SOTTO IL LAGO PERTUSILLO IL PIÙ GRANDE GIACIMENTO DI IDROCARBURI D’EUROPA. ENI E SHELL TRIVELLANO SENZA SOSTA. I PESCI MUOIONO E LE COLTIVAZIONI MARCISCONO.
Di Edoardo Bettella - popoffquotidiano.it
Ogni giorno 2.658.861 uomini, donne, bambini bevono l’acqua proveniente dal lago Pertusillo. La popolazione delle province di Bari, Taranto e Lecce. Con la stessa acqua, vengono irrigati i campi della Basilicata che producono alcune tra le eccellenze dell’agricoltura italiana: vino doc e biologico, olio, fagioli, peperoni, frutta.Accade che, nel 2011, il lago inizia a puzzare. La brina del mattino, segno di una notte che se ne va e di un nuovo giorno che nasce, brucia le piante su cui si poggia, appena viene toccata dai primi raggi del mattino. È acida. Accade che l’uva, quando la si mette in bocca, sa di petrolio. Anzi, in molti nemmeno riescono ad assaggiarla: è già tanto se si riesce ad arrivare al raccolto. Accade che la pera campanella, peculiarità lucana, non riesce più a maturare sull’albero, come dovrebbe, perché cade prima. E accade che le carpe, pesci che vanno a cercare il cibo tra i sedimenti del fondale, muoiono.
L’area in cui si trova il Pertusillo, la Val d’Agri, si trova nella Basilicata occidentale, e ospita anche il più grande giacimento di idrocarburi in terraferma d’Europa. E, da anni, l’Eni e la Shell trivellano senza sosta. I pozzi si trovano proprio in prossimità del lago e dei fiumi immissari. Secondo le autorità competenti, però, non c’è rischio di inquinamento: «Se in Basilicata c’è un problema di inquinamento da polveri sottili è in centro a Potenza e non certo in Val d’Agri», dichiarò nel 2012 l’ex presidente Pd della Regione Basilicata Vito De Filippo, ora sottosegretario alla Salute nel governo Renzi.
L’Eni, tramite Enrico Cingolani, vice presidente esecutivo per la regione Europa meridionale e orientale, ha sostenuto, sempre nel 2012: «Un sistema di controllo puntuale ed efficiente è la migliore assicurazione sui nostri investimenti, la nostra forma di tutela più forte. Stiamo per consegnare alla Regione le chiavi di una rete di monitoraggio unica in Italia e probabilmente in Europa, capace di verificare non solo la qualità dell’aria, ma anche dell’acqua e degli ecosistemi, che verifica la soglia del rumore e quella del cattivo odore, vigilando anche su eventuali rischi».
Nel 2011, però, l’Ehpa (Associazione per la tutela della salute e dell’ambiente di Basilicata) in collaborazione con l’Oipa (Guardie eco-zoofile di Potenza) ha compiuto delle analisi sui sedimenti del lago, provando a dare delle risposte. I risultati sono stati sconcertanti: nelle acque le concentrazioni di idrocarburi superano i limiti di riferimento: esse misurano fino a 6.458 microgrammi/litro, e cioè sono fino a 646 volte superiori al limite di dieci microgrammi/litro fissato dall’Istituto superiore di Sanità. Non solo. È stata trovata anche la presenza di bario, una sostanza altamente inquinante, potente veleno per gli organismi, usata dalle industrie petrolifere per i fanghi di trivellazione ad alto peso specifico.
IL LAGO PERTUSILLO, NELLA VAL D’AGRI (BASILICATA OCCIDENTALE). SOTTO E INTORNO A QUESTE ACQUE SI TROVA IL PIÙ VASTO GIACIMENTO DI IDROCARBURI D’EUROPA.
Giuseppe Di Bello, tenente della polizia provinciale di Potenza, che aveva già condotto autonomamente delle indagini sullo stato delle acque inquinate del Pertusillo, è stato condannato a due mesi e venti giorni di reclusione, per aver diffuso quelle informazioni. «Abbiamo scoperto l’incidenza dell’attività estrattiva petrolifera sull’invaso, di estrema importanza per la salute pubblica dei cittadini lucani, ma anche pugliesi. Abbiamo scoperto che i dati sull’inquinamento non venivano resi pubblici. Abbiamo trovato idrocarburi, metalli pesanti e alluminio, in quantità tale da provocare artificialmente anche l’insorgenza del morbo di Alzheimer. Abbiamo trovato alifatici clorurati cancerogeni, che come dice la stessa parola sono cancerogeni, piombo, il bario. Abbiamo trovato tutta una serie di elementi che non sono originati dallo sgretolamento delle rocce dentro l’invaso, non sono prodotti naturali, ma ci sono arrivati perché c’è un’attività intensiva di estrazione petrolifera e tutto ciò che ne deriva, perché per arrivare ad estrarre ci vogliono i fanghi e questi fanghi possono insinuarsi nelle falde acquifere», sono le dichiarazioni dello stesso Di Bello in un’intervista rilasciata alla web tv “Ntr24”, che gli sono costate, oltre alla sospensione dal servizio e dalla paga, anche il trasferimento in un museo.
