lunedì 26 gennaio 2015

Sicilia: gli squallidi retroscena del viadotto crollato

di Salvo Ardizzone
Ricordate il viadotto sprofondato in Sicilia a sette giorni dalla sua inaugurazione? Ecco la storia e i retroscena di quell’ennesima vergogna. Riassumendo brevemente i fatti, il 23 dicembre, in Pompa Magna, con tanto di telecamere e cronisti, Pietro Ciucci, presidente e amministratore delegato di Anas, inaugura il viadotto sulla Agrigento–Palermo in anticipo di mesi sul previsto. Sette giorni dopo, metà della rampa d’accesso si collassa e l’Anas chiude il tratto di strada; il 3 gennaio la notizia trapela e quattro giorni dopo Ciucci è ancora in Sicilia per balbettare scuse: secondo lui l’inghippo starebbe nella progettazione o nell’esecuzione dei lavori (e dove altro sennò?!).
Ma allora, chi l’ha collaudato? Nessuno. La commissione, composta da tre soggetti scelti tutti fra gente dell’Anas, non è mai stata sui luoghi: l’ingegnere Mirenna, saputo dell’anticipo della consegna dei lavori da marzo 2015 a Natale, s’è dimesso l’11 novembre; Fausto De Santis, due giorni dopo lo segue, perché “s’accorge” di non avere i titoli per fare parte della commissione; i sostituti, subito nominati, si guardano bene da eseguire il collaudo.

Dalle foto del crollo si notano due grossi tubi ai lati del terrapieno che sostiene la rampa; un tecnico, in anonimato, ha dichiarato che servivano a fare uscire una massa d’acqua che le piogge avevano ammassato sotto l’asfalto; per aprire quella strada in sicurezza, secondo procedura, si doveva aspettare per farla assestare tanto che lo stesso Matteucci, presidente di Cmc, una delle tre società del Consorzio Bolognetta che ne aveva vinto l’appalto, s’è lasciato scappare a caldo: “Adesso penso che se ci fossimo presi il tempo…”.
Ma perché quella fretta irragionevole, quell’ostinazione di consegnare l’opera in anticipo sui tempi? I motivi sono assai più concreti d’una semplice passerella dinanzi ai media: quando un’azienda anticipa la consegna, incassa un bonus sostanzioso, e sono soldi. C’è ancora un’altra ragione, assai più importante per Ciucci: nel 2006 Prodi lo nominò presidente, amministratore delegato e direttore generale dell’Anas, facendone il padrone incontrastato; nel 2013, è stato costretto dalla legge sul divieto di cumulo cariche ad abbandonarne almeno una, e a settembre si è messo in pensione dall’incarico di direttore generale, incassando circa 2.600mila euro fra liquidazione e indennizzo per mancato preavviso; in compenso è stato riconfermato nelle altre due cariche fino alle soglie del 2016. Per questo, da tempo si dà da fare per acquisire meriti che rendano la sua conferma senza scadenza: come si fa a mandare a casa un amministratore che chiude i cantieri in anticipo?
Davanti alla Commissione Lavori Pubblici del Senato, il 14 gennaio, Ciucci ha respinto ogni addebito, primo fra tutti l’aver messo a rischio la vita degli automobilisti; ha dichiarato che il direttore dei lavori aveva prodotto il certificato di agibilità, peccato che questa procedura è ammessa solo in casi di assoluta urgenza, della quale non ha saputo dare alcuna spiegazione.
Per trovare comunque un colpevole ha rimosso Claudio Bucci, responsabile dell’area costruzioni in Sicilia, ma tranquilli, Bucci è solo stato trasferito a l’Aquila, dove risiede e tiene famiglia, con il medesimo incarico per l’Abruzzo. Se è una punizione questa!    
In sostituzione aveva nominato Sergio Lagrotteria, salvo rimuoverlo il giorno dopo perché era stato condannato nel 2010 in primo grado per una storia sporca di tangenti, salvato in secondo grado da una provvidenziale prescrizione. Nel frattempo, è l’Anas stesso a scricchiolare: il rappresentante del Ministero dell’Economia nel Cda, Maria Cannata, s’è dimessa e visto che i componenti sono tre, è l’intero Consiglio che dovrebbe decadere; inoltre, a caricare di significati la cosa, sembra che stiano arrivando anche le dimissioni di Alessandra Del Verme dal Collegio Sindacale, anche lei proveniente dal Ministero.
Per gli ovattati sistemi dell’establishment, simili passi hanno tutta l’aria d’una rottura che voglia mettere fine allo strapotere di Ciucci; non crediamo si tratti di voler fare pulizia o mandare a casa chi usa la cosa pubblica per i propri fini, infischiandosene anche dell’incolumità della gente, non in Italia, piuttosto Ciucci ha con tutta probabilità commesso l’imperdonabile errore di fornire uno splendido pretesto per farsi congedare, sgombrando un posto ambitissimo (e ricchissimo) per qualche altro gruppo di potere. Così va in questo Paese.    

Fonte: ilfarosulmondo.it


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