La casa passiva è attualmente il modello di abitazione che consente il maggior risparmio energetico. È un’invenzione tutta europea e rappresenta uno dei più preziosi contributi che la ricerca universitaria ha offerto allo sviluppo di un’edilizia sostenibile.
La casa passiva (Passivhaus secondo il termine originale di lingua tedesca, passive house in lingua inglese) è un’abitazione che assicura il benessere termico senza o con una minima fonte energetica diriscaldamento interna all’edificio ovvero senza alcun impianto di riscaldamento “convenzionale”, ossiacaldaia e termosifoni o sistemi analoghi.
La casa è detta passiva perché la somma degli apporti passivi di calore dell’irraggiamento solare trasmessi dalle finestre e il calore generato internamente all’edificio da elettrodomestici e dagli occupanti stessi sono quasi sufficienti a compensare le perdite dell’involucro durante la stagione fredda.
I vantaggi in termini di consumo energetico sono enormi: una casa passiva consuma il 90% in meno rispetto alle case tradizionali, e circa il 75% in meno rispetto alle nuove case costruite secondo la regolamentazione termica attuale.
Edifici passivi possono essere realizzati in ogni materiale di costruzione: legno strutturale, mattone, cemento armato.
Ma facciamo subito un po’ di storia
La casa passiva è un concetto che nasce più di venti anni fa. Correva l’anno 1988 e due università nordeuropee decisero di collaborare per concepire una nuova generazione di abitazioni, che sfruttando la qualità dei materiali costruttivi e l’esposizione solare riducessero al minimo il fabbisogno energetico per il riscaldamento interno dell’edificio. I protagonisti di questa collaborazione erano il fisico tedescoWolfgang Feist e Bo Adamson, ricercatore presso la facoltà di Ingegneria dell’Università di Lund in Svezia.
Il risultato della collaborazione fu sorprendente: si scoprì che combinando insieme in maniera coordinata vari dispositivi e accorgimenti per l’isolamento termico e l’efficienza energetica, si potevano creare edifici che quasi non avevano bisogno di essere riscaldati, anche in inverno e anche nei freddi climi del nord! Il primo tentativo fu fatto a Darmstadt, Germania, nel 1990, ed ottenne risultati eccellenti dal punto di vista del risparmio energetico, tuttavia il costo di produzione non la rese molto popolare.
I dispositivi utilizzati non erano nuovi: coibentazione delle pareti, infissi termici, posizionamento dell’edificio studiato per la migliore esposizione solare, impianto di ventilazione per recuperare calore durante la necessaria circolazione dell’aria tra interno ed esterno. Ma coordinando questi dispositivi in maniera ragionata e portando al massimo il livello qualitativo dei materiali di costruzione, si ottenevano edifici la cui efficienza energetica era di gran lunga superiore non solo rispetto agli edifici tradizionali, ma anche rispetto a quelli progettati secondo le più recenti normative termiche.
Nate in Svezia, le case passive sono diffuse principalmente in Germania, Austria e Olanda e altri paesi nord-europei. Anche in Italia sono ormai tante le esperienze su tutta l’area nazionale. In Austria, a partire dal 2015, la casa passiva sarà lo standard prescritto per tutti gli edifici. Nella regione austriaca del Vorarlberg è obbligatorio già dal 1º gennaio 2007.
Da allora le case passive si sono diffuse dapprima nei paesi dell’Europa settentrionale e centrale, Germania, Svezia, Austria, Olanda, Svizzera, Francia. Ed edifici basati sul concetto della casa passiva sono stati recentemente realizzati anche negli Stati Uniti. Per quanto riguarda l’Italia, da qualche anno sul territorio nazionale sorgono varie case passive ma si sta ancora lavorando a un corretto adeguamento del progetto originale dal clima continentale a quello temperato della regione mediterranea.
Requisiti
L’istituto di case passive tedesco PHI (Darmstadt) considera una costruzione passiva se questa soddisfa i seguenti requisiti (quantitativi):
- fabbisogno energetico utile richiesto per il riscaldamento ≤ 15 kWh/(m²a)
ovvero
- carico termico invernale ≤ 10 W/m²
- fabbisogno energetico utile richiesto per il raffrescamento ≤ 15 kWh/(m²a)
- carico termico estivo ≤ 10 W/m²
- tenuta all’aria n50 ≤ 0,6/h
- fabbisogno energetico primario di energia ≤ 120 kWh/(m²a)
Ma come funziona una casa passiva?
In una casa passiva in genere non viene utilizzato un impianto di riscaldamento tradizionale. Esiste almeno una fonte di calore, e la distribuzione del calore avviene nella maggior parte dei casi attraverso un sistema di ventilazione controllata con scambiatori a flusso incrociato che recuperano l’80% del calore dell’aria in uscita. I termosifoni e le superfici irradianti non sono necessari, anche se il loro utilizzo è ammesso: in tal caso possono essere di dimensioni ridotte.
