E’ in arrivo la maxi-tassa per l’Europa: mille euro all’anno per persona per vent’anni
L’ultimo mostro targato UE: il Debt Redemption Fund (Fondo di Redenzione del Debito)
Altro che le
buffonate del berluschino fiorentino! Altro che l’altra Europa dei
sinistrati dalla vista corta! E’ in arrivo sul binario n° 20 (anni) un
trenino carico di tasse targate Europa. Ma come!? E le riduzioni
dell’Irpef dell’emulo del Berluska? Roba per le urne, che le cose serie
verranno subito dopo.
Di cosa si
tratta è presto detto. Tutti avranno notato lo strano silenzio della
politica italiana sulFiscal Compact, quasi che se lo fossero scordato,
magari con la nascosta speranza di un abbuono dell’ultimo minuto, un po’
come avvenne al momento dell’ingresso nell’eurozona per i famosi
parametri di Maastricht.
Ma mentre i
politicanti italiani fingono che le priorità siano altre, a Bruxelles
c’è chi lavora alacremente per dare al Fiscal Compact una forma
attuativa precisa quanto atroce. Anche in questo caso, come in quello
dell’italica Spending Review, sono all’opera gli “esperti“: undici
tecnocrati di provata fede liberista, guidati dall’ex governatrice della
banca centrale austriaca, la signora Gertrude Trumpel-Gugerell. Entro
marzo, costoro dovranno presentare al presidente della Commissione UE,
Barroso, le proprie proposte operative. Poi arriverà la decisione
politica, presumibilmente dopo il voto degli europei che di quel che si
sta preparando niente devono sapere, specie se sono cittadini degli
stati dell’Europa mediterranea.
Sul lavoro di
questi undici taglieggiatori erano già uscite delle indiscrezioni. Ma
ora che la scadenza si avvicina i rumors si fanno più precisi. Ed anche
la stampa italiana, dopo le balle a iosa sui “successi” di Renzi a
Berlino, comincia a scrivere qualcosa. Ha iniziato ieri l’altro Il
Foglio, con il titolo «Dare soldi, vedere cammello. L’Ue fruga nelle
nostre tasche». Ha proseguito ieri il Corriere della Sera che, quasi a
voler bilanciare il trionfalismo filo-governativo, ha titolato: «I nuovi
vincoli e quelle illusioni sul “fiscal compact”».
E bravo, per
una volta, il titolista del Corriere: sul Fiscal Compact sembra proprio
che sia arrivato il momento di abbandonare le illusioni. Naturalmente,
per chi ce le aveva. Che non è il nostro caso.
Ma quale sarà
la proposta degli undici, una strana squadra di calcio dove l’Italia,
quasi fosse estranea al problema, non è neppure rappresentata? Stando a
quanto scrivono i due giornali italiani la proposta sarà incentrata su
tre punti: Debt Redemption Fund, Eurobond, Tassa per l’Europa (anche se
loro, ovviamente, non la chiameranno così).
Partiamo dal
nuovo Fondo che si vorrebbe istituire, Debt Redemption Fund (DRF)
secondo i più, European Redemption Fund (ERF) secondo altri, ma il nome
non cambia la sostanza. In questo Fondo verrebbero fatti confluire i
debiti di ogni Stato che eccedono il 60% in rapporto al pil. Per
l’Italia, ad oggi circa 1.100 miliardi di euro.
Oh bella! Che
si sia finalmente trovato il modo di mutualizzare il debito, come
sperano gli euro-entusiasti e gli euro-speranzosi di
centro-sinistra-destra? A farlo credere ci sono pure gli Eurobond, che a
quel punto verrebbero emessi per far fronte alla massa del debito
cumulata nel nuovo Fondo. Dunque anche i tassi di interesse della quota
del debito italiano andrebbero a scendere. Una vera pacchia, se non
fosse per la clausola che dovrebbe garantire – inautomatico -
l’azzeramento del debito assorbito dal Fondo in un periodo di vent’anni.
Come
funzionerebbe questa clausola? Secondo i due giornali citati, con un
prelievo diretto da parte del Fondo su una quota delle entrate fiscali
di ciascun stato debitore. Così, giusto per non rischiare. Leggere per
credere.
Scrive ad
esempio Antonio Pilati su Il Foglio: «In realtà l’idea degli esperti è a
doppio taglio e la seconda lama fa molto male all’Italia: è infatti
previsto che dal gettito fiscale degli stati partecipanti si attui ogni
anno un prelievo automatico pari a 1/20 del debito apportato al Fondo.
Nel progetto, le risorse raccolte dal fisco nazionale passano in via
diretta, tagliando fuori le autorità degli stati debitori, alle casse
del Fondo. Si tratta di un passaggio cruciale e drammatico tanto nella
sostanza quanto – e ancora di più – nella forma».
E così pure
Riccardo Puglisi sul Corriere della Sera: «L’aspetto gravoso per
l’Italia è che la commissione sta anche pensando ad un prelievo
automatico annuo dalle entrate fiscali di ciascuno stato per un importo
pari ad un ventesimo del debito pubblico trasferito al fondo stesso. Il
rientro verso il 60 percento avverrebbe in modo meccanico, forse con un
eccesso di cessione di sovranità».