Nel 2013, è stata presentata una relazione da parte di autorevoli professori di geologia e idrogeologia, nella quale si legge che «tutte le attività petrolifere, compresi i centri di pre-trattamento e gli oleodotti sono centri di pericolo d’inquinamento che, secondo l’Agenzia per l’Ambiente americana (US Epa) valgono un rischio da sette a otto su una scala il cui massimo grado è nove. Tra vent’anni tutto il serbatoio naturale che alimenta le sorgenti potrà essere inquinato per diffusione e per contatto diretto».
Secondo le analisi effettuate, presentate nella stessa relazione, «nei sedimenti, in sette campioni su undici la quantità di idrocarburi supera il limite di legge preso come riferimento, e arriva fino a 559 milligrammi/chilo, cioè fino a nove volte il limite».
I provvedimenti che sono stati presi dalle autorità competenti in seguito alle analisi descritte e alla relazione presentata, sono stati esemplari: niente. Anzi, meglio specificare. L’Arpab, Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente in Basilicata, ha compiuto dei rilevamenti. Quindici anni dopo l’inizio delle trivellazioni. E successivi alle indagini portate avanti da Di Bello e dai geologi. Sul sito dell’Arpab, infatti, i documenti disponibili sono fermi al 2012.
Albina Colella, docente ordinaria di geologia presso l’università della Basilicata, nonché una delle relatrici del rapporto di denuncia, ha condiviso con Popoff una mappa esemplificativa della situazione della Val d’Agri, dove si trova il lago Pertusillo.
LA MAPPA CREATA DALLA PROFESSORESSA COLELLA. I CONI ROSSI RAPPRESENTANO I POZZI DI PETROLIO: COME SI VEDE, SI TROVANO IN PROSSIMITÀ DEGLI IMMISSARI DEL LAGO PERTUSILLO. I PUNTINI BIANCHI RAPPRESENTANO I SEDIMENTI STUDIATI DALLA PROFESSORESSA COLELLA, QUELLI GIALLI QUELLI STUDIATI DALL’ARPAB. PIÙ LARGHI SONO I PALLINI, PIÙ È ALTA LA CONCENTRAZIONE DI IDROCARBURI TOTALI NEI SEDIMENTI. IL LIMITE DI RIFERIMENTO È DI SESSANTA MILLIGRAMMI PER CHILO: CIRCA IL SETTANTA PER CENTO DEI PALLINI SUPERA QUESTO LIMITE. IL PALLINO PIÙ GRANDE, PRESENTA UNA CONCENTRAZIONE DI 559 MILLIGRAMMI PER CHILO. I CAMPIONI CON LA MAGGIORE CONCENTRAZIONE DI IDROCARBURI SI TROVANO LUNGO IL MARGINE SETTENTRIONALE DEL LAGO, OVVERO QUELLO PETROLIZZATO.
«La mappa indica la distribuzione degli idrocarburi totali nei sedimenti del Pertusillo», spiega la professoressa Colella. «I pallini indicano l’ubicazione dei campioni di sedimenti. Quelli bianchi sono quelli analizzati da me, quelli gialli quelli che ha studiato l’Arpab. Il diametro è direttamente proporzionale alla concentrazione di idrocarburi: più è alta la concentrazione, più sono larghi i pallini. Come si vede dalla mappa, circa il settanta per cento dei campioni supera il limite consentito dalla legge. I campioni con la maggiore concentrazione di idrocarburi totali si trovano lungo il margine settentrionale del Pertusillo, cioè lungo il margine petrolizzato».
Questa mappa è stata presentata da Albina Colella a un congresso internazionale di Istanbul, nel 2013, dal titolo “17 symposium of enviromental pollution and its impact on the mediterranean region” (Diciasettesimo convegno sull’inquinamento ambientale e sul suo impatto sulla regione mediterranea). Come da copione, le reazioni delle autorità competenti sono state nulle.
Questa storia, oltre che essere drammatica per l’incidenza che le trivellazioni hanno sull’ambiente e sul territorio, ha un aspetto importante e fondamentale. Il sessantacinque per cento delle acque del lago Pertusillo, infatti, rifornisce la Puglia di acqua potabile. Il trentacinque per cento rimanente viene usato dalla Basilicata per irrigare i campi, e produrre agricoltura “biologica”.
Siamo solo all’inizio. Le prime rilevazioni sono di pochi anni fa, così le prime denunce. Secondo le autorità competenti, il problema non sussiste. Purtroppo, i dati dimostrano il contrario, e da quattro anni a questa parte i Pugliesi continuano a bere l’acqua del Pertusillo e i Lucani a irrigarci i campi. Il vero timore è avere di fronte un’Ilva 2.0 o, peggio, una nuova terra dei fuochi. E che, a breve, i morti si inizieranno a contare a migliaia.
IN BASSO A SINISTRA, IL LAGO PERTUSILLO. DA LÌ PARTE L’ACQUEDOTTO (IN BLU) CHE SERVE LE PROVINCE PUGLIESI DI BARI, TARANTO E LECCE.
Fonte: popoffquotidiano.it