Di Antonio Maria Rinaldi
Non vi nascondo che ho letto con molto interesse i 7 punti proposti da Grillo riguardo alla posizione che il M5S prenderà in occasione delle prossime elezione europee di maggio. La mia curiosità era essenzialmente motivata da due aspetti: massima attenzione nei confronti del nuovo Movimento politico che al suo esordio è riuscito a coagulare il 25% dei consensi del Paese e perché riconosco il merito ai pentastellati di aver sollevato problematiche fino ad oraconsiderate tabù e di essere stata l’unica forza politica italiana che fino ad ora abbia concesso a tutte le tesi opposte, riguardo la nostra appartenenza nell’area valutaria euro, di potersi esprimere in tre diverse distinte occasioni presso la Camera dei Deputati.
Ma la mia attenzione maggiore era concentrata sulla posizione che il Movimento di Grilloavrebbe preso rispetto a quelle che presumibilmente gli altri schieramenti cavalcheranno nelle settimane a venire. Infatti volendo fare un rapidissimo excursus fra i “manifesti” che verranno proposti agli italiani al fine di catturarne il consenso, la maggioranza degli attuali partitirappresentati in Parlamento fanno intuire, anche se con toni e sfumature diverse, la via più o meno critica alla “revisione delle regole”, proponendo sostanzialmente modifiche ai Trattatie alle attribuzioni della Banca Centrale Europea. Unica eccezione per ora, ma non priva di distinguo interni, la Lega del neo segretario nazionale Matteo Salvini che ha già fatto sapere di combattere per un ritorno alla lira. D’altronde i crescenti malumori che si stanno elevando in tutt’Europa, ad iniziare dal Front Nationale di Marine Le Pen, a cui già gli si accredita lamaggioranza relativa dei suffragi dell’elettorato francese, hanno indotto il mondo politico nazionale a non sottovalutare le tematiche più scottanti che saranno oggetto di confronto e scontro nelle prossime consultazioni europee.
Ma torniamo al nostro Grillo. La nota messa in rete venerdì 3 gennaio, rappresenta un vero e proprio inizio di campagna elettorale europea e si compone di un preambolo, più che condivisibile, dove vengono denunciate senza troppi giri di parole i noti problemi che affliggono laconduzione europea e dell’unione monetaria e da un allegato, in cui molto sinteticamente vengono proposti i famosi 7 punti su cui si concentrerà il Movimento e che saranno oggetto di approfondimento con la propria base.
Ritengo pertanto di estremo interesse commentare questi ultimi, nella piena consapevolezza che mai come questa volta saranno di particolare importanza i rapporti di forza che emergeranno dalle prossime consultazioni europee sulla base delle proposte che si riusciranno a proporre, poiché influenzeranno in modo determinante gli stessi indirizzi e azioni di politicainterna.
1) Referendum per la permanenza nell’euro.
Come ho più volte avuto modo di esprimermi, non considero il ricorso a un referendum come una via ragionevolmente perseguibile, non solo per l’attuale inapplicabilità normativa che ne ritarderebbe oltremodo il suo svolgimento (art. 75 Costituzione), ma per una semplice questione di opportunità. Il lungo periodo intercorrente fra la modifica del dettame costituzionale, laraccolta firme, l’approvazione allo svolgimento da parte della Cassazione e della Consulta, il periodo di “campagna” referendaria da ambo le fazioni non certo priva di toni accesi, determinerebbero motivi di enorme incertezza che produrrebbero ulteriori disagi finanziari per il nostro Paese e darebbero l’opportunità, pretesto e giustificazione all’attuale classe politica dirigente, notoriamente filo-sostenitrice della costruzione monetaria comune, nell’intraprendere provvedimenti ancora più restrittivi di finanza pubblica. Senza considerare poi che, in caso di successo per l’uscita dall’euro, si delegherebbero non precisate persone alla gestione del risultato e nella migliore delle ipotesi pertanto la volontà popolare sarebbe accantonata, così come avvenuto tristemente in passato con altri esiti referendari.
Come ho più volte avuto modo di esprimermi, non considero il ricorso a un referendum come una via ragionevolmente perseguibile, non solo per l’attuale inapplicabilità normativa che ne ritarderebbe oltremodo il suo svolgimento (art. 75 Costituzione), ma per una semplice questione di opportunità. Il lungo periodo intercorrente fra la modifica del dettame costituzionale, laraccolta firme, l’approvazione allo svolgimento da parte della Cassazione e della Consulta, il periodo di “campagna” referendaria da ambo le fazioni non certo priva di toni accesi, determinerebbero motivi di enorme incertezza che produrrebbero ulteriori disagi finanziari per il nostro Paese e darebbero l’opportunità, pretesto e giustificazione all’attuale classe politica dirigente, notoriamente filo-sostenitrice della costruzione monetaria comune, nell’intraprendere provvedimenti ancora più restrittivi di finanza pubblica. Senza considerare poi che, in caso di successo per l’uscita dall’euro, si delegherebbero non precisate persone alla gestione del risultato e nella migliore delle ipotesi pertanto la volontà popolare sarebbe accantonata, così come avvenuto tristemente in passato con altri esiti referendari.
In parole povere, l’eventuale vantaggio da un’uscita dall’area euro per il ritorno alla propria Sovranità monetaria, sarebbe ancor prima annullata proprio per effetto dell’annuncio di un referendum! E poi permettetemi di precisare: ma è necessario dover ricorrere a un referendum per ribadire il principio che l’Italia è un Paese democratico e non desidera che una elite di eurocrati autoreferenziali, non eletti dal suffragio universale, abbiainstaurato una vera e propria dittatura economica che la sta condizionando al punto da dissolverla economicamente e moralmente?
2) Abolizione del Fiscal Compact
Il Patto di bilancio europeo o Trattato sulla stabilità, a noi più noto con il nome di Fiscal Compact grazie agli attenti comunicatori di Bruxelles che hanno preferito da subito associare restrittivi e penalizzanti impegni di finanza pubblica ai più tranquillizzanti, gradevoli e familiari Compact Disc, prevede essenzialmente la riduzione sistematica e pianificata del surplus dello stock di debito pubblico eccedente il 60% in vent’anni al ritmo del 5% annuo e il pareggio di bilancio, cioè l’impossibilità da parte dello Stato di produrre deficit, costringendolo a ricorrere per il suo fabbisogno finanziario esclusivamente alla fiscalità e alla riduzione della spesa. Quest’ultimo vincolo è stato considerato essenziale dagli eurocrati, tanto da prevederne l’inserimento nelle rispettive Costituzioni, nonostante sia contro ogni logica nella letteratura economica, concetto ripudiato da moltissimi premi Nobel per l’economia e con il nostro prof.Giuseppe Guarino in prima fila, il quale ha ampiamente argomentato la sua illegittimità giuridica rispetto agli altri Trattati europei. Il rispetto, dal 1 gennaio del 2015, costringerà il nostro Paese al reperimento annuale aggiuntivo di 52/53 miliardi di euro per la riduzione del debito e di 39/40 per comprimere, allo 0,5% ancora tollerato, il deficit. Valori che si commentano da soli nonostante l’attuale governo si ostini ad ignorarle e a tenerli vergognosamente nascostiall’opinione pubblica. Pertanto sono perfettamente d’accordo sull’abolizione o almeno a una moratoria di questo vincolo, concepito come ultimo perverso mezzo robotizzato per la sopravvivenza dell’agonizzante unione monetaria, anche se rimando al termine di questo articolo per trarne le dovute conclusioni.
Il Patto di bilancio europeo o Trattato sulla stabilità, a noi più noto con il nome di Fiscal Compact grazie agli attenti comunicatori di Bruxelles che hanno preferito da subito associare restrittivi e penalizzanti impegni di finanza pubblica ai più tranquillizzanti, gradevoli e familiari Compact Disc, prevede essenzialmente la riduzione sistematica e pianificata del surplus dello stock di debito pubblico eccedente il 60% in vent’anni al ritmo del 5% annuo e il pareggio di bilancio, cioè l’impossibilità da parte dello Stato di produrre deficit, costringendolo a ricorrere per il suo fabbisogno finanziario esclusivamente alla fiscalità e alla riduzione della spesa. Quest’ultimo vincolo è stato considerato essenziale dagli eurocrati, tanto da prevederne l’inserimento nelle rispettive Costituzioni, nonostante sia contro ogni logica nella letteratura economica, concetto ripudiato da moltissimi premi Nobel per l’economia e con il nostro prof.Giuseppe Guarino in prima fila, il quale ha ampiamente argomentato la sua illegittimità giuridica rispetto agli altri Trattati europei. Il rispetto, dal 1 gennaio del 2015, costringerà il nostro Paese al reperimento annuale aggiuntivo di 52/53 miliardi di euro per la riduzione del debito e di 39/40 per comprimere, allo 0,5% ancora tollerato, il deficit. Valori che si commentano da soli nonostante l’attuale governo si ostini ad ignorarle e a tenerli vergognosamente nascostiall’opinione pubblica. Pertanto sono perfettamente d’accordo sull’abolizione o almeno a una moratoria di questo vincolo, concepito come ultimo perverso mezzo robotizzato per la sopravvivenza dell’agonizzante unione monetaria, anche se rimando al termine di questo articolo per trarne le dovute conclusioni.
3) Adozione degli Eurobond
Premesso che per Eurobond s’intendono emissioni di obbligazioni pubbliche la cui garanzia siacongiuntamente solidale dagli stessi paesi dell’eurozona, ho più che motivati dubbi che mai potranno venire alla luce. Questa mia convinzione deriva dalla presa d’atto che il recente accordo di “Groβe Koalition”, raggiunto a metà dicembre scorso dal Cancelliere Merkel per la formazione del suo nuovo governo, prevede esplicitamente la linea dura nei confronti di tale progetto. E poi siamo sicuri che ci convengano? Per poterli ottenere i nostri partnerspretenderebbero a loro volta delle garanzie e vincoli di bilancio, di finanza e l’asservimento di asset di proprietà pubblica che il Fiscal Compact stesso apparirebbe a confronto una richiesta benefica della Caritas. L’emissione di tranche di titoli italiani con il timbro di eurobond, produrrebbero una diminuzione dei tassi nominali su quella specifica porzione, ma conseguentemente condannerebbero, per le note leggi di mercato, a rialzi ben più corposi i titoli del ben maggiore debito regresso rimasto con la sola garanzia nazionale! Se ci fosse stata la volontà reale di spirito di mutualità nella costruzione monetaria, già ai tempi di Maastricht si sarebbe provveduto a solidarizzare almeno le porzioni di debito pubblico non eccedenti il famoso parametro del 60%. Come spiegherebbe al suo fedele e devoto elettorato, sempre la gentile Signora Merkel, di essersi incollata il rischio di paesi “come l’Italia” con l’effetto di pagare anche un premio in termini di aumento dei propri tassi rispetto a quelli precedenti? Anche la recente Unione Bancaria ha fatto emergere chiaramente che la linea seguita è quella di considerare i cittadini e le imprese i veri prestatori di ultima istanza e non i rispettivi governi, sistemi finanziari e tantomeno la Banca Centrale! Quindi mettiamoci l’anima in pace perché gliEurobond non verranno mai alla luce e qualsiasi battaglia protesa al suo riconoscimento sarà tempo perso!
Premesso che per Eurobond s’intendono emissioni di obbligazioni pubbliche la cui garanzia siacongiuntamente solidale dagli stessi paesi dell’eurozona, ho più che motivati dubbi che mai potranno venire alla luce. Questa mia convinzione deriva dalla presa d’atto che il recente accordo di “Groβe Koalition”, raggiunto a metà dicembre scorso dal Cancelliere Merkel per la formazione del suo nuovo governo, prevede esplicitamente la linea dura nei confronti di tale progetto. E poi siamo sicuri che ci convengano? Per poterli ottenere i nostri partnerspretenderebbero a loro volta delle garanzie e vincoli di bilancio, di finanza e l’asservimento di asset di proprietà pubblica che il Fiscal Compact stesso apparirebbe a confronto una richiesta benefica della Caritas. L’emissione di tranche di titoli italiani con il timbro di eurobond, produrrebbero una diminuzione dei tassi nominali su quella specifica porzione, ma conseguentemente condannerebbero, per le note leggi di mercato, a rialzi ben più corposi i titoli del ben maggiore debito regresso rimasto con la sola garanzia nazionale! Se ci fosse stata la volontà reale di spirito di mutualità nella costruzione monetaria, già ai tempi di Maastricht si sarebbe provveduto a solidarizzare almeno le porzioni di debito pubblico non eccedenti il famoso parametro del 60%. Come spiegherebbe al suo fedele e devoto elettorato, sempre la gentile Signora Merkel, di essersi incollata il rischio di paesi “come l’Italia” con l’effetto di pagare anche un premio in termini di aumento dei propri tassi rispetto a quelli precedenti? Anche la recente Unione Bancaria ha fatto emergere chiaramente che la linea seguita è quella di considerare i cittadini e le imprese i veri prestatori di ultima istanza e non i rispettivi governi, sistemi finanziari e tantomeno la Banca Centrale! Quindi mettiamoci l’anima in pace perché gliEurobond non verranno mai alla luce e qualsiasi battaglia protesa al suo riconoscimento sarà tempo perso!
4) Alleanza tra i Paesi mediterranei per una politica comune.
Questa condivisibilissima ed anzi auspicabile prospettiva, si scontra però con due evidenti scogli: che compatibilità esiste con l’appartenenza all’Unione Europea, cioè l’Italia puòunilateralmente intraprendere accordi di un certo spessore con altri paesi limitrofi che non passino prima sui tavoli di Bruxelles? E poi anche se fosse possibile, la nostra politica estera ne sarebbe capace? Fino ad ora non è stata capace d’imporre neanche un’azione comune riguardo il drammatico problema delle immigrazioni marittime e il mondo ci ride ancora dietro non essendo ancora riusciti riportare a casa i nostri Marò, dopo infinite trattative dal sapore della beffa. Come ragionevolmente pensiamo di poter imbastire rapporti in una area geopolitica così turbolenta senza precise linee e strategie e senza soprattutto una forte alleanza esterna che ci consenta di avere credibilità?
Questa condivisibilissima ed anzi auspicabile prospettiva, si scontra però con due evidenti scogli: che compatibilità esiste con l’appartenenza all’Unione Europea, cioè l’Italia puòunilateralmente intraprendere accordi di un certo spessore con altri paesi limitrofi che non passino prima sui tavoli di Bruxelles? E poi anche se fosse possibile, la nostra politica estera ne sarebbe capace? Fino ad ora non è stata capace d’imporre neanche un’azione comune riguardo il drammatico problema delle immigrazioni marittime e il mondo ci ride ancora dietro non essendo ancora riusciti riportare a casa i nostri Marò, dopo infinite trattative dal sapore della beffa. Come ragionevolmente pensiamo di poter imbastire rapporti in una area geopolitica così turbolenta senza precise linee e strategie e senza soprattutto una forte alleanza esterna che ci consenta di avere credibilità?
5) Investimenti in innovazione e nuove attività produttive esclusi dal limite del 3% annuo di deficit di bilancio.
In teoria già è previsto, in quanto sono utilizzabili i fondi europei specifici che esulano dai deficit di bilancio, pertanto in deroga al limite attuale del 3%!
In teoria già è previsto, in quanto sono utilizzabili i fondi europei specifici che esulano dai deficit di bilancio, pertanto in deroga al limite attuale del 3%!
6) Finanziamenti per attività agricole e di allevamento finalizzate ai consumi nazionali interni
Come punto 5)!
Come punto 5)!
7) Abolizione del pareggio di bilancio
Argomento già discusso nel punto 2) sull’abolizione del Fiscal Compact, in quanto è uno deidue punti cardine del Trattato stesso!
Argomento già discusso nel punto 2) sull’abolizione del Fiscal Compact, in quanto è uno deidue punti cardine del Trattato stesso!
Considerazioni finali
Pur riconoscendo i buoni propositi che animano il M5S nel promuovere iniziative per contrastare l’attuale conduzione fallimentare della moneta unica, tutti i 7 punti proposti da Grillo potrebbero essere molto più proficuamente perseguibili e realizzabili immediatamente, con il ritorno alla piena Sovranità monetaria. Infatti i punti 1) 2), 3), 4), 5), 6) e 7), automaticamente sarebbero soddisfatti con l’abbandono dell’euro, in quanto il ritorno alla nostra autonoma valuta, farebbe decadere le imposizioni dei Trattati che ci vincolano alle restrizione del deficit di bilancio, del pareggio di bilancio, alla possibilità di destinare risorse agli investimenti e finanziamenti alle attività produttive industriali e agricole, di tessere nuovi accordi con paesi del mediterraneo ed infine di recuperare il più prezioso dei nostri diritti: quello di riconquistare in pieno i principii della democrazia, ora calpestati da questo nuovo ordine monetario che ha preferito accordare per le scelte economiche il voto ai mercati sottraendolo invece al giudizio dei cittadini.
Pur riconoscendo i buoni propositi che animano il M5S nel promuovere iniziative per contrastare l’attuale conduzione fallimentare della moneta unica, tutti i 7 punti proposti da Grillo potrebbero essere molto più proficuamente perseguibili e realizzabili immediatamente, con il ritorno alla piena Sovranità monetaria. Infatti i punti 1) 2), 3), 4), 5), 6) e 7), automaticamente sarebbero soddisfatti con l’abbandono dell’euro, in quanto il ritorno alla nostra autonoma valuta, farebbe decadere le imposizioni dei Trattati che ci vincolano alle restrizione del deficit di bilancio, del pareggio di bilancio, alla possibilità di destinare risorse agli investimenti e finanziamenti alle attività produttive industriali e agricole, di tessere nuovi accordi con paesi del mediterraneo ed infine di recuperare il più prezioso dei nostri diritti: quello di riconquistare in pieno i principii della democrazia, ora calpestati da questo nuovo ordine monetario che ha preferito accordare per le scelte economiche il voto ai mercati sottraendolo invece al giudizio dei cittadini.
Riprendiamoci quindi le chiavi di casa finché siamo in tempo e invece di rincorrere areferendum di utopica realizzazione mentre la casa brucia, trasformiamo le consultazioni elettorali europee del prossimo maggio in un vero e proprio referendum, dove sarà possibile in modo plebiscitario premiare finalmente chi fa i reali interessi del Paese, eleggendo personeda inviare a Bruxelles che non siano per lo più i soliti trombati dalla politica nazionale, ma che abbiano le effettive capacità di combattere in questa battaglia dove a vincere senza appello sarà la finanza o i cittadini. Le idee per quanto buone e condivisibili si riescono a concretizzarle solamente se ci sono persone in grado di realizzarle.
Perciò caro Beppe, prendi il toro per le corna e dichiarati direttamente per l’uscita del nostro Paese dall’euro senza se e senza ma e conquisterai il favore e le simpatie degli italiani che sanno benissimo in cuor loro che è giunto il tempo di non chinare più la testa.
Come non accorgersi che in Italia si sta giorno dopo giorno formando un esercito di cittadini sempre più compatto e deciso nella disperata ricerca non più di cialtroni maggiordomi ma di leali generali che li guidino verso il riscatto?
Fonte: Formiche.net