Mentre altri si affannano in sede Ue a
escogitare misure anti-spread, pur sempre di corto respiro, in Italia
con atti ufficiali lo scorso 18 maggio 2012 Giulio Tremonti ha
depositato alla Camera dei Deputati la Proposta di legge Delega al
Governo per la riforma dell’ordinamento bancario mediante la separazione
tra credito produttivo e attività finanziaria speculativa.
Vi presentiamo il testo nella sua interezza, per chi preferisce ecco il testo della Proposta di legge Glass-Steagall da scaricare, stampare e leggere comodamente.
E così, nei giorni in cui la grande stampa internazionale rilancia su Glass-Steagall, Robert Reich dal sito dell’Huffington Post ribadisce la richiesta di Glass-Steagall e ci interroga tutti sul punto centrale: gli sviluppi dello scandalo Libor
– che coinvolge Barclays, si parla di almeno altri 20 grandi gruppi
bancari – forniranno le munizioni e l’energia sufficiente all’opinione
pubblica per spingere al ripristino della Legge Glass-Steagall così da
spezzare i grandi gruppi bancari per ridimensionarli?
Da
qualche settimana non passa giorno che qualche quotidiano non ne scriva
anche qui in Italia, è stato il Corriere della Sera nei giorni scorsi
ed è Repubblica quest’oggi. Il nuovo gioco adesso sembra diventato un
altro: chi è che non ne parla? E perchè non ne parla?
Deputati e Senatori avranno il loro bel daffare nell’evitare di spendersi pubblicamente in proposito.
NoBigBanks intende mobilitare l’opinione pubblica, informando e spiegando, in modo semplice e chiaro.
In sintesi, prima di proporvi il testo
di Tremonti, si può dire che non è più tempo di soluzioni morbide: il
ring-fencing della Commissione Vickers in cui le funzioni commerciali e
d’investimento coesisterebbero da separati in casa, non può bastare.
Potremmo dire allora che con il ring fencing della Commissione Vickers
si vive da separati in casa, ma non può funzionare.
Con Glass-Steagall si fa il divorzio, e si vive meglio tutti.
Leggetelo, sono le cose che scriviamo da tempo.
E ancora una volta, prestate attenzione alle proposte, non lasciamoci fuorviare dai formalismi sul chi propone che cosa.
* * *
ONOREVOLI COLLEGHI ! — Due secoli fa è stato detto: «Sinceramente sono convinto che le potenze bancarie siano più pericolose che eserciti in campo»
(Thomas Jefferson, 1816). Oggi è più o meno così ed è per questo che è
arrivato il tempo di mettere lo Stato sopra la finanza e la finanza
sotto lo Stato. Il tempo per fissare un limite allo strapotere del
capitalismo finanziario. Farlo, finalmente, vuole dire porre fine a un
ciclo ventennale di prevalenza contro natura dell’interesse particolare
sull’interesse generale, vuol dire «cacciare i mercanti dal tempio»,
vincere la malia di potere ancora esercitata dai santoni del denaro.
Farlo vuol dire che è solo lo Stato che emette la moneta nel nome del popolo. Vuole dire che il credito serve per lo sviluppo e non per la speculazione.
Vuole dire separare «il grano dal loglio e dalla zizzania», separare il
produttivo dallo speculativo, come è stato per secoli. Vuole dire, tra
l’altro, cominciare a difendere e stabilizzare i bilanci pubblici.
Nell’insieme dare avvio a un sistema economico e sociale diverso, non
solo più etico, ma anche più efficace di quel sistema monetarista che sta ora crollando e che purtroppo ci sta trascinando, se non facciamo resistenza, se non reagiamo, se non cambiamo.
Quando la crisi del 1929 esce dal recinto
di Wall Street ed entra nella vita delle famiglie, causando
disoccupazione e disperazione (si leggano «Uomini e topi» e «Furore» di
Steinbeck), allora il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America (USA)
F.D. Roosevelt, nella prima delle «conversazioni al caminetto», parla di attività bancarie condotte da banchieri «incompetenti e disonesti» che utilizzavano «fondi della gente» per «la speculazione e per prestiti non saggi» e conclude che è venuto il momento «per sistemare questa situazione e farlo il prima possibile».
È così che nasce il Glass-Steagall Act,
basato sul principio di separazione della banca produttiva o
essenziale, la banca che usa i risparmi raccolti solo per finanziare
l’attività produttiva, vietando a questo tipo di banca l’attività
speculativa. Principio che è poi stato disastrosamente abrogato prima,
nel 1999, negli USA, poi, negli anni successivi, in Europa e nel resto
del mondo.
