venerdì 7 febbraio 2014

Ecco come salvare la Sicilia: con il Tarì, la moneta complementare all’euro

Da Linksicilia.it
UNO STRUMENTO DI PAGAMENTO PARALLELO ALL’EURO PER SALVARE LA SICILIA. REGOLATO DA UNA CONVENZIONE ALLA QUALE ADERIREBBERO SOGGETTI PUBBLICI E PRIVATI. A PARTIRE DAI COMUNI. MONETE COMPLEMENTARI SONO STATE INTRODOTTE IN MOLTI PAESI EUROPEI DURANTE LA CRISI DEGLI ANNNI TRENTA DEL SECOLO SCORSO. E HANNO FUNZIONATO.  COME FARE E QUALI RISULTATI PRODUREBBE CE LO SPIEGANO DUE ECONOMISTI DI GRANDE ESPERIENZA: MASSIMO COSTA, DOCENTE DI ECONOMIA ALL’UNIVERSITA’ DI PALERMO E BIAGIO BOSSONE, CHAIRMAN  DI ‘THE GROUP OF LECCE’ ON GLOBAL FINANCE:
“La situazione economica siciliana è grave e persino in via di peggioramento rispetto a un andamento nazionale di per sé drammatico. Se in Italia l’inflazione s’indebolisce, in Sicilia siamo già alla deflazione conclamata: i prezzi flettono e non perché sia cresciuta la produttività e la competitività dei nostri produttori, ma perché settore privato e pubblico spendono sempre meno. Anzi, il denaro proprio manca.
L’economia siciliana è in “caduta libera” e non soltanto le politiche nazionali e regionali non arginano la caduta, ma esse stesse la accelerano. fallimento
Il malessere è diffuso e crescente. La carenza di rappresentanza politica del disagio dei cittadini fa sì che essi soffrano in solitudine e non abbiano capacità di espressione aggregata del malessere. Il fatto che alle ultime elezioni regionali abbia votato meno della metà degli elettori e che si aggirino ancor più fosche previsioni per le prossime europee non può tranquillizzare nessuno. I Siciliani non vanno più al voto; si stanno dunque “scollando” dalla comunità politica nazionale?
Il rischio è che il fuoco covi sotto la cenere e che, d’improvviso, divampi incontrollato. D’altra parte, seppur riuscirà a evitare le fiamme, la Sicilia resta preda di un declino soffocante che non sembra lasciar tracce di speranza in chi ancora vuol credere nel progresso della sua storia. Un numero crescente di giovani oggi lascia la Sicilia in cerca di un futuro.
Le origini dell’attuale crisi trovano radici in scelte europee e nazionali che, ammantate d’elegante tecnocratismo elitista e spacciate per ineludibili conseguenze di verità superiori, hanno impedito politiche economiche di sostegno alla domanda e all’occupazione, che pure altri paesi hanno saputo adottare. Non sono mancate proposte in tal senso, ma sono state volutamente ignorate.
Tuttavia, le cause esterne della crisi non assolvono la Sicilia che, prima della crisi e per decenni, ha dissipato invece che costruire, coltivato rendite e clientele invece che stimolare innovazione e intrapresa, mortificato il merito invece che premiare i migliori. Come e anche peggio che nel resto del Paese. Ne hanno beneficiato le consorterie parassitarie, private e pubbliche, mentre il popolo ha convissuto col degrado e la corruzione dilaganti (tanto i soldi giravano…). Ne è stata soppressa la capacità di creare una società sana, vitale e produttiva. Così, la crisi ha trovato in Sicilia un terreno che da franoso è diventato franante.
Oggi mancano i fondi per qualunque azione di ripresa e mancano soprattutto le idee per provare a reagire.
La Sicilia ha bisogno di riforme profonde. Necessita, anzi, di una vera e propria rifondazione. Ma, nell’immediato, deve evitare il collasso e creare un argine alla valanga in corso, per far sì che ci sia ancora, domani, un terreno su cui poter rifondare. A questo mira l’idea che esponiamo di seguito.
