al suo staff di governo.

Anzitutto, le sanzioni commerciali e finanziarie alla Russia "stanno escludendo un paese di 140 milioni di persone da quel sistema finanziario e commerciale globale di cui gli Stati Uniti sono primi beneficiari", e rischiano di far naufragare un obiettivo strategico di Washington sin dalla fine della Guerra fredda: "integrare la Russia nell'economia globale".

martedì 17 febbraio 2015

Nuove sanzioni Ue contro la Russia, che risponderà adeguatamente

Russia - UeDa oggi scattano le nuove sanzioni che l’UE ha introdotto contro 19 persone fisiche e 9 persone giuridiche, tra cui anche dei soggetti russi, che l’Occidente ritiene essere responsabili della destabilizzazione della situazione nell’Est dell’Ucraina. Le sanzioni prevedono il congelamento dei conti bancari e il divieto di ingresso nell’eurozona.
Inoltre è stato deciso di prolungare fino a settembre 2015 le sanzioni individuali varate dall’UE in precedenza. In totale la lista comprende 132 nomi tra personalità ufficiali della Russia e rappresentanti delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, nonché 28 aziende, riferisce l’agenzia RIA Novosti.
La nuova versione della lista dei soggetti sanzionati, intitolata “Council impelenting regulation (EU) 2015/240”, era stata approvata dall’UE alla fine di gennaio dopo il bombardamento provocatorio di Mariupol che, a detta degli abitanti locali, è stato effettuato dai militari del Ministero della Difesa dell’Ucraina. Le autorità di Kiev sostengono però che la parte colpevole siano i miliziani filorussi. Non c’è stata nessuna inchiesta internazionale in merito, ma il 9 febbraio ai ministri degli Esteri dell’UE è stato proposto di approvare le nuove sanzioni che sono state puntualmente approvate e dovevano entrare in vigore il 16 febbraio.

giovedì 5 febbraio 2015

Germania: con le sanzioni alla Russia a rischio 60.000 posti di lavoro


GERMANIA: con le sanzioni a rischio 60.000 posti di lavoro
© Photo: AP/Mark Keppler
L'export tedesco con la Russia è in caduta libera. A pagarne le conseguenze, sono lavoratori e imprese. La Merkel corre ai ripari e propone a Putin “una cooperazione e uno spazio commerciale comune' tra UE e Unione Eurasiatica. In cambio, la solita richiesta di trovare una soluzione pacifica al conflitto in Ucraina. Come se dipendesse solo da Mosca...

“Se si considera che in Germania circa 300.000 posti di lavoro dipendono dall'export con la Russia, ne consegue che un calo stabile del 20% potrebbe portare, nel peggiore dei casi, a una perdita di 60.000 posti di lavoro”. È stato lapidale, Eckhard Cordes, presidente del comitato orientale dell'economia tedesca, nella sua intervista al Rheinischen Post.

In termini di fatturato la perdita è superiore ai 6 miliardi di euro. Il valore totale dell'export tedesco verso la Russia era infatti, ancora pochi mesi fa, di 30 miliardi di euro. Ora, grazie alle sanzioni imposte dagli americani alla UE, è sceso a 24.

Si perchè, come sottolinea ancora Cordes “sono soprattutto gli europei a pagare il prezzo economico di questa crisi politica”, e come osservava sarcastico un uomo d'affari tedesco “gli americani sanno come organizzare sanzioni senza che le loro imprese ne vengano danneggiate”. In effetti il volume d'affari delle imprese americane operanti in Russia non è diminuito in seguito alle sanzioni, ma è anzi addirittura aumentato.