Di recente il Governatore della Banca
d’Inghilterra, in una conferenza organizzata dalla British Broadcasting
corporation (BBC), ha dichiarato: «non costruiamo centrali nucleari
vicino ad aree densamente popolate e quindi non dobbiamo consentire che
l’attività essenziale di una banca e gli investimenti a rischio vengano
condotti nella stessa banca “troppo grande per fallire”. La separazione è
essenziale per rendere più sicura la nostra economia». E oggi, si
aggiunge, per evitare che i rischi di esplosione che si verificano in
una banca che è troppo grande per fallire siano pagati per salvarla dai
risparmiatori o dai contribuenti, in un sistema che privatizza i
profitti e che socializza le perdite speculative.
È dunque arrivato il tempo per
riequilibrare il potere tra la finanza e gli Stati, tra la finanza,
costituita nei suoi interessi, e la politica, deputata a rappresentare
l’interesse generale della collettività. Anche nella peggiore delle
ipotesi che si possono fare sulla politica è infatti sempre vero che,
per quanto sia o possa sembrare discutibile, una politica discutibile è
comunque meglio di una finanza invincibile. È stato del resto detto che
la democrazia può essere il peggiore dei sistemi, ma non se ne conoscono
di migliori (Winston Churchill). Ebbene, neppure l’autocrazia finanziaria è migliore della democrazia.
La casistica che oggi ci si presenta sullo
scenario finanziario e bancario è davvero molto differenziata, tanto a
livello nazionale quanto a livello europeo. E non solo.
Non c’è dunque un intervento unico da
progettare, uno strumento unico da applicare, ma c’è comunque una logica
politica comune da mettere alla base di ogni necessario intervento.
In alcuni casi si tratta di rendere meno sistemiche, o non sistemiche,
le banche che ancora sono o si dicono sistemiche: ridurle di
dimensione, scinderle, depotenziarle perché è arrivato il tempo della
separazione tra attività produttiva ed attività speculativa. Il
tempo della separazione tra le banche che raccolgono risparmi e
capitali e li investono a proprio rischio nelle grandi industrie, nelle
piccole imprese, per le famiglie, per le comunità, per i giovani e le
banche che giocano d’azzardo, privatizzano le vincite, socializzano le
perdite così, tra l’altro, producendo un risultato opposto a quello di
ogni pur discutibile forma di efficienza capitalistica. Le banche devono
dunque tornare a essere, e a essere considerate e trattate, come
infrastrutture al servizio dell’economia e della società e non
viceversa. In altri casi, infine, le banche devono essere
nazionalizzate, prima che il loro dissesto lo renda poi necessario,
magari ancora a spese della collettività.
Prima, si ripete, si deve separare «il grano dal loglio e dalla zizzania», il bene dal male, aprire
o fare aprire i libri contabili, imporre l’accertamento volontario o
coattivo di quanto dell’uno e di quanto dell’altro c’è in ogni banca e
più in generale, in ogni grande operatore finanziario. In specie, gli attivi e i passivi sani devono essere separati da quelli tossici, che vanno segregati.
Le tecniche applicabili per operare la segregazione sono diverse,
insieme antichissime e modernissime: dal sabbatico alla moratoria, alla
bad bank. Ma è chiaro in ogni caso che l’enorme massa finanziaria
tossica, che è ancora in essere nel cosiddetto «sistema», deve essere
scadenzata su periodi i più lunghi possibile e accollata agli
speculatori o cancellata.
Chi ha giocato d’azzardo non può
impunemente alzarsi dal tavolo da gioco per farvi sedere qualcun altro a
pagare per la sua perdita: è a chi ha perso la sua scommessa che si deve imporre di pagare.
Si deve interrompere l’infezione che ha origine nella finanza e che, senza controllo, si sta propagando fuori da questa.
Molti soggetti, molti segmenti, molti
blocchi bancari e finanziari devono essere avviati verso ordinate
procedure fallimentari. Ad esempio, verso procedure regolate sul modello
del Chapter 11 degli USA. Non si può infatti pretendere di salvare
tutto, soprattutto quando l’esperienza insegna che, tentando di salvare
tutto, alla fine si finisce per salvare il peggio.
Al tempo del New Deal, a
partire dal 1933, prima furono introdotte nuove regole e fu
riorganizzato il sistema bancario e finanziario, isolandolo
dall’attività parassitaria, poi il denaro pubblico fu usato per
investimenti pubblici, per infrastrutture, per salvare le famiglie e le
industrie. Per inciso, va comunque ricordato che solo il salvataggio
dell’apparato industriale americano, così operato, consentì di battere
il nazismo.
A partire dal 2008, è stato
invece fatto l’opposto: il denaro pubblico è stato prevalentemente usato
per salvare le banche e i banchieri; non sono state fatte
nuove regole (anzi); non c’è stato alcun serio, vasto progetto di
investimento pubblico per l’economia industriale, fisica e
manifatturiera, per le infrastrutture.
Ciò che ora va prioritariamente e assolutamente fatto è invece primum vivere.
Abbandonare il modello della cosiddetta «banca universale», che è poi il «DNA» della banca sistemica,
base di partenza della megabanca globale fallimentare. Per farlo è
necessario introdurre una versione aggiornata della legge Glass-Steagall
del 1933.
In sintesi, ora come allora è necessario erigere una barriera antincendio, un firewall, distinguere tra banche ordinarie e banche d’azzardo,
in modo che le banche ordinarie non possano più prestare i soldi dei
correntisti alle banche d’azzardo o comprarne i prodotti strutturati.
Una distinzione che deve e che può essere fatta istantaneamente, abrogando le leggi nuove, introdotte più o meno dappertutto negli anni Novanta, e tornando alle vecchie leggi degli anni trenta.
È proprio questo che va fatto. È vero
che si possono fare enormi profitti usando per la speculazione i soldi
depositati in banca dai correntisti ordinari, ma è proprio questo che va
impedito. I soldi dei correntisti ordinari, prima, e dei
contribuenti, dopo, non devono infatti più essere soggetti a questo tipo
di rischio. Un rischio che ora si sta estendendo ai bilanci
pubblici e che da qui, salendo per la scala della crisi, si sta
estendendo al benessere e alla vita dei popoli.
PROPOSTA DI LEGGE
ART. 1.
(Finalità e delega al Governo).
1. Finalità della presente legge è la
riforma dell’ordinamento bancario mediante la separazione tra l’attività
delle banche produttive e l’attività delle banche speculative,
definitive ai sensi del comma 2.
2. Per banche produttive si intendono le
banche che esercitano l’attività di credito nei confronti delle imprese,
dei lavoratori, delle famiglie e delle comunità. Per banche speculative
si intendono le banche che investono nel mercato finanziario. Tali
attività non possono essere esercitate dalla stessa banca.
3. Il Governo è delegato ad adottare,
entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e
secondo i princìpi e criteri direttivi di cui all’articolo 2, uno o più
decreti legislativi recanti disposizioni per la separazione tra le
banche produttive e le banche speculative.
ART. 2.
(Princìpi e criteri direttivi).
1. I decreti legislativi di cui all’articolo 1, comma 3, si basano sui seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere, per le banche produttive, il
divieto i detenere partecipazioni o di stabilire accordi di
collaborazione commerciale di qualsiasi natura con i seguenti soggetti:
banche d’affari, banche d’investimento, società di intermediazione
mobiliare e, in generale, tutte le società finanziarie che non sono
autorizzate ad effettuare la raccolta di depositi tra il pubblico;
b) prevedere, per le banche produttive, il
divieto di operare in condizioni di disequilibrio delle scadenze delle
attività di raccolta e di impiego delle risorse finanziarie e, in
particolare, per le banche che effettuano la raccolta dei depositi a
breve termine, il divieto di erogare finanziamenti a medio o a lungo
termine;
c) stabilire, per le banche produttive, la percentuale di operazioni ammessa nel mercato finanziario;
d) prevedere il divieto di ricoprire
cariche direttive e di detenere posizioni di controllo nelle banche
produttive, da parte dei rappresentanti, dei direttori, dei soci di
riferimento e degli impiegati delle banche d’affari, dalle banche
d’investimento, delle società di intermediazione mobiliare e in
generale, di tutte le società finanziarie che non sono autorizzate ad
effettuare la raccolta di depositi tra il pubblico.
ART. 3.
(Pareri delle Commissioni parlamentari competenti).
1. Gli schemi dei decreti legislativi di
cui all’articolo 1, comma 3, sono trasmessi alle Camere entro il
sessantesimo giorno antecedente la scadenza del termine previsto per
l’esercizio della delega di cui al medesimo articolo 1, comma 3, per il
parere delle Commissioni parlamentari competenti, da esprimere entro
quaranta giorni dalla data dell’assegnazione.
ART. 4.
(Entrata in vigore).
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
***
Salviamo la Gente. Riformiamo le Banche. Processiamo i Banchieri. Ristabiliamo la Legge Bancaria del 1936 abolita nel 1993.
Tratto da: http://nobigbanks.it/2012/07/10/tremonti-porta-glass-steagall-alla-camera-dei-deputati/
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