L’idea è di creare, presto, in Sicilia uno strumento di pagamento che circoli parallelamente all’euro, con lo scopo di creare nuovo potere d’acquisto per lavoratori, famiglie, imprese e amministrazioni locali e invertire la vertiginosa caduta della spesa. Se la creazione di moneta è inflazionistica in tempi di piena occupazione, essa è invece proprio quel che serve in tempi di deflazione e dilagante disoccupazione. Monete complementari furono introdotte in Austria, Germania e Svizzera durante la devastante crisi degli anni Trenta, e funzionarono.


Il nuovo strumento di pagamento siciliano sarebbe governato da una Convenzione alla quale aderirebbero volontariamente soggetti pubblici e privati residenti o con sede in Sicilia. Esso avrebbe natura elettronica, il che ne accrescerebbe l’efficienza e ne abbatterebbe i costi di gestione. Non sarebbe convertibile in euro, ma circolerebbe accanto all’euro. Chi aderisse alla Convezione s’impegnerebbe a usare il nuovo strumento e a riceverlo nella propria attività di pagamento.
fallimentoEsso avrebbe massima efficacia se i soggetti pubblici aderenti (i Comuni, la Regione, gli enti locali o altri enti pubblici come, ad esempio, le scuole) lo accettassero per una quota dei propri tributi e introiti. In particolare, la sua diffusione sarebbe assicurata se la Regione siciliana ne decretasse l’accettazione per il pagamento di almeno parte dei maggiori tributi dovutile (IRPEF, IRES, IVA), previo accordo con lo Stato.
L’immissione e la gestione del nuovo strumento avverrebbero per opera di un istituto finanziario che accentrerebbe tutti i conti su cui esso circolerebbe. L’istituto sarebbe dotato di ampia autonomia operativa, contabile e amministrativa e il suo capitale sociale sarebbe detenuto dai soggetti aderenti alla Convezione. Esso sarebbe guidato da un Presidente scelto fra professionisti in possesso di adeguati requisiti professionali ed etici, che riceverebbe un mandato sufficientemente lungo per garantirne l’indipendenza (revocabile solo in caso di grave violazione dei doveri d’ufficio) e che risponderebbe a un consiglio composto da rappresentanti dei soggetti aderenti alla Convenzione e delle università siciliane. Al consiglio spetterebbe di approvare i piani strategici e la programmazione operativa dell’istituto, di nominarne il Presidente (su proposta dell’assemblea dei soci) e di esercitare funzioni di controllo.
L’istituto deciderebbe quanta nuova “moneta” immettere periodicamente nell’economia regionale, sulla base di un obiettivo puramente economico di crescita del reddito nominale locale, e lo farebbe assegnando “pacchetti” di nuovo denaro agli enti pubblici aderenti, in proporzione alla quota individuale di partecipazione al capitale, che lo utilizzerebbero per pagamenti e trasferimenti a favore di altri soggetti aderenti, i quali a loro volta farebbero altrettanto (ivi incluso anche il pagamento di parte dei tributi dovuti agli enti aderenti). Ciò eserciterebbe un’azione di stimolo della domanda interna e di assorbimento della disoccupazione, che permetterebbe di allentare la morsa dell’austerità.
Nel decidere gli utilizzi delle nuove disponibilità, ciascun ente adotterebbe i criteri e le norme previste dalle vigenti leggi di spesa, ma sarebbe chiamato a rispettare precisi requisiti di condizionalità stabiliti dall’istituto, tra i quali l’obbligo di destinare una parte del denaro a spese per investimenti e di utilizzare ben definiti indicatori di qualità del servizio e d’impatto ambientale.
Annualmente l’istituto potrebbe corrispondere ai soggetti convenzionati privati assegnazioni aggiuntive del nuovo denaro in proporzione alla movimentazione dei conti. In altri termini, chi dimostrasse di utilizzare maggiormente il nuovo denaro, accettandolo e spendendolo, si vedrebbe riconosciuto una sorta d’interesse e, dunque, un incentivo a nuova spesa.
L’inconvertibilità del nuovo denaro in euro farebbe sì che esso restasse in Sicilia, stimolando le produzioni locali (a maggior contenuto di lavoro locale).