«Forse con un
eccesso di cessione di sovranità», impagabile Corriere! Adesso non
possiamo sapere con esattezza come andrà a finire, ed è probabile che la
patata bollente verrà affrontata solo dopo le elezioni europee. Ma la
direzione di marcia è chiara. La linea dell’austerity non solo non è
cambiata, ma ci si appresta ad un suo drammatico rilancio, del resto in
perfetta coerenza con i contenuti del Fiscal Compact, noti ormai da due
anni.
Per l’Italia si
tratterebbe di un prelievo forzoso – in automatico, appunto – di 55
miliardi di euro all’anno per vent’anni. Cioè, per parafrase lo spaccone
di Palazzo Chigi, di mille euro a persona (compresi vecchi e bambini)
all’anno, per vent’anni. Per una famiglia media di tre persone, 60mila
euro di tasse da versare all’Europa.
Naturalmente si
può dubitare che si possa arrivare a tanto. Ma sta di fatto che questa è
l’ipotesi sulla quale l’Unione Europea – quella vera, non quella
immaginata a forza di Spinelli - sta lavorando. Magari questa ipotesi
estrema verrà limata ed abbellita, ma il punto di partenza è questo. E
sinceramente non ci sembra neppure così strano, considerata sia la
natura oligarchica dell’UE, che il dominio incontrastato della Germania
al suo interno.
E’ la logica
del sistema dell’euro e della distruzione di ogni sovranità degli stati
che in questo sistema sono destinati a soccombere. Tra questi il più
importante è l’Italia. E forse sarà proprio nel nostro paese che si
svolgerà la battaglia decisiva.
Ma ora, per
favore, che nessuno venga a dire che non si conoscono i termini del
problema. Il sistema dell’euro, tanto antidemocratico quanto
antipopolare, procede imperterrito per la sua strada. Le classi popolari
hanno davanti 20 anni (venti) di stenti, miseria e disoccupazione. O ci
si batte per il recupero della sovranità nazionale, inclusa quella
monetaria, o sarà inutile – peggio, ipocrita – venire a lamentarsi della
catastrofe sociale che ci attende.
Lo diciamo
ormai da anni, ma il poco encomiabile lavoro degli undici esperti (vedi
la scheda in fondo all’articolo per capire chi sono davvero questi
taglieggiatori), ha almeno il merito di togliere ogni ragionevole
dubbio. Gli eurocrati non si fidano proprio dei singoli stati, dunque
basta con i vincoli da rispettare e/o sanzionare. Meglio, molto meglio,
mettere direttamente le mani nel gettito fiscale di ogni stato da
“redimere”. Questa è la novità. Ed è una novità che si commenta da sola.
PS - Che ieri,
in questo quadro, il presidente del consiglio abbia definito
anacronistico il parametro del 3% nel rapporto debito/pil può solo far
sorridere. Anacronistico? Probabilmente sì, ma per l’UE esattamente nel
senso opposto a quel che Renzi vorrebbe. Per lorsignori il vincolo del
3% è acqua fresca, ben presto il Fiscal Compact esigerà vincoli ben più
stringenti: questa volta non semplici percentuali, sulle quali magari
discutere, bensì denaro sonante attinto direttamente con una ben
definita Tassa per l’Europa.
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SCHEDA
Chi sono gli undici taglieggiatori:
Gertrude
Tumpel-Gugerell - Ex banchiera centrale austriaca, famosa per le
operazioni speculative che misero in difficoltà la banca, è ora nel CdA
di Commerzbank.
Agnés Bénassy-Quéré - Economista e docente presso diverse università francesi, ha lavorato al ministero delle finanze di Parigi.
Vitor Bento - Ex banchiere centrale del Portogallo, vicino al Partito Socialdemocratico di quel paese (centrodestra).
Graham Bishop -
Consulente finanziario di altissimo livello, ultraliberista della prima
ora, è stato membro influente della commissione che, negli anni ’90,
preparò il passaggio all’euro.
Claudia Buch - Tedesca su posizioni liberiste. Esperta di mercati finanziari.
Leonardus Lex Hoogduin - Economista olandese, è stato advisor della Banca dei Regolamenti Internazionali.
Jan Mazak - Giudice slovacco. E’ stato avvocato generale presso la Corte europea di giustizia di Lussemburgo.
Belén Romana -
Ex direttore del Tesoro spagnolo, attualmente amministratore delegato
della Sareb, la “bad bank” cui sono stati conferiti gli asset tossici
del settore immobiliare iberico.
Ingrida Simonyte - Ex ministro delle finanze della Lituania
Vesa Vihriala - Membro dell’Associazione degli industriali finlandesi (poteva mancare la Finlandia?), ex advisor di Olli Rehn.
Beatrice Weder
di Mauro - Questa economista, che ha lavorato in passato per il Fondo
Monetario Internazionale, è oggi nel board della ThyssenKrupp ed in
quello di Hoffman-La Roche.
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Tratto da: nocensura.com