giovedì 22 gennaio 2015

Putin taglia il gas all'Europa

Vladimi Putin taglia il gas all'EuropaLa decisione è stata presa dal presidente Vladimir Putin. Gazprom ha tagliato esportazioni del 60%.
Europa in alert per imminente mancanza di gas naturale. La prossima crisi energetica potrebbe scattare tra qualche ora, causa la dipendenza dalla Russia.
Il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato infatti al colosso energetico Gazprom di interrompere le forniture di gas naturale dirette verso l’Ucraina o che attraversano il paese con l’accusa, stando a un report di Daily Mail, che Kiev starebbe rubando il gas.
Gazprom ha così tagliato le esportazioni all’Europa del 60%, dopo aver interrotto completamente le consegne a sei paesi europei, ovvero alla Bulgaria, alla Grecia, alla Romania, alla Croazia, alla Macedonia e alla Turchia.
Il 40% circa delle esportazioni russe di gas verso l’Europa e la Turchia avviene attraverso la rete ucraina.

lunedì 5 gennaio 2015

Germania e Francia vogliono cessare le sanzioni alla Russia


GERMANIA E FRANCIA PREPARANO LA FINE DELLE SANZIONI ALLA RUSSIA, CHE POTREBBE ESSERE DECRETATA IL PROSSIMO 15 GENNAIO

Il club "normanno" della diplomazia al lavoro per una soluzione del conflitto in Ucraina si riunisce oggi a Berlino, per preparare il summit di Astana del prossimo 15 gennaio, che dovrebbe portare nella capitale kazaka Vladimir Putin, il collega ucraino Petro Poroshenko, il capo dello Stato francese Francois Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel. E' questo, appunto, il formato "normanno", dal primo scambio di vedute tra Merkel, Hollande, Putin e Poroshenko a giugno 2014, alle celebrazioni del 70esimo anniversario dello sbarco alleato.

E dalle consultazioni in Kazakistan potrebbero presto sortire una svolta: dalla Germania e dalla Francia nelle ultime ore sono arrivate importanti dichiarazioni sulla possibilità di revocare le sanzioni contro la Russia, ma il capo del Cremlino sa bene che serve qualcosa di concreto perché questo avvenga.

Così, da oggi entrano nel vivo i negoziati per un'intesa almeno di massima che trasformi la tregua rinnovata nell'Est ucraino in un periodo di transizione verso la pace vera e propria. Quello di oggi nella capitale tedesca "sarà un incontro meramente pratico - ha dichiarato all'agenzia Tass il viceministro russo degli Esteri Grigory Karasin - la cosa principale è discutere i preparativi e, naturalmente, l'applicazione degli accordi di Minsk". L'Ucraina, ha confermato la sua partecipazione. Secondo fonti russe, presto ci dovrebbe essere un incontro a livello di ministri degli Esteri. A remare a favore di un'intesa meno precaria della tregua in vigore, sempre sulla base degli Accordi di Minsk, ci sono le comuni difficoltà, acuite dalla stagione invernale.

sabato 3 gennaio 2015

Italia in guerra: Caccia italiani nel Baltico per operazioni Nato anti-Russia


Il 27 dicembre quattro caccia multiruolo Eurofighter “Typhoon” dell’Aeronautica militare italiana sono giunti nella base lituana di Siauliai per partecipare alla Baltic Air Patrol (BAP),
l’operazione Nato di “pattugliamento” e “vigilanza” dei cieli del Baltico e di “difesa” aerea di Estonia, Lettonia e Lituania, partner orientali dell’Alleanza atlantica. I caccia, gli equipaggi e il personale impegnati nella missione che durerà sino all’aprile 2015 provengono dal 4° Stormo dell’Aeronautica di Grosseto, dal 36° Stormo di Gioia del Colle (Bari) e dal 37° Stormo di Trapani-Birgi.
L’Italia assumerà il comando della BAP con i “Typhoon” a partire dal 1° gennaio 2015. Alla missione Nato parteciperanno anche quattro caccia Mig-29 delle forme armate polacche schierati anch’essi a Siauliai, quattro “Typhoon” spagnoli di base nell’aeroporto militare di Amari (Estonia), quattro cacciabombardieri belgi F-16 a Malbork (Polonia) e altri quattro velivoli d’attacco britannici attesi nel Baltico a gennaio. I caccia sostituiranno i 16 velivoli che erano stati assegnati sino ad oggi dal Comando Nato alla Baltic Air Patrol (caccia “Eurofighter” tedeschi, F-18  canadesi, F-16 olandesi e portoghesi).