L’istituto coprirebbe i propri costi di gestione applicando una modesta commissione in euro su ciascuna transazione. Superata la soglia di breakeven, l’istituto, dunque, non costerebbe nulla al contribuente. Inoltre, oltre a ripagare i propri costi di gestione (peraltro snelli in quanto operante su una piattaforma informatica), potrebbe costituire un solido fondo patrimoniale per l‘eventuale convertibilità futura dello strumento o, addirittura, per distribuire dividendi ai partecipanti al capitale.  tarì
Il nuovo denaro potrebbe chiamarsi “Tarì”, dal nome dell’unità di conto che fu in uso in Sicilia dal 1061 al 1861, nome che è anche acronimo di Transazioni Automatizzate per la Ricostruzione dell’Isola, il cui valore nominale sarebbe posto in parità fissa nominale con l’euro (ad esempio, se un Tarì fosse posto pari a 10 euro, potrebbe dividersi in 1000 millesimi, esattamente corrispondenti agli eurocent, che potrebbero per convenzione chiamarsi anche “Pìccioli”, sempre in omaggio alla tradizione monetaria dell’Isola).
Un tale progetto sarebbe complesso da programmare e da attuare e richiederebbe analisi specifiche di diversi aspetti istituzionali, giuridici, amministrativi, organizzativi.
Potrà funzionare soltanto se i Siciliani vorranno credervi e intenderanno sostenerlo partecipandovi. Soltanto così la nuova moneta avrà successo nello stimolare la domanda e l’offerta e, quindi, quella crescita che oggi è impossibile. Ma perché mai un cittadino siciliano dovrebbe accettare il Tarì? Semplicemente perché senza di esso oggi non avrebbe l’opzione di ricevere alcunché d’altro… E, allora, forse meglio provare a farlo funzionare.
Obiezioni all’idea che qui proponiamo saranno ovviamente più che legittime e utili. Auspicheremmo, peraltro, che chi volesse obiettarvi sentisse anche il dovere di formulare alternative migliori”.
Biagio Bossone
Chairman, “The Group of Lecce” on global finance
Massimo Costa
Economista, Università degli studi di Palermo

Una moneta complementare per salvare la Sicilia: la scheda tecnica
La Scheda Tecnica:
Proposta per l’adozione in Sicilia di uno strumento di pagamento regionale parallelo all’euro
Idea generale
L’idea che qui si propone di sviluppare è la creazione in Sicilia di uno strumento di pagamento che circoli sul territorio regionale parallelamente all’euro. Lo scopo è di accrescere lo scarso potere d’acquisto di lavoratori, famiglie, imprese e amministrazioni pubbliche siciliane, nonché di contrastare la crisi di pagamento in atto, scaturente dalla contrazione della spesa pubblica e privata, rendendo possibile un’accelerazione degli scambi e dei commerci locali, senza nuovo indebitamento. Ciò attiverebbe il ciclo consumi – profitti – investimenti – occupazione di cui l’Isola ha estremo e urgente bisogno, soprattutto nell’attuale fase di grave recessione economica nazionale, che manifesta riflessi ancor più accentuati nel Mezzogiorno d’Italia, e nella prospettiva futura di una protratta stagnazione. Questo darebbe al contempo respiro alle nostre piccole e medie imprese, soprattutto nei settori primari, quali quello agro-alimentare, ma anche ottima qualità dei beni e servizi, nonché livelli di reddito e di occupazione finalmente sostenibili.
L’idea che si esporrà in questa nota ha numerosi precedenti storici in vari paesi del mondo e vanta casi d’indiscusso successo. Comunità che vi hanno fatto ricorso, soprattutto in momenti di acuta depressione economica, hanno trovato una via d’uscita al problema della disoccupazione delle risorse senza effetti inflattivi sui prezzi. Al momento della stesura di questa nota, importanti esperimenti di adozione di monete dette regionali, comunitarie, locali o complementari sono in fase d’attuazione. La letteratura sul tema è fiorente.
Fra i possibili modelli esistenti, alcuni prevedono l’introduzione di strumenti monetari a diffusione “dal basso” (bottom up), attraverso processi di emissione gestiti da soggetti privati che operano lasciando che sia il mercato ad accettare spontaneamente e progressivamente l’utilizzo di nuovi strumenti di pagamento, in ragione della loro convenienza. Altri modelli sono, invece, di natura top-down, indotti cioè “dall’alto” e in via forzosa. Il modello che qui si propone, prendendo atto – almeno allo Stato – dell’indisponibilità della Regione siciliana a sostenere l’iniziativa, è un ibrido che, come si descriverà, combina elementi di spontanea accettazione del nuovo strumento (dal basso) con elementi d’intervento (dall’alto) a cura dei Comuni siciliani che parteciperanno all’iniziativa.
