domenica 6 aprile 2014

Zbigniew Brzezinski e gli Stati Uniti: la “necessaria” crisi in Ucraina.

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Di Andrea Minciaroni
Con il crollo dell'Unione Sovietica, gli Stati Uniti hanno capito che il dominio unipolare atlantista passava necessariamente per quell'area che Halfrod Mackinder definì Heartland in riferimento alla parte centrale del continente eurasiatico, corrispondente non solo alla Russia ma anche alle province limitrofe. Celebre rimase la frase del geografo inglese: "Chi controlla l'est Europa controlla l'Heartland, chi controlla l'Heartland comanda l'isola-mondo, chi comanda l'isola-mondo, comanda il mondo".
Il 30 marzo del 2008 Zbigniew Brzenzinski membro della commissione Trilaterale ed ex consigliere per la sicurezza nazionale durante la presidenza di Jimmy Carter, dichiara apertamente che gli Stati Uniti D’America hanno il dovere di cogliere “l’opportunità del momento unipolare” nato a seguito del crollo dell’Unione Sovietica il 25 dicembre 1991.  Bisogna ripartire da queste considerazioni per capire realmente quali interessi stiano muovendo la crisi in Ucraina da qualche mese a questa parte. Al di là di tutto quello che è stato già detto e confessato apertamente, dalla telefonata tra il ministro degli esteri estone e il commissario Ue agli affari esteri Caterine Ashton, dai legami dei neonazisti di Svoboda con Washington, fino al famoso fuck UE sfuggito a Victoria Nuland in una conversazione telefonica intercettata dai russi, dove insieme all’ambasciatore americano di Kiev discutevano le nomine per il nuovo governo post Yanukovich, quello che ci interessa riprendere qui non sono tanto gli eventi singoli in sé, quanto inquadrare la crisi dell’Ucraina in una visione strategica a lungo termine, perpetuata anche grazie al contributo di una della personalità più influenti nel determinare le scelte in politica estera degli Stati Uniti, da almeno quarant’anni a questa parte: stiamo parlando di Zbigniew Brzenzinski.

Lo spazio post-sovietico costituito dalle ex repubbliche dell’URSS, tra cui anche l’Ucraina, rappresenta secondo Z.Brzenziski, dai tempi della presidenza Carter e dell’intervento in Afghanistan del ’79, un’area fondamentale per gli interessi statunitensi. Per impedire alla Russia di riottenere il controllo diretto sulla  quella enorme distesa territoriale, costituita oggi da diversi paesi che collaborano in modo attivo attraverso cooperazioni energetiche economiche e militari con il presidente Vladimir Putin, le diverse amministrazioni Usa, da Bush a Obama, hanno pianificato attraverso la supervisione di diversi consiglieri per la sicurezza nazionale tra cui Z.Brzenziski, una serie di interventi volti a stabilizzare le regioni chiave di quella zona, con l’obiettivo di contenere la spinta russa per la creazione di un multipolarismo eurasiatico, e favorire un dominio atlantico unipolare a guida nord-americana. Con il crollo dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti hanno capito che il dominio unipolare atlantista passava necessariamente per quell’area che Halfrod Mackinder definì Heartland in riferimento alla parte centrale del continente eurasiatico, corrispondente non solo alla Russia ma anche alle province limitrofe. Celebre rimase la frase del geografo inglese: “Chi controlla l’est Europa controlla l’Heartland, chi controlla l’Heartland comanda l’isola-mondo, chi comanda l’isola-mondo, comanda il mondo”.
La crisi in Ucraina, le infiltrazioni statunitensi, il regime-change voluto da Barack Obama con la scusa delle repressioni perpetuate da Yanukovich, sono quindi un insieme di eventi che  possono essere letti da questo punto di vista. Non sorprende come nel 1997 lo stesso Z.Brzezinski, nel suo libro La grande scacchiera, definì l’Ucraina: il più importante spazio dello scacchiere eurasiatico, in grado di cambiare i rapporti di forza tra gli Stati Uniti e la Russia. “Senza l’Ucraina, la Russia cessa di essere un impero eurasiatico. [...] Ma se Mosca riconquista il controllo dell’Ucraina con i suoi 52 milioni di abitanti e grandi risorse naturali, oltreché l’accesso al Mar Nero, la Russia riconquisterà automaticamente le condizioni che ne fanno un potente stato imperiale esteso tra Asia ed Europa”. Ottenere il controllo indiretto dell’Ucraina da parte degli Stati Uniti, attraverso un regime filo-occidentale, favorevole all’entrata nella NATO, significa quindi ridurre ulteriormente lo spazio d’influenza russo, avvicinando le installazioni missilistiche e le basi militari americane direttamente lungo la frontiera con la Russia. Oltre alla possibile perdita della base navale presente a Sebastopoli sul Mar Nero, e alla perdita degli interessi energetici nella zona del Caspio, quello che preoccupa più di tutto Vladimir Putin è la concreta possibilità di rendere ulteriormente ricattabile il proprio paese a fronte di un accerchiamento militare non più sostenibile e tollerabile. Non va forse letto anche in quest’ottica lo scudo missilistico in Europa voluto dalla NATO ? e le rivoluzioni colorate del 2003 in Georgia e del 2004 proprio in Ucraina non dipendono forse da una visione geopolitica che gli Stati Uniti, da Kissinger fino a Z.Brzezinsky stanno cercando di portare avanti per impedire in tutti i modi il controllo della Russia su uno spazio di vitale importanza per gli equilibri geopolitici internazionali ?
Alla luce di quanto detto non sorprendono le recenti dichiarazioni rilasciate da Z.Brzezinski a seguito del referendum in Crimea: ” Lui [ Vladimir Putin ndr ] vuole ricostruire l’Unione Sovietica. L’Ucraina è la posta in palio. Se può averla, farà un passo avanti in questa impresa “
Quando si archivia la guerra fredda come un periodo storico appartenente ad un passato remoto si dovrebbe riflettere sul fatto che persone come Z.Brzezinski o Henry Kissinger che hanno attraversato l’intero periodo dello loro esistenze a combattere il “mostro” dell’Unione Sovietica in qualsiasi parte del mondo, sono più vive che mai, e sono ancora in grado di orientare quelle scelte che negli Stati Uniti non hanno mai avuto e non avranno mai un solo colore politico.

Fonte: lintellettualedissidente.it

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