Sfruttare le differenze genetiche fra le cellule tumorali e quelle sane per cure anticancro ‘super-intelligenti’, che abbiano il massimo effetto sui tessuti malati risparmiando quelli sani. E’ il principio della ‘letalità sintetica’, un approccio innovativo al quale è dedicato un articolo pubblicato sul ‘Nejm’, firmato da Alan F. List, presidente e amministratore delegato del Moffitt Cancer Center americano.
La letalità sintetica – spiega List – può bersagliare un’ampia gamma di difetti cellulari, comprese alterazioni nei meccanismi di riparazione del Dna, nel controllo del ciclo cellulare e del metabolismo. Non solo: può essere utilizzata anche per colpire interazioni fra cellule tumorali e cellule sane circostanti – ‘relazioni pericolose’ che possono favorire la sopravvivenza del cancro – così come oncogeni che guidano la nascita di un tumore e sono difficili da attaccare direttamente.
Un esempio in cui la letalità sintetica ha dimostrato le sue potenzialità sono i tumori al seno positivi alle mutazioni dei geni Brca1 e Brca2, alterazioni che aumentano il rischio di neoplasie mammarie e ovariche nelle donne. Studi di laboratorio hanno confermato l’ipotesi che farmaci mirati al Dna, in particolare agenti diretti contro la proteina Parp addetta alle ‘riparazioni genetiche’, possono uccidere le cellule Brca-mutate. Diversi composti inibitori di Parp sono attualmente in sperimentazione clinica nelle pazienti con cancro al seno e i risultati preliminari sembrano positivi. “La letalità sintetica – conclude List – può offrire una nuova strada da battere per raggiungere il traguardo della moderna oncologia: terapie su misura, altamente selettive”.
Fonte: retenews24.it