Non fate l’errore, cari lettori, di credere davvero che quella di
Graziano Delrio sia stata la classica scivolata su una buccia di banana
frutto dell’inesperienza. Non è così. Perché il sottosegretario alla
presidenza del Consiglio è tutto tranne che un politico inesperto: è
furbo, preparato, e naviga a vari livelli nei marosi della politica
attiva da qualche decennio. Se parla, sa cosa dice. E quando ha parlato
di aumentare la tassazione sui Bot dall’attuale 12,5% – sottolinea
Mauro Bottarelli – non ha dato fiato a una voce dal sen sfuggita: ha
testato la piazza, su preciso mandato. «È come nel rugby: la prima
mischia ordinata della partita serve a testare la consistenza del
pacchetto avversario. Chi vince la prima, impone le regole tutta la
partita. Magari non fisicamente, ma sicuramente psicologicamente».

Non a caso, aggiunge Bottarelli su “
Il Sussidiario”,
il comunicato con cui Palazzo Chigi ha tentato di tamponare l’incidente
diplomatico alla vigilia del voto di fiducia è la classica toppa peggio
del buco: si dice infatti sì che l’intenzione
non è quella di imporre nuove tasse bensì di abbassare quelle attuali,
ma si parla anche di rimodulazione delle aliquote per finanziare
l’abbattimento del cuneo fiscale. Quindi, non si esclude affatto che
quel 12,5% possa diventare 15%. O magari 20%. Tanto, come ha detto
Delrio, la vecchietta con i suoi Bot non starà male per questo. Tanto
più che servirà a qualcosa di importante, ovvero l’abbattimento del
costo del lavoro per aiutare i giovani a essere assunti e gli
imprenditori ad assumere. «Un bel ricatto morale, fatto alla perfezione.
Ce lo chiede l’Europa, mancava nel comunicato. Ma non tarderà a saltare fuori questa formula».

Questo, insiste Bottarelli, è il governo dei curatori fallimentari,
in missione per conto della Commissione Europea. Lo si capisce benissimo
fin dalle prime battute, «al netto del nulla cosmico in cui si è
sostanziato il discorso di Matteo Renzi al Senato, tra bambini che
meritano scuole sicure e investimenti esteri mischiati insieme come in
un frullato zuccheroso di buone intenzioni senza nemmeno una cifra o un
provvedimento concreto». Per capire l’aria che tira, continua l’analista
del “Sussidiario”, basta dare un’occhiata a quello che sta succedendo
all’estero. Nel silenzio più assoluto, il governo austriaco ha appena
reso noto che i detentori di bond di Hypo-Alde-Adria-Bank, nazionalizzata nel 2009, potrebbero non vedersi ripagato il capitale: questo avviene in Austria, non a Cipro o in Grecia.
La decisione del governo toccherà solo i bond con garanzia della
provincia della Carinzia, mentre quelli con garanzia federale pagheranno
secondo le regole. Ma un nuovo modello, dopo quello cipriota del
bail-in, sembra giunto in Europa
a mostrare la via. «Ora, se il governo di un paese sano come l’Austria
arriva a questo nei riguardi di un istituto nazionalizzato, a cosa potrà
arrivare quello italiano, paese dove le banche
hanno oltre il 12% di sofferenze sul totale dei prestiti e Monte dei
Paschi dovrà essere nazionalizzata entro la fine dell’anno?».
D’altronde, il governo Renzi «ha una genealogia lunga e tutta compresa
nel documento segreto redatto dalla Commissione Europea, che la Reueters
ha intercettato e letto». Eccone il punto fondamentale: «I risparmi dei
500 milioni di cittadini dell’Unione Europea saranno usati per
finanziare investimenti a lungo termine per stimolare l’economia e contribuire a riempire il vuoto lasciato dalle banche dall’inizio della crisi finanziaria».

Ufficialmente, la Commissione vuole “svezzare” le economie dei 28
paesi sudditi «dalla loro pesante dipendenza dai prestiti bancari, e
trovare altri mezzi di finanziare le piccole imprese, i progetti
infrastrutturali e altri investimenti». Tutto questo, in una situazione
in cui – in previsione dell’unione bancaria – le banche
temono gli stress test «che, se venissero condotti in maniera seria,
vedrebbero una serie di bocciature capace gli spedire gli spread reali
sulla luna». C’è poi la ricetta di Davide Serra, il guru finanziario di
Renzi. Secondo Serra, «il primo problema è il debito sbilanciato: troppo
debito pubblico,
poco privato e poco delle aziende. Questo blocca la crescita». Serra,
inoltre, propone anche l’abolizione del contante e il ricalcolo di tutte
le pensioni, oggi modulate col sistema retributivo, per rimetterle al
magrissimo sistema contributivo: «Il tutto – conclude Bottarelli – per
dare i soldi in surplus ricavati alle imprese, sgravando le banche dal loro compito. In qualche modo, una redistribuzione forzosa dai vecchi ai giovani: tu chiamala, se vuoi, rottamazione».
Da quando hanno preso i soldi dalla aste Ltro della Bce, le banche «stanno comprando debito pubblico
come se non ci fosse un domani». Chiedere agli istituti di credito di
finanziarie anche le imprese? «E’ troppo. Ci pensino i
cittadini-contribuenti: attraverso le pensioni, la tassazione sui Bot, i
tagli
sulle detenzioni obbligazionarie e magari domani un bel prelievo
forzoso sui conti correnti, come suggerito poco tempo fa dal Fmi».
Certo, aggiunge l’analista, l’aver tenuto in piedi l’euro come moneta, agendo sul debito sovrano, ha comportato un prezzo alto da pagare, e non solo per la banche: si è fatto grippare del tutto il motore di creazione di credito in Europa. Il quale oggi è creato dalle banche,
che lo fanno indebitandoci: così, la massa monetaria s’è ridotta
all’1,5% annuo, ben sotto al target del 4,5% a cui fa riferimento la
stessa Bce per mantenere l’inflazione al 2%, come detta il suo mandato.
C’è però un problemino, reso noto da Eurostat: inflazione stabile a
gennaio per l’Eurozona. Ovvero: la deflazione è dietro l’angolo. «Se non
aumenta la massa monetaria, non sale l’inflazione: e Draghi non solo
non è stato in grado di mantenere il suo target del 4,5% ma lo ha
dimezzato, facendo scendere il tasso inflattivo sotto la metà
dell’obiettivo prefissato del 2%». Avverte Bottarelli: «In queste
condizioni, l’Italia muore. E i soldi vanno presi dove ci sono, ovvero
nel risparmio dei cittadini, visto che le banche
non prestano ad aziende non finanziarie». Ergo: «Preparatevi alla
grande tosatura, cari lettori, il governo dei curatori fallimentari è
qui per questo. E Delrio non è affatto lo sprovveduto che vogliono
dipingere: ha tastato il polso, su mandato. Ora basterà uno scossone,
un’emergenza a livello europeo, uno spavento sullo spread e tutto sarà
possibile. Perché ce lo chiede l’Europa e lo farà con la faccia giovane, fresca e rassicurante di Matteo».
Fonte:
libreidee.org