Di Giampaolo Rossi
È il 26 aprile del 2007 quando l’allora premier britannico Tony Blair, prende carta e penna e, su carta intestata “Downing Street”, scrive una lettera:“Caro Mu’ammar, spero che tu e la tua famiglia stiate bene…” Mu’ammar è il colonnello Gheddafi.
Nella lettera, Blair si rammarica del fatto che un tribunale britannico si sia opposto ad un caso di estradizione a Tripoli e spera che questa decisione non comprometta “l’efficace cooperazione bilaterale che si è sviluppata tra Regno Unito e Libia negli anni recenti”, soprattutto “nel settore cruciale della lotta al terrorismo”. Blair si riferisce a due esponenti del LIFG, il Gruppo dei Combattenti Islamici Libici (organizzazione legata ad Al Qaeda) detenuti in Inghilterra, per i quali la Corte si opponeva al trasferimento forzato in Libia per il pericolo che potessero essere torturati dalla polizia segreta di Gheddafi.
Nella lettera, Blair si rammarica del fatto che un tribunale britannico si sia opposto ad un caso di estradizione a Tripoli e spera che questa decisione non comprometta “l’efficace cooperazione bilaterale che si è sviluppata tra Regno Unito e Libia negli anni recenti”, soprattutto “nel settore cruciale della lotta al terrorismo”. Blair si riferisce a due esponenti del LIFG, il Gruppo dei Combattenti Islamici Libici (organizzazione legata ad Al Qaeda) detenuti in Inghilterra, per i quali la Corte si opponeva al trasferimento forzato in Libia per il pericolo che potessero essere torturati dalla polizia segreta di Gheddafi.
DOCUMENTI CHE IMBARAZZANO
La lettera, pubblicata dal quotidiano inglese The Guardian, è stata ritrovata negli archivi governativi di Tripoli dopo la caduta del regime libico nel 2011; essa è parte di un centinaio di documenti che un pool di avvocati londinesi sta raccogliendo e mettendo agli atti in un processo di risarcimento danni contro il governo di Sua Maestà intentato da dodici dissidenti (tra cui sei cittadini britannici di origine libica), arrestati, deportati con le loro famiglie in Libia e lì torturati attraverso l’azione coordinata dell’intelligence dei due paesi.
Ciò che emerge è che i legami tra l’MI5 e l’MI6, i servizi segreti britannici, e quelli libici sono stati molto più ampi di quanto s’immaginava; addirittura, agenti segreti libici sono stati autorizzati ad operare sul suolo britannico per individuare, identificare e intimidire avversari del regime di Gheddafi a cui la Gran Bretagna aveva concesso asilo politico. Questa almeno è l’accusa. In realtà molti di questi erano legati a gruppi jihadisti ai quali lo stesso Gheddafi dava la caccia.
DA STATO CANAGLIA AD ALLEATO CONTRO IL TERRORISMO
Quindi, nel 2007, la Libia di Gheddafi era un partner antiterrorismo della Gran Bretagna .
Ma come fu possibile che il regime contro il quale Ronald Reagan coniò il termine di “Stato canaglia”, accusato negli anni di aver finanziato il terrorismo irlandese dell’IRA e quello palestinese di Settembre Nero, di aver compiuto alcuni degli attentati anti-occidentali più disastrosi degli anni ‘80 (tra cui quello di Lockerbie dove morirono 270 persone), potesse improvvisamente diventare alleato degli occidentali nella lotta al terrorismo?
Secondo la ricostruzione del Guardian, la collaborazione iniziò dopo l’11 settembre, quando il regime libico si offrì di dare informazioni attraverso il “trattamento” dei prigionieri islamisti nelle carceri di Tripoli. Al contempo Gheddafi ottenne la collaborazione inglese per la cattura di membri del LIFG (organizzazione jihadista che aveva attentato alla vita di Gheddafi più volte negli anni ’90) rifugiati in Inghilterra ma anche in Arabia Saudita e Mali.
Nel tempo, la collaborazione libica si estese ad altre agenzie d’intelligence occidentali (sicuramente Usa e Germania).
Secondo la ricostruzione del Guardian, la collaborazione iniziò dopo l’11 settembre, quando il regime libico si offrì di dare informazioni attraverso il “trattamento” dei prigionieri islamisti nelle carceri di Tripoli. Al contempo Gheddafi ottenne la collaborazione inglese per la cattura di membri del LIFG (organizzazione jihadista che aveva attentato alla vita di Gheddafi più volte negli anni ’90) rifugiati in Inghilterra ma anche in Arabia Saudita e Mali.
Nel tempo, la collaborazione libica si estese ad altre agenzie d’intelligence occidentali (sicuramente Usa e Germania).
QUALCHE DOMANDA
Tony Blair conclude la sua lettera a Gheddafi con un confidenziale: “Tuo Tony”, a sigillare un’amicizia che andava oltre la collaborazione tecnica tra i due governi.
Per anni l’opinione pubblica internazionale e i media hanno denigrato il rapporto che legava Silvio Berlusconi all’ex dittatore libico Gheddafi; rapporto, quello, sempre alla luce del sole, che consentì all’Italia di chiudere con la Libia importantissimi trattati commerciali (soprattutto in campo energetico) e garantire il controllo pressoché totale dei flussi migratori verso il nostro paese.
In realtà, come oggi vediamo, il rapporto tra Italia e Libia era inserito in una più vasta condivisione di relazioni tra l’Occidente e il Colonnello libico; relazioni che arrivarono persino ai presunti finanziamenti di Gheddafi per le campagne elettorali in Francia.
Ma se questo era lo scenario nel 2007, perché quattro anni dopo Usa, Francia e Gran Bretagna decisero di entrare a gamba tesa nel conflitto civile libico scatenando la più assurda e inconcepibile guerra dell’Occidente contro un paese arabo? Perché si adoperarono per l’eliminazione di Gheddafi e l’abbattimento del suo regime, generando l’effetto domino dell’espansione dell’integralismo islamico in tutta l’area? Cosa bisognava eliminare, eliminando Gheddafi?
Cosa accadde perché Gheddafi tornasse improvvisamente ad essere il nemico cruciale dell’Occidente, a tal punto da preferire a lui i gruppi jihadisti (nemici dell’Occidente) che Gheddafi combatteva?
Sicuramente il risultato di questa strategia è sotto i nostri occhi: oggi l’Occidente è di nuovo in guerra contro un terrorismo islamico più forte e, per la prima volta, pronto ad attaccare l’Europa.
Tratto da: informazioneconsapevole.blogspot.it