Dal punto di vista tecnico, la casa passiva deve la sua efficienza alla combinazione di una serie di accorgimenti essenziali, vediamoli da vicino.
Isolamento termico. E’ ottenuto non solo grazie all’aumento dello spessore del materiale isolante (circa 30 centimetri contro gli 8-10 centimetri delle case tradizionali) ma anche e soprattutto collocando l’isolante nello strato più esterno della parete, anziché nel lato interno come normalmente avviene. L’isolante è disposto su tutte le pareti esterne dell’edificio nella loro interezza, senza tralasciare la corretta coibentazione del tetto.
Calore interno. Grazie al perfetto isolamento termico, l’edificio riesce a riscaldarsi grazie a fonti di calore che si trovano i tutte le case ma che di solito passano inosservate: gli elettrodomestici attivi, l’illuminazione, il sole che entra dalle finestre, la cucina, l’acqua calda che scorre nel bagno, gli stessi esseri umani che vi abitano. Benché minima, la quantità di calore prodotta da queste fonti risulta niente affatto trascurabile quando viene adeguatamente preservata.
Pompa di calore. Il rimanente piccolo fabbisogno energetico può essere prodotto per esempio con una piccola pompa di calore. In questo modo è possibile riscaldare nuovamente “l’aria di alimentazione” necessaria per il riscaldamento. La stessa pompa di calore potrebbe riscaldare anche l’acqua. Come per tutti gli impianti di riscaldamento anche in una casa passiva la pompa di calore va opportunamente dimensionata. Una combinazione di riscaldamento, impianto di ventilazione, impianto per l’acqua calda è offerto da impianti compatti. Essi necessitano di una superficie di ingombro ridotta e consumano una modesta quantità di energia elettrica.
Finestre termiche. Un punto debole nell’isolamento degli edifici è generalmente costituito dalle finestre. In una casa passiva il vetro delle finestre è triplo anziché doppio. La superficie vetrata diventa in questo modo più isolante della cornice stessa dell’infisso, motivo per cui si tende a progettare poche grandi finestre invece che tante finestre piccole: le finestre grandi aumentano la luminosità e il calore prodotto dai raggi del sole, mentre diminuisco le perdite di calore attraverso la struttura dell’infisso.
Forma ed esposizione. L’isolamento termico è ottenuto anche grazie allo studio della forma dell’edificio: edifici di volume compatto mantengono meglio il calore rispetto a edifici dal volume spezzettato o distribuito. E’ inoltre importante prevedere una corretta esposizione dell’edificio rispetto al sole, in modo che le pareti più soleggiate siano capaci di assorbire il calore, per esempio attraverso superfici vetrate, mentre le pareti più fredde e meno soleggiate siano perfettamente coibentate. Nei climi temperati occorre prevedere, al tempo stesso, una sufficiente ombreggiatura delle pareti rivolte verso il sole, in modo da mantenere la casa fresca nei mesi estivi.
Ventilazione. La circolazione dell’aria tra interno ed esterno è necessaria in tutti gli edifici ma in genere provoca forti perdite di calore. Nella casa passiva il problema è aggirato grazie a una ventilazione controllata, che attraverso un motore ad alta efficienza energetica e un apposito dispositivo per lo scambio di calore, permette all’aria in entrata di assorbire fino all’80-90% del calore dell’aria in uscita, prima di circolare all’interno. La ventilazione controllata serve anche a uniformare la temperatura delle diverse stanze dell’edificio, recuperando il calore dalle stanze dove se ne produce di più (come il bagno, la cucina, e gli ambiente più affollati) ) per cederlo alle stanze più fredde come le camere da letto e il soggiorno, e al contempo ricambiare l’aria viziata.
Sulla base di questi punti essenziali, i diversi progetti possono prevedere soluzioni specifiche e dettagli aggiuntivi, sia estetici che funzionali. Alcune case sfruttano ad esempio la geotermia, il calore naturale del terreno, attraverso tubature interrate nel giardino o nel cortile che si diramano nell’edificio. In alcuni casi lo studio dell’esposizione solare è abbinato all’uso di moderne tecnologie fotovoltaiche, mentre l’ombreggiatura può essere fatta sia con elementi architettonici, sia grazie alla piantumazione di specie vegetali adeguate – come le piante cedue, che perdono cioè il fogliame in inverno, lasciando passare i raggi del sole quando sono più necessari. Per i materiali poi le possibilità sono ampie: una casa passiva può essere fatta di legno, di mattoni, di cemento.
I notevoli vantaggi di una casa passiva, l’abbiamo visto, sono evidenti: prima di tutto un impatto ecologico enormemente ridotto, grazie all’eliminazione o al ridottissimo uso dell’impianto di riscaldamento, e poi il comfort, grazie ad un’illuminazione ottimale ed una temperatura uniforme nei diversi ambienti interni.
Ci sono d’altro canto alcuni difetti, riassumibili in due elementi fondamentali: il costo e il clima. Il costo di una casa passiva è ancora piuttosto elevato e, anche a fronte del risparmio previsto in termini di bollette luce e gas, l’investimento iniziale può essere ammortizzato solo in un tempo relativamente lungo. Il costo è dovuto all’alta qualità dei materiali, all’elevata specializzazione dei professionisti di riferimento e alla necessità di utilizzare tecnologie d’avanguardia.
Il secondo difetto riscontrato è legato al caso specifico dell’Italia, che è comune però a tutti i paesi della fascia temperata: la casa passiva è stata ideata per i freddi climi dell’Europa continentale, perciò la semplice trasposizione del modello originale può non essere la scelta migliore quando si costruisce in Italia. In molte regioni italiane il sole e l’afa estivi costituiscono un problema molto maggiore rispetto ai rigori dell’inverno, e questo deve essere tenuto di conto al momento della progettazione.
Detto questo, e con tutte le eventualità dei casi specifici, con la casa passiva il risparmio c’è. È stato calcolato che una casa passiva ha bisogno in media di 1,5 litri di carburante (equivalenti a circa 15 Kwh) per metro quadrato di superficie abitativa, contro i 10-12 litri consumati da una casa tradizionale per il solo riscaldamento: siamo a un risparmio del 90%!
Per la prima casa passiva in legno costruita in Italia, in Lombardia, è stata conteggiata una spesa per i consumi effettivi, durante il primo anno, di soli 100 euro, comprendenti le spese di riscaldamento e di raffreddamento. Si tratta di una villetta disposta su tre piani con una superficie complessiva di 600 metri quadri.
Ci auguriamo che la casa passiva diventi sempre più uno standard abitativo comune anche in Italia, superando il vincolo delle elevate temperature estive tipiche dell’area mediterranea e sfruttando l’abbattimento dei costi di una tecnologia che si sta diffondendo sempre più, creando conoscenze specifiche in molti professionisti. Solo così potrà diventare un’opportunità e un’opzione fattibile per tutti, quando si tratta di scegliere come costruirsi la proipria casa!
Ci sono d’altro canto alcuni difetti, riassumibili in due elementi fondamentali: il costo e il clima. Il costo di una casa passiva è ancora piuttosto elevato e, anche a fronte del risparmio previsto in termini di bollette luce e gas, l’investimento iniziale può essere ammortizzato solo in un tempo relativamente lungo. Il costo è dovuto all’alta qualità dei materiali, all’elevata specializzazione dei professionisti di riferimento e alla necessità di utilizzare tecnologie d’avanguardia.
Il secondo difetto riscontrato è legato al caso specifico dell’Italia, che è comune però a tutti i paesi della fascia temperata: la casa passiva è stata ideata per i freddi climi dell’Europa continentale, perciò la semplice trasposizione del modello originale può non essere la scelta migliore quando si costruisce in Italia. In molte regioni italiane il sole e l’afa estivi costituiscono un problema molto maggiore rispetto ai rigori dell’inverno, e questo deve essere tenuto di conto al momento della progettazione.
Detto questo, e con tutte le eventualità dei casi specifici, con la casa passiva il risparmio c’è. È stato calcolato che una casa passiva ha bisogno in media di 1,5 litri di carburante (equivalenti a circa 15 Kwh) per metro quadrato di superficie abitativa, contro i 10-12 litri consumati da una casa tradizionale per il solo riscaldamento: siamo a un risparmio del 90%!
Per la prima casa passiva in legno costruita in Italia, in Lombardia, è stata conteggiata una spesa per i consumi effettivi, durante il primo anno, di soli 100 euro, comprendenti le spese di riscaldamento e di raffreddamento. Si tratta di una villetta disposta su tre piani con una superficie complessiva di 600 metri quadri.
Ci auguriamo che la casa passiva diventi sempre più uno standard abitativo comune anche in Italia, superando il vincolo delle elevate temperature estive tipiche dell’area mediterranea e sfruttando l’abbattimento dei costi di una tecnologia che si sta diffondendo sempre più, creando conoscenze specifiche in molti professionisti. Solo così potrà diventare un’opportunità e un’opzione fattibile per tutti, quando si tratta di scegliere come costruirsi la proipria casa!
Fonti:
http://it.wikipedia.org/wiki/Casa_passiva
http://www.tuttogreen.it
http://www.architetturaecosostenibile.it
Fonte: Dioni