sabato 25 ottobre 2014

Perchè hanno ucciso Gheddafi 2.0


Oggi risulta difficile guardare con ottimismo tanto al futuro del progetto quanto a quello del popolo libico. Per la loro democrazia dovevano eliminare quel "cattivo dittatore" che sognava di dare acqua gratis a tutti per mille anni, a quel "cane rabbioso" che voleva rendere verde come la bandiera della Libia il deserto più arido al mondo, ed oggi, dopo le bombe di pace, dopo la morte di Mu'Ammar Gheddafi, la Libia è un inferno, e l'Africa ed il medioriente intero hanno perso quello straccio di stabilità che il Rais riusciva, nonostante tutto, a garantire.

È doveroso dissociarsi dal delittuoso oblio della memoria promosso con le menzogne dalla propaganda nostrana, è doveroso riabilitare e mantenere vivo il ricordo di un leader che sognava libertà per il suo popolo, è doveroso raccontare le criminali azioni eseguite dalla NATO per impedirglielo. Ecco perchè dopo aver descritto i motivi che hanno spinto le nazioni alleate ad abbattere con la forza il regime di Mu’Ammar Gheddafi, tra i quali i suoi tentativi di liberare la Libia e l’Africa tutta dalle dipendenze occidentali nella politica, nell’economia e nella tecnologia, ho deciso di continuare con la serie di articoli “Perchè hanno ucciso Gheddafi?”.

Risale al lontano 1953, casualmente, durante la ricerca di giacimenti petroliferi nel deserto a sud della Libia, la scoperta di enormi bacini d’acqua fossile accumulati durante il periodo della glaciazione. Dopo il colpo di stato del 1 settembre 1969, ai danni di re Idris e Hasan, giudicati dal popolo libico troppo filo-occidentali e poco curanti del benessere della nazione, il nuovo governo Jamahiriyya guidato da Gheddafi ha avuto tra i primi obiettivi quello di nazionalizzare le compagnie petrolifere e di utilizzare i relativi proventi al fine di fornire l’ acqua potabile, considerata un diritto, a tutto il paese.



Così, nei primi anni di governo fu concepita la titanica opera “Great Man Made River” che vide luce nel 1984, quando Gheddafi pose la prima pietra per la costruzione del tubificio a Brega. Da allora iniziarono gli scavi per la costruzione di un enorme fiume artificiale con lo scopo di desalinizzare e trasportare 6.500.000 metri cubi di acqua potabile al giorno dai bacini del deserto fino alle città. Per realizzarlo furono costruiti più di 500.000 tubi in calcestruzzo, migliaia di chilometri di autostrade, sui quali i camion da trasporto hanno percorso in totale una distanza superiore al doppio di quella dalla terra al sole, per realizzare tutto ciò fu sostenuta dal governo libico una spesa totale di oltre 35 miliardi di dollari. Fu tale la maestosità di quest’opera che ancora oggi è definita dai libici “L’ottava meraviglia del mondo”. Il progetto si componeva di cinque fasi, tre delle quali sono state completate prima della guerra del 2011. Nel 1996 durante l’inaugurazione d’apertura della seconda fase Gheddafi disse: “Questa è la più grande risposta all’ America e tutte le forze del male che ci accusano di essere coinvolti con il terrorismo. Siamo preoccupati solo della pace e del progresso. L’America è contro la vita e spinge il mondo verso l’oscurità”.

Il Great Man Made River, non solo ha migliorato molto la qualità della vita di tutti i cittadini libici, fornendo acqua dolce in quantità in uno dei luoghi più aridi della terra, dunque la disponibilità di dissetare se stessi, il bestiame, di lavarsi e radersi quotidianamente, ma ha creato le condizioni per lo sviluppo e la diversificazione di un’economia basata soltanto sul commercio d’idrocarburi, favorendo la nascita di un ampissimo spazio di produzione alimentare, coltura di cereali, frutta, verdura, alimenti per animali, in pieno deserto, dando al paese sia la possibilità di sganciarsi dal fabbisogno esterno di acqua e alimenti, che un posto di primato nell’ agribusiness, diventando competitor di grandi multinazionali e di stati leader nel settore come Israele o California. Oltretutto grazie alle competenze specializzate sviluppate dai cittadini libici durante la costruzione del progetto, la Libia è diventata un paese leader anche nella progettazione idrogeologica, ed ha cercato di utilizzare tali competenze per favorire altri stati africani.

Invece di appoggiare questo progetto con tutti i vantaggi che ne derivavano per l’Africa, enti sovranazionali come la Banca Mondiale, le Nazioni Unite ed il Fondo monetario internazionale, sfruttando un contesto globale dove il fabbisogno di acqua è soddisfatto per poco più di metà della popolazione, il consumo aumenta più che proporzionalmente rispetto alla crescita demografica e le riserve d’acqua diminuiscono insieme ai terreni agricoli, a partire dagli anni 90, hanno spinto gli stati a forme sempre più aggressive di privatizzazione, monopolizzazione e conseguente tariffazione delle risorse idriche. Questo genere di politiche rientrano nello schema di asservire i popoli attraverso il controllo delle loro risorse, cosa al quale Gheddafi ha sempre cercato di opporsi in tutti i settori, dall’ energetico al finanziario, dal militare all’alimentare.

Il resto è storia. Il progetto ha raggiunto la sua terza fase quando, durante la guerra in Libia, nonostante il governo abbia avvertito che “se il Great Man Made River venisse danneggiato, sarebbe una catastrofe umanitaria ed ambientale”, il 22 luglio 2011, i padroni occidentali hanno effettuato gli ormai consueti “bombardamenti umanitari” a Berga, distruggendo il principale tubificio per la manutenzione delle strutture e un importante luogo di fornitura d’acqua attraverso gasdotto. Oggi risulta difficile guardare con ottimismo tanto al futuro del progetto quanto a quello del popolo libico. Per la loro democrazia dovevano eliminare quel “cattivo dittatore” che sognava di dare acqua gratis a tutti per mille anni, a quel “cane rabbioso” che voleva rendere verde come la bandiera della Libia il deserto più arido al mondo, ed oggi, dopo le bombe di pace, dopo la morte di Mu’Ammar Gheddafi, la Libia è un inferno, e l’Africa ed il medioriente intero hanno perso quello straccio di stabilità che il Rais riusciva, nonostante tutto, a garantire.


Fonte: lintellettualedissidente.it


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