martedì 25 marzo 2014

Caso Moro, rivelazione clamorosa di ex poliziotto: “Servizi segreti scortarono le Br”

Aldo Moro, rivelazione clamorosa di un ex poliziotto: “Servizi Segreti scortarono le Br”
Enrico Rossi, ispettore di polizia in pensione, riapre il caso della strage di via Fani e il sequestro dello statista Dc del 16 marzo 1978: “Sulla moto che quel giorno bloccò il traffico c’erano due agenti dei servizi”
 
Aldo Moro, rivelazione clamorosa di un ex poliziotto: “Servizi segreti scortarono le Br”
E’ il 16 marzo del 1978. Siamo a Roma, in via Fani. Un giorno destinato a rimanere scolpito nella storia e nella memoria degli italiani. Le Brigate Rosse sequestrano il leader della Dc Aldo Moro e uccidono gli agenti della scorta. A 36 anni di distanza, il caso Moro si riapre, grazie alle rivelazioni di Enrico Rossi, ispettore di polizia in pensione. Ecco il suo racconto all’Ansa:
“I servizi segreti scortavano le Br il giorno del rapimento di Aldo Moro. Sul posto c’era anche una moto con a bordo due persone. Dipendevano dal colonnello del Sismi Camillo Guglielmi, che era in via Fani quella mattina. Dovevano proteggere le Br da ogni disturbo”
LA LETTERA ANINIMA - Rossi parla di una lettera scritta da uno degli uomini che il 16 marzo ’78 si trovava a bordo della moto Honda che bloccò il traffico tra via Stresa e via Fani durante il rapimento. La lettera fu inviata a un quotidiano nell’ottobre 2009. L’anonimo forniva elementi per rintracciare il guidatore della Honda: il nome di una donna e di un negozio di Torino. “Tanto io posso dire, sta a voi decidere se saperne di più”. Il quotidiano all’epoca passò alla Questura la lettera per i dovuti riscontri, ma della missiva non si seppe più nulla. A Rossi, che ha sempre lavorato nell’antiterrorismo, la lettera arriva sul tavolo nel febbraio 2011 in modo casuale. Non è protocollata e non sono stati fatti accertamenti, ma ci vuole poco a identificare il presunto guidatore della Honda di via Fani che secondo un testimone ritenuto molto credibile era a volto scoperto e aveva tratti del viso che ricordavano Eduardo De Filippo.
“Non so bene perché ma questa inchiesta trova subito ostacoli. Chiedo di fare riscontri ma non sono accontentato. L’uomo su cui indago ha, regolarmente registrate, due pistole. Una è molto particolare: una Drulov cecoslovacca; pistola da specialisti a canna molto lunga, di precisione. Assomiglia ad una mitraglietta”.
La Honda blu presente in via Fani il 16 marzo del 1978 è da sempre un mistero. I capi brigatisti hanno sempre negato che a bordo ci fossero due loro uomini, ma da quella moto si spararono gli unici colpi verso un civile presente sulla scena del rapimento, l’ingegner Alessandro Marini, uno dei testimoni più citati dalla sentenza del primo processo Moro. Marini fu interrogato alle 10.15 di quel 16 marzo. Il conducente della moto – disse – era un giovane di 20-22 anni, molto magro, con il viso lungo e le guance scavate, che a Marini ricordò “l’immagine dell’attore Edoardo De Filippo”.
Rossi si mise sulle sue tracce e incontrò enormi difficoltà: ”Non so bene perché ma questa inchiesta trova subito ostacoli. Chiedo subito di interrogare l’uomo che all’epoca vive in Toscana. Autorizzazione negata. Chiedo di periziare le due pistole che avevo trovato in un sopralluogo. Negato. La situazione si ‘congela’ e non si fa nessun altro passo, che io sappia. Capisco che è meglio che me ne vada e nell’agosto del 2012 vado in pensione a 56 anni”. Ma non è finita. “Tempo dopo, una voce amica di cui mi fido – dice l’ex poliziotto – m’informa che l’uomo su cui indagavo è morto dopo l’estate del 2012 e che le due armi sono state distrutte senza effettuare le perizie balistiche che avevo consigliato di fare. Ho aspettato mesi. I fatti sono più importanti delle persone e per questo decido di raccontare l’inchiesta incompiuta”. 
Il fascicolo che contiene tutta la storia dei due presunti passeggeri della Honda è stato trasferito da Torino a Roma dove è tuttora aperta un’inchiesta della magistratura sul caso Moro.

Fonte: today.it

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