lunedì 29 dicembre 2014

Putin firma nuova dottrina militare: nomina NATO e USA come minacce principali

Il sottomarino a propulsione nucleare Yury Dolgoruky (RIA Novosti / Pavel Kononov).
La Russia ha adottato una versione aggiornata della sua dottrina militare, che riflette l’emergere di nuove minacce contro la sua sicurezza nazionale. Sono elencati tra di esse il riarmo militare della NATO e la strategia dell’American Prompt Global Strike (trad.: “Attacco Fulmineo Globale Americano”, lo sviluppo di un sistema inteso ad assicurare un attacco di precisione con armi convenzionali ovunque nel mondo entro un’ora, NdT).
La nuova dottrina è stata approvata venerdì 26 dicembre dal presidente Vladimir Putin. Il suo nucleo rimane invariato rispetto alla versione precedente. Le forze armate russe rimangono uno strumento di difesa che il paese si impegna a utilizzare solo come estrema risorsa.
Rimangono invariati anche i principi sull’uso delle armi nucleari ai quali aderisce la Russia. Il loro obiettivo primario è quello di scoraggiare i potenziali nemici dall’attaccare la Russia, ma sarebbero utilizzate per proteggersi da un attacco militare – sia nucleare che convenzionale – qualora questo minacciasse la sua esistenza.
Le nuove sezioni della dottrina delineano la minaccia vista dalla Russia nell’espansione militare e riarmo della NATO e nel fatto che l’alleanza sta assumendo «funzioni globali realizzate in violazione del diritto internazionale.»

mercoledì 24 dicembre 2014

USA E NATO PREPARANO LA GUERRA CON LA RUSSIA?

aereoDI MICHEL CHOSSUDOVSKY 
Global Research

Già con il Summit della NATO in Galles, lo scorso settembre si è preparato il campo. 

Negli ultimi mesi sono state lanciate parecchie iniziative militari contro la Federazione russa, inclusa una esercitazione di war games in Europa Orientale, un addestramento militare per le forze speciali schierate in  Ucraina.  

Queste iniziative militari sono condotte in coordinamento con una campagna di propaganda mediatica e un programma di "terrorismo economico” che consiste in sanzioni economiche dirompenti, nel congelamento delle transazioni monetarie e dei commerci, nella manipolazione fraudolenta dei mercati del petrolio, delle monete, etc.  La campagna mediatica è basata sulla presentazione della guerra, come se si trattasse di una impresa umanitaria. 

Il punto dove vorrebbe portare il gioco della guerra consite nell'indebolimento della Federazione Russa, nel minare le sue istituzioni e nell'impoverire la sua popolazione.
Nel frattempo, il Congresso USA ha fatto passare una legge che accende -  de facto - un semaforo verde che permette al Presidente Obama didichiarare guerra alla Russia.
I rapporti hanno inoltre confermato che Washington sta contemplando un "cambio di regime" nella Federazione russa, per installare al Cremlino un governo più compiacente . Secondo il Presidente Vladimir Putin:
“Stiamo vedendo le tragiche conseguenze delle cosiddette rivoluzioni colorate e le tribolazioni delle popolazioni di Stati che sono stati sottoposti a questi esperimenti irresponsabili, inconsapevolmente talvolta ma anche ... palesemente, altre volte, di interferenza nella loro vita ...Questa è una lezione e un monito per noi che faremo tutto il possibile per evitare che questo  avvenga anche in Russia"(Citazione daSputnik, 20 nov. 2014)
Una minaccia militare combinata con una "guerra economica" serve per creare instabilità sociale ed economica nella Federazione russa. Anche la guerra informatica è uno strumento di intervento diretto contro i sistemi di comunicazione del nemico.

Le esercitazioni militari USA-NATO condotte negli ultimi mesi in Europa orientale e nei paesi baltici sono state esplicitamente dirette contro la Russia.Secondo Moscaconsistevano in "attività per far alzare il livello delle funzioni di risposta" oltre che per spostare le "infrastrutture militari della NATO sui confini russi".

A metà dicembre, il Gen. James Stavridisex comandante della Nato in Europa, ha invitato l'Alleanza atlantica ad "inviare armi e consiglieri militari in Ucraina per aiutarlo a combattere i separatisti supportati da Mosca."

venerdì 19 dicembre 2014

LE FIGARO: IL CROLLO DEL RUBLO E L’OPERAZIONE DI SALVATAGGIO DI PUTIN SPIEGATA DA JACQUES SAPIR

http://www.sapereeundovere.it/
http://www.sapereeundovere.it/
Jacques Sapir spiega sul quotidiano francese Le Figaro l’azione del Presidente Putin per contrastare la crisi del rublo, strategia che ha provocato un bagno di sangue per gli speculatori.  Sapir spiega anche i costi di questa strategia e la probabile svolta che ne seguirà. Ma chi paragona la crisi attuale a quella del 1998, o non conosce l’economia russa, o è in malafede.
di Jacques sapir, 18 dicembre 2014
Questo mercoledì 17 dicembre il rublo ha avuto una sessione turbolenta, ma gloriosa. Si è apprezzato nei confronti del dollaro di oltre il 15%,  e di più del 22% rispetto all’euro.  Nello stesso tempo, la Borsa di Mosca è salita del 17%. Questi movimenti, paragonabili in grandezza al drammatico declino di martedì 16, non hanno tuttavia riscosso la stessa attenzione. Ma non sono meno interessanti. Mostrano la capacità di rimbalzo dell’economia russa. Ma, andando oltre questa semplice constatazione, bisogna interrogarsi sulle scelte che sono state fatte da parte delle autorità.
La conferma della strategia del governo russo?
Nel breve termine la strategia del governo e della Banca Centrale sembra funzionare. Più che l’aumento del tasso di interesse al 17%, sembra che sia stato l’impegno delle riserve del Ministero delle Finanze e della Banca centrale ad aver causato questo notevole rialzo. E’ un rialzo molto importante, perché comporta pesanti perdite per gli speculatori che puntavano sul calo del rublo. Questa strategia deve assolutamente proseguire nei prossimi giorni per rendere queste perdite irreversibili e ridare fiducia alla popolazione russa.

Cuba-USA: La storia di un soffocante embargo criminale

embargo cuba
Il 28 ottobre, all’Assemblea Generale dell’ONU, si è votata, per l’ennesima volta, la rimozione del blocco economico contro Cuba. Sui 193 paesi rappresentati, solo gli Stati Uniti d’America e Israele hanno votato contro, tre gli astenuti.
Ma tutti sanno cosa implica realmente l’embargo? 
Stando al diritto internazionale, è legale quello che fa il governo degli USA?
Ecco alcune informazioni concrete per capire meglio la questione e schierarsi a fianco di Cuba “senza se e senza ma”.
Le prime sanzioni economiche contro Cuba furono messe dal presidente USA Eisenhower nel 1960, come reazione all’ondata di nazionalizzazioni intrapreso dal governo rivoluzionario dell’isola, e nel 1962 l’amministrazione democratica di Kennedy le ampliò a tutti i settori facendole diventare totali.
L’impatto fu terribile, dato che nel 1959, per ovvie ragioni geografiche e storiche, ben il 73% delle esportazioni erano verso gli Stati Uniti, e il 70% provenivano da quello stesso territorio.

venerdì 12 dicembre 2014

Putin fa affari d'oro con Cina e India alla faccia dell'UE

LA MARCIA TRIONFALE DELLA RUSSIA DI PUTIN IN ASIA: DOPO I COLOSSALI CONTRATTI CON LA CINA, ORA E' LA VOLTA DELL'INDIA

LA MARCIA TRIONFALE DELLA RUSSIA DI PUTIN IN ASIA: DOPO I COLOSSALI CONTRATTI CON LA CINA, ORA E' LA VOLTA DELL'INDIA

Isolato in Occidente? Forse è l'Occidente ad essere isolato da Putin, che alle prese con le pressioni delle sanzioni e le complicazioni economiche generate dal petrolio in stagione di saldi, continua la sua marcia trionfale verso Est, alla ricerca di opportunità per l'economia russa.

E in India oggi il presidente russo ha firmato una serie di accordi nel settore energetico e della difesa, tra i quali spicca l'intesa per la costruzione di una decina nuovi reattori nucleari di concezione russa, annunciata da Narendra Modi. Il premier indiano, che tenta di colmare la distanza tra India e Stati Uniti e che a gennaio avrà Barack Obama tra gli ospiti del Giorno dell'Indipendenza, ha messo in chiaro che Mosca resta un alleato strategico dell'India. Alla faccia della'inquilino della Casa Bianca.

"L'importanza di questa relazione con la Russia e l'unicità del suo posto nella politica estera dell'India non cambieranno", ha detto Modi.

Per Nuova Delhi, ha sottolineato, è di centrale importanza garantire la sicurezza energetica, aspetto "cruciale per lo sviluppo economico del Paese e per la creazione di posti di lavoro".

E qui arriva l'ente statale per l'export di progetti nucleari civili, Atomstroyexport. "Abbiamo sviluppato una visione ambiziosa nell'energia nucleare, con almeno 10 nuovi reattori", ha evidenziato il premier indiano. La Russia ha già costruito un reattore a Kudankulam, nell'Est indiano, e un secondo deve entrare in funzione prossimamente, con forte ritardo sui piani iniziali.

mercoledì 10 dicembre 2014

Nel silenzio dei media, in Ucraina si continua a morire VIDEO

Nelle ultime settimane l’aviazione ucraina ha bombardato pesantemente la zona di Kirovsk, vicino al confine con la Russia. Sganciate anche bombe a frammentazione. (video)

di Franco Fracassi
I media non ne parlano più, ma in Ucraina c’è ancora la guerra e si continua a morire. È il caso della città di Kirovsk: trentacinquemila abitanti, a cinquanta chilometri a ovest di Lugansk, non lontano dal confine con la Russia. Secondo quanto riferiscono le stesse agenzie ucraine, l’aviazione di Kiev da settimane bombarda pesantemente la zona, sotto il controllo dei miliziani del Donbass, senza prestare alcuna attenzione ai civili. Dai video e dalle foto si riconoscono perfino esplosioni dovute a bombe a frammentazione, vietate dalla Convezione di Ginevra.
«Stavo lavorando, quando è venuto giù tutto in seguito a un’esplosione». L’uomo ha appena perso la moglie e la nipote. «Che cavolo di mondo è questo!». Urla, si dispera, insulta il presidente ucraino Petro Poroshenko, accusandolo del bombardamento della sua casa. «Ira. Abbiamo passato trentatré anni insieme! Hanno portato via la mia piccola Sveta!».

lunedì 8 dicembre 2014

Il Congresso USA ha dichiarato guerra alla Russia!

Washington: 410 sì, 10 no. Grande consenso bipartisan prima che il disegno di legge vada al Senato. Carta bianca per la Casa Bianca contro Mosca 



di Pepe Escobar - Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras.

Non riuscirò a sottolineare abbastanza quanto terrificante - e stupido - sia tutto questo.
E adesso è ufficiale.
La risoluzione n. 758 della Camera dei Rappresentanti è stata approvata ieri segnando un risultato travolgente e bipartisan (411 voti contro appena 10 contrari) presso il Congresso USA.
I particolari della ripartizione della votazione si possono leggere qui.


Questa risoluzione, giunta in tutta fretta fino al voto appena due settimane dopo essere stata presentata, descrive la Russia come una "Nazione Aggreditrice" che ha invaso l'Ucraina e che stava dietro l'abbattimento del MH17.

La risoluzione fa praticamente appello a far guerra alla Russia.

Date un'occhiata davvero attenta al linguaggio adoperato.
Il Presidente degli Stati Uniti, in consultazione con il Congresso USA, deve: 
«Condurre una revisione del posizionamento, della prontezza e delle responsabilità delle forze armate degli Stati Uniti nonché delle forze degli altri membri della NATO per determinare se i contributi e le azioni di ciascuno siano sufficienti a soddisfare gli obblighi della difesa collettiva ai sensi dell'articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico e specificare le misure necessarie per porre rimedio a eventuali carenze».
Traduzione: 

sabato 6 dicembre 2014

"L'UE ha sconfitto Putin" dicono i media... IDIOZIE! Vediamo perché...

DI PEPE ESCOBAR
rt.com

Quindi l’UE “ha sconfitto” Putin forzandolo a cancellare il gasdotto South Stream. Così hanno affermato i media occidentali. Idiozie. I fatti concreti parlano diversamente.

Lo stratagemma del “Gasdottistan” continuerà a mandare scosse geopolitiche di grande entità attraverso l’Eurasia per un buon lasso di tempo. In parole povere, alcuni anni fa la Russia aveva ipotizzato di bypassare l’Ucraina, in quanto paese inaffidabile per il transito del gas, attraverso il North Stream – già perfettamente funzionante – e il South Stream – ancora un progetto. Ora la Russia ha intavolato un nuovo accordo con la Turchia per bypassare l’approccio “non costruttivo” (parole di Putin) della Commissione Europea. 

È essenziale un passo indietro per capire il gioco di oggi. Cinque anni fa stavo seguendo nel dettaglio l’ultimo atto della scena del Gasdottistan – la guerra tra i gasdotti rivali South Stream e Nabucco. Nabucco alla fine è stato fatto a brandelli. South Strem potrebbe resuscitare, ma solo se la Commissione Europea ritornasse sana di mente.
Il gasdotto South Stream, lungo 3.600Km, dovrebbe venir ultimato entro il 2016, arrivando fino all’Austria e alla zona dei Balcani/Italia. La Gazprom è proprietaria del 50% - insieme all’ENI (20%), l’EDF francese (15%) e la tedesca Wintershall, una sussidiaria della BASF (15%). Per come stanno le cose, questi colossi europei dell’energia non stanno facendo i salti di gioia – per essere riduttivi. Per mesi la Gazprom e la CE hanno trattato per giungere ad una soluzione.

Alla fine Bruxelles si è fatta fuori da sola.
La Russia riuscirà comunque a costruire un gasdotto sotto il Mar Nero – ma ora lo dirigerà verso la Turchia e, punto fondamentale, movimentando la stessa mole di gas che sarebbe passata attraverso South Stream. In aggiunta la Russia riuscirà a costruire un nuovo hub per il GLN (gas liquefatto naturale) nel Mediterraneo. Quindi la Gazprom non ha speso 5 miliardi di dollari invano (costi finanziari ed ingegneristici). La deviazione ha perfettamente senso anche dal punto di vista del business. La Turchia è il secondo cliente della Gazprom dopo la Germania, molto più grande di Bulgaria, Ungheria e Austria messe assieme.

mercoledì 3 dicembre 2014

Sanzioni economiche alla Russia: quali conseguenze per l’Italia?


I tg nostrani e i mass media mainstream hanno, negli ultimi mesi, parlato della volontà di U.S.A. e U.E. (e quindi anche del nostro paese) di applicare sanzioni economiche alla Federazione Russa. Questo articolo vuole parlare delle conseguenze di queste sanzioni per il nostro paese, che sono state taciute (non casualmente) dai mezzi d’informazione più diffusi e conosciuti. L’Italia ha infatti con la Russia fruttuosi rapporti economici che sono un valido sostegno a un’economia ormai arrancante, e privarsi dei conseguenti proventi di questi rapporti è una decisione assolutamente autolesionista.
Guardando, ad esempio, al 2013, vediamo che l’Italia ha esportato in Russia prodotti pari a 10,4 miliardi di euro, posizionandosi quindi come quinto fornitore con una quota di mercato del 4,8%. Analizzando alcuni dei settori più colpiti presi singolarmente, vediamo che abbiamo esportato accessori e moda per 935 milioni di euro, arrivando come primi fornitori in questo settore per la Russia dopo la Cina. L’export automobilistico aveva registrato una significativa crescita rispetto al 2012, che grazie alle sanzioni ora possiamo depennare dall’elenco. Ma è osservando gli scambi economici di quest’anno, non ancora concluso, che possiamo avere un quadro più preciso della situazione. Infatti, la risposta di Mosca non si é fatta attendere, limitando o addirittura bloccando l’import italiano in Russia, appesantendo ulteriormente i danni che la nostra economia dovrà sopportare. La Coldiretti (Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti) parla di blocchi di interi container di formaggio e di rescissione di numerosi contratti ortofrutticoli, eventi che si traducono nella perdita del 2% dei 5,4 miliardi di prodotti agroalimentari destinati all’estero dell’Emilia Romagna.

lunedì 1 dicembre 2014

Putin a muso duro: “Non minacciamo nessuno, ma guai a chi ci provoca!”

Putin: “Non minacciamo nessuno, ma guai a chi ci provoca!”
Il 26 novembre, incontrando a Sochi i dirigenti delle Forze armate, Vladimir Putin ancora una volta ha spiegato con molta chiarezza la posizione della Russia sui problemi di politica internazionale.

Il messaggio politico è questo: Mosca non intende aggredire nessuno, ma non permetterà neanche di coinvolgerla in intrighi geopolitici.
Questa dichiarazione del presidente russo, come del resto tutte le altre degli ultimi tempi, s’inquadra nell’analisi della situazione in Europa, in rapida evoluzione dopo l’inizio della crisi attorno all’Ucraina
Putin ha fatto capire la Russia non sta dimostrando alcuna aggressività, ma è pronta a dinfendere la sua sicurezza e quella dei suoi amici con tutti i mezzi che saranno necessari.
Non minacciamo nessuno e non intendiamo intervenire in intrighi geopolitici di qualunque tipo e, tanto meno, nei conflitti, per quanto qualcuno cercasse di coinvolgerci. Al tempo stesso dobbiamo difendere in maniera sicura la sovranità e l’integrità della Russia e la sicurezza dei nostri alleati. In modo particolare attiro la vostra attenzione sulla necessità di usare un approccio integrato per coordinare gli sforzi di tutti gli organismi statali nell’ambito dell’assolvimento dei compiti relativi alla sicurezza del paese.

sabato 22 novembre 2014

L’America attacca la Russia con il prezzo del greggio

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Di redazione Stato e Potenza 
Basta dare uno sguardo ai soli titoli di testate e siti-web di economia internazionale, nelle sezioni dedicate alle commodities, per rendersi conto che il prezzo del barile di petrolio che alcuni anni fa veleggiava su livelli record dando argomenti a profeti catastrofisti e complottardi del ‘Peak Oil’ (che vengono fuori come le termiti dalle travi a intervalli regolari, salvo ritornarvi quando la realtà dei fatti non si degna di venire incontro ai loro ‘Al Lupo, Al Lupo!’) abbia preso una tendenza al ribasso rispetto ai costi già molto diminuiti dall’inizio della Crisi con la conseguente recessione di molte economie occidentali.
Il barile di greggio a Novembre 2014 costa qualche spicciolo meno di 79 dollari Usa, contro i 105 $ di giugno scorso, i 111 di febbraio 2012 e i 116 di aprile 2011 (ed era al record storico di 145 dollari a febbraio 2008); un crollo di oltre 25 dollari nel giro di quattro mesi è ragguardevole, certo, non sono i sedici dollari (16 USD per barile) toccati nel Natale 1998, ma è sicuramente una diminuzione degna di nota.
Ma cosa l’ha causata? Diminuita domanda internazionale? Scoperta di nuovi enormi giacimenti? La ‘bolla’ dello Shale Oil? Tutte queste cause hanno contribuito, ma il motivo principale è molto più semplice e molto legato alla geopolitica dei recenti avvenimenti internazionali: Arabia Saudita e regni ed emirati assortiti della parte sunnita del Golfo Persico, tutti regimi conservatori più o meno fortemente legati agli Usa e ai loro interessi strategici, hanno cominciato a ‘lanciare’ sul mercato enormi quantità di petrolio, facendone precipitare (come è ovvio) il prezzo medio.
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