La creazione di uno strumento di pagamento per la Sicilia non intende sostituirsi ai processi di riforma economico-strutturale che l’Isola dovrà comunque intraprendere per divenire un’economia sana, produttiva e competitiva, ma costituirà un formidabile impulso per lanciare una nuova fase di creazione di ricchezza. In particolare, l’introduzione fiat di potere d’acquisto aggiuntivo nell’economia dell’Isola dovrà avvenire in stretto parallelo con un processo di stabilizzazione e di riforma strutturale dell’economia. Inoltre, i meccanismi d’immissione del nuovo strumento prevedranno un sistema di incentivi teso a rafforzare i meccanismi di controllo della qualità della spesa pubblica regionale.
Nell’intenzione di chi scrive, inoltre, la creazione dello strumento in parola non deve affatto essere vista come un’alternativa all’euro, né deve essere interpretata come manifestazione di un’idea politica secessionista, in antitesi con lo spirito unitario e identitario della Nazione italiana e con la scelta europeista da essa sin qui fatta. Al contrario, il progetto di uno strumento di pagamento locale può essere pensato come possibile primo elemento fondante di un “federalismo monetario” volto a integrare la costruzione dell’Unione Monetaria Europea e a correggerne alcune significative debolezze strutturali. La Sicilia può porsi come laboratorio sperimentale per il conseguimento di quest’ambizioso disegno, che serva da esempio per altre regioni.
Il progetto
Il nuovo strumento di pagamento siciliano sarà emesso in base alla Convenzione di cui si dirà più oltre e sarà gestita a livello regionale. La sua adozione, parallela a quella della moneta legale (euro), e alla stessa perfettamente equivalente in un rapporto di parità fissa, sarà facoltativa e quindi estesa soltanto ai soggetti che vorranno aderire alla Convenzione: pubbliche amministrazioni, imprese, cittadini. L’unico requisito per accedere alla Convenzione sarà di essere residenti, se persone fisiche, o di avere sede, se persone giuridiche, nel territorio della Regione Siciliana.
L’immissione, la gestione e il controllo del nuovo strumento di pagamento siciliano saranno opera di un istituto finanziario, dotato della più ampia autonomia operativa, contabile e amministrativa.
Questo istituto dovrà avere un nome che richiami la funzione di istituto di emissione di un’attività monetaria complementare. Poiché, come si dirà più oltre, tale attività monetaria assumerà carattere di certificato di accredito (CA), un nome possibile è quello di Istituto Siciliano di Emissione di Certificati di Accredito, al quale per brevità da qui in poi ci si riferirà col nome di “Istituto”.
Il capitale sociale dell’Istituto sarà detenuto, per statuto, dai Comuni che decideranno di aderirvi, sulla base di una ponderazione che tenga conto del numero di abitanti e della superficie degli stessi. I Comuni e i territori devono essere centrali in questa nuova esperienza economica per la Sicilia. Essendo la popolazione un dato soggetto a variazione nel tempo (un po’ meno la superficie), lo statuto deve prevedere una revisione quinquennale e a titolo gratuito di queste quote.
Lo statuto dovrà prevedere una sostanziale indipendenza dell’Istituto dal potere politico e dalle pressioni di gruppi economici privati. Allo scopo attribuirà agli azionisti solo il compito di approvare i bilanci consuntivi e il diritto a percepire eventuali dividendi. La gestione sarà affidata a un “Presidente” assistito da un “Consiglio”. Il Consiglio vedrà, per statuto, la partecipazione qualificata di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche locali, delle imprese (anche finanziarie) aderenti alla Convenzione, e delle università siciliane. All’interno del Consiglio i “pubblici” dovranno essere in maggioranza numerica rispetto ai “privati”, il voto sarà capitario e il mandato sarà lungo (dieci anni) ma non replicabile, con un rinnovo parziale ogni cinque anni, per assicurare indipendenza all’organo insieme a continuità di funzionamento. Spetterà al Consiglio l’approvazione dei piani strategici e della programmazione operativa dell’Istituto, la nomina del Presidente dell’Istituto, su proposta dell’Assemblea dei Soci/Comuni, e una definita attività di controllo, anche per mezzo di organi speciali dedicati allo scopo.
Il Presidente dovrà essere nominato solo se in possesso di requisiti culturali, professionali ed etici altissimi, definiti per statuto, e con un mandato lungo (ad esempio dieci anni) per garantirne l’indipendenza, ma anche con la possibilità di revocarlo in caso di grave violazione dei doveri d’ufficio o della sua indipendenza. Alle sue dipendenze, per le questioni strettamente aziendali, il Presidente potrà essere coadiuvato da un Direttore generale.
Il patrimonio netto iniziale della società è costituito dal capitale sociale versato dai Comuni aderenti alla Società, nonché dalle quote di sottoscrizione di adesione alla Convenzione. Tali quote potranno essere anche molto modeste e definite in modo molto forfetario, anche per far fronte ai costi iniziali, non solo di primo impianto, ma anche di attribuzione di una tessera di partecipazione, dotata di microchip, utile per il sistema dei pagamenti.
L’Istituto deciderà in piena autonomia la quantità annua e le modalità di immissione del nuovo strumento di pagamento nel sistema economico siciliano, sulla base di criteri tecnici che l’Istituto sarà tenuto a illustrare e motivare in opportune sedi di riferimento. Sulla base di tali criteri, l’Istituto stabilirà periodicamente il volume di CA da immettere nel sistema e provvederà ad allocarli ai Comuni aderenti alla Convenzione. Le allocazioni ai Comuni avverranno pro-quota rispetto alla quota partecipativa degli stessi al capitale sociale dell’Istituto.
A fronte di queste allocazioni i Comuni emetteranno uno speciale titolo perpetuo, privo di interessi, irredimibile e non trasferibile, che verrà sottoscritto per intero dall’Istituto. I titoli in parola, per definizione e costruzione, non costituiranno debito e, quindi, non incideranno sugli obblighi normativi di pareggio in bilancio previsti per i Comuni, in quanto fonte sostanzialmente permanente di capitale. I Comuni, naturalmente, sono obbligati contrattualmente, all’atto costitutivo della società, a modificare annualmente l’entità di tali titoli, con nuove emissioni o con “ritiri”, secondo quanto sarà stabilito in modo indipendente dall’Istituto.
A fronte degli speciali titoli perpetui l’Istituto farà corrispondere attribuzioni di somme di equivalente importo, sotto forma di depositi in c/c denominati in CA. Tali depositi saranno intestati ai Comuni stessi e saranno detenuti presso l’Istituto. Parimenti altri soggetti (pubbliche amministrazioni; imprese, anche finanziarie; lavoratori; e in genere soggetti privati e pubblici residenti in Sicilia) potranno aderire alla Convenzione e saranno autorizzati a detenere presso l’Istituto conti di deposito in CA, su cui faranno affluire pagamenti e trasferimenti in CA a proprio favore. I Comuni e tutti i detentori di conti di deposito in CA potranno movimentare le proprie disponibilità di CA per effettuare pagamenti e trasferimenti a favore di altri soggetti detentori di conti di deposito in CA. Tutti i pagamenti in CA saranno regolati al lordo e in tempo reale sui conti presso l’Istituto.
L’Istituto non effettuerà raccolta di risparmio ai sensi dell’Art. 11 del T.U.B, d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 e successive modifiche e integrazioni e, quindi, non sarà soggetto direttamente ai controlli e alla vigilanza previsti ex lege per le aziende bancarie, ma solo a quelli previsti per gli altri operatori finanziari. L’Istituto, peraltro, in quanto soggetto operante funzioni di pagamento e regolamento, potrà essere soggetto all’attività di oversight sui sistemi di pagamento esercitata dalla Banca d’Italia.
L’eventuale allocazione di parte dei CA ad aderenti alla Convenzione diversi dai Comuni avverrà secondo criteri definiti, resi pubblici prima del “lancio” della Convenzione medesima, e proporzionati alle dimensioni (ad esempio per le imprese) e alla capacità di spesa (ad esempio per le famiglie). Quest’allocazione andrà in detrazione delle quote attribuite in prima istanza ai Comuni stessi. L’Istituto, pertanto, attribuirà in gestione ai Comuni la quota di propria spettanza, al netto di quella allocata presso altri soggetti residenti nel Comune stesso e aderenti alla Convenzione.
Agli aderenti alla Convenzione potrà essere annualmente corrisposta un’allocazione aggiuntiva di CA che sarà proporzionale alla movimentazione media (turnover), calcolata su base annua, dei conti denominati in CA, in modo da incentivarne l’accettazione e l’utilizzo come mezzi di spesa. Il totale delle allocazioni aggiuntive di CA dovrà essere coerente con gli obiettivi macroeconomici di crescita della liquidità in CA. A titolo esemplificativo si riporteranno nell’allegato tecnico alcune modalità proposte per l’allocazione dei suddetti CA nonché una previsione di massima sulle quantità di liquidità da immettere nel primo avvio dell’iniziativa (primo triennio).
L’istituto emetterà anche “contante elettronico” espresso in CA, per mezzo di carte “al portatore”, senza alcuna penalizzazione, ovviamente entro limiti definiti. In linea di pura possibilità giuridica non è preclusa la creazione di contante “fisico”, cartaceo o metallico, ma tale possibilità, non strettamente necessaria al funzionamento del sistema, non è prevista nella fase di avvio e sarà comunque sottoposta, qualora fosse adottata, ad alcune restrizioni. Il sistema, quindi, funzionerà sin dall’inizio quanto più possibile in maniera nativa elettronica e innovativa. Il contante elettronico, così come le carte nominative, riporteranno comunque un’iconografia che richiami le fogge di monete metalliche e banconote con una simbologia che si richiami espressamente alla tradizione monetaria siciliana e che comunichino la presenza di uno strumento finanziario stabile, autorevole e identitario per la comunità sociale, economica e politica che sta adottando lo strumento.
Al fine di incentivare l’adozione di CA e per dare prestigio allo strumento, l’Istituto potrà destinare annualmente una quota sorteggiata di CA per “rimborsi pregiati” a soggetti individuali detentori di CA. Ai detentori sorteggiati saranno attribuiti gettoni metallici in metallo pregiato di alto valore numismatico. Il valore intrinseco dei gettoni sarà, per quelli di metallo pregiato, superiore a quello nominale indicato.
I CA avranno accettazione su base volontaria. Tuttavia, coloro che sottoscriveranno la Convenzione s’impegneranno ad accettare CA in pagamento, nei limiti previsti dalla Convenzione medesima. I CA emessi corrisponderanno a un equivalente ammontare di valore espresso in unità di conto legale (euro), ma non saranno in questa convertibili per un periodo di tempo pre-definito (ad esempio, 5 anni). L’inconvertibilità sigillerà ogni movimento di capitali (in CA) da e per l’esterno della Sicilia. Ciò accrescerà la funzione di stimolo all’offerta di beni e servizi a elevato contenuto di lavoro locale e impedirà la “dispersione” degli effetti di domanda verso l’esterno dell’Isola attraverso la bilancia dei pagamenti regionale.
Solo successivamente al termine del pre-definito periodo d’inconvertibilità, sarà valutata l’opportunità di rendere i CA convertibili in moneta legale su richiesta. Tale valutazione sarà comunque subordinata al parere tecnico favorevole dell’Istituto. Essa potrà eventualmente avvenire con un meccanismo (o con un tasso di cambio sfavorevole) disincentivante la stessa.
I Comuni adopereranno le nuove risorse monetarie rese disponibili sotto forma di CA per finanziare spese per investimenti e consumi pubblici e/o per effettuare trasferimenti a favore degli operatori (imprese, anche finanziarie; pubbliche amministrazioni; lavoratori; altri soggetti privati e pubblici) che vorranno aderire alla Convenzione e che, pertanto, come già indicato, deterranno c/c di deposito denominati in CA presso l’Istituto. Nel decidere circa gli utilizzi e le allocazioni delle nuove disponibilità, ciascun Comune adotterà i criteri e le norme previste dalle vigenti leggi di spesa e dovrà soddisfare i criteri di condizionalità stabiliti dall’Istituto all’atto dell’erogazione di CA.
Una volta immessi nel sistema attraverso la spesa dei Comuni, i CA eserciteranno una funzione di stimolo della domanda regionale interna e di assorbimento della disoccupazione, consentendo di allentare la morsa dell’austerità per le pubbliche amministrazioni locali e permettendo altresì di ridurre l’imposizione fiscale e di migliorare i servizi alla cittadinanza. Peraltro, condizionando opportunamente l’erogazione di CA ai Comuni a percorsi “virtuosi” di spesa, si potrebbe anche migliorare la qualità della spesa stessa. Tale condizionalità potrà comprendere l’obbligo da parte dei Comuni di destinare una parte delle allocazioni di CA a spese per investimenti e di utilizzare indicatori di qualità del servizio (contabilità sociale) e indicatori sull’impatto ambientale (contabilità ambientale).
In qualunque modo e misura i CA saranno immessi nel sistema, gli aderenti alla Convenzione non accetteranno soltanto la loro parte di attribuzione, ma dovranno accettarne almeno una parte come pagamento dei propri crediti.
I Comuni e gli enti locali, da parte loro, s’impegneranno ad accettare CA per il pagamento dei tributi locali, ovviamente previa verifica di fattibilità legale di tale incentivo all’uso dei CA. D’altra parte, se, sui tributi, i Comuni sono tenuti a trasferire quote alla Regione e/o allo Stato, essi avranno diritto a chiedere una quota corrispondente di pagamento in valuta legale.
Nei rapporti con i clienti, le imprese accetteranno pagamenti in CA che partiranno da una quota contenuta ma consistente (ad esempio il 30 %) del totale dei pagamenti a ricevere e che successivamente potrà/dovrà essere innalzata progressivamente (ad esempio fino al 50 %), senza limiti per le quote massime.
I lavoratori, infine, accetteranno CA come pagamento della parte accessoria del salario, nonché di una quota definita da contratti aziendali, degli eventuali aumenti contrattuali della parte fissa del salario.
Tutti gli aderenti alla Convenzione, infine, accetteranno dagli enti pubblici pagamenti anche parziali in CA.
Come indicato, i CA assumeranno forma elettronica e saranno resi accessibili attraverso tutte le più moderne tecnologie di accesso ai conti allo stato disponibili (per esempio, internet, telefonia mobile, carte di debito).
Per i pagamenti elettronici sarà applicata una piccolissima commissione in moneta legale che l’Istituto utilizzerà in parte per sostenere i propri costi operativi e di gestione e che per il resto accumulerà progressivamente, come in un’ideale “borsellino”, per costituire una riserva valutaria (Fondo di Convertibilità) attraverso cui assicurare la convertibilità dei CA in moneta legale al termine del pre-definito periodo di inconvertibilità.
Il bilancio dell’Istituto vedrà quindi, all’attivo, gli speciali titoli perpetui emessi dai Comuni e sottoscritti dall’Istituto, le riserve e gli investimenti in euro e in altre valute e le allocazioni aggiuntive di CA. Al passivo del bilancio figureranno le disponibilità di CA sui c/c di deposito intestati ai Comuni e agli aderenti alla Convenzione, i CA emessi al portatore, in forma fisica o elettronica, e il Fondo di Convertibilità. Al patrimonio dell’Istituto, costituito dagli speciali titoli perpetui emessi dai Comuni e sottoscritti dall’Istituto medesimo, potrà aggiungersi all’atto della costituzione (o in momenti successivi) un conferimento in patrimonio immobiliare disponibile.
Dopo la prima immissione di CA, l’Istituto ne governerà le successive immissioni, tenendo conto del grado di successo dell’iniziativa, delle nuove adesioni alla Convenzione, ma soprattutto delle esigenze del sistema economico. Per ipotesi di scuola, si deve prevedere anche la possibilità di ritirare parte dei CA esistenti in caso di eccesso degli stessi rispetto alle necessità.
In un tempo futuro, qualora alla Convenzione e al capitale sociale dovesse partecipare la stessa Regione siciliana, previa negoziazione con le autorità monetarie competenti (oggi la BCE), i CA potrebbero anche avere valore legale vero e proprio sia pure in parallelo alla principale valuta legale, per l’adempimento delle obbligazioni e il pagamento di tributi di competenza regionale e comunque solo all’interno del territorio siciliano. Questa caratteristica desiderabile, tuttavia, non dipenderà soltanto dalla volontà politica dei Siciliani e potrebbero occorrere molti anni prima di essere conquistata.
Nel frattempo, lo strumento circolerà come mezzo di pagamento complementare e fiduciario, svolgendo le medesime funzioni della moneta legale, salvo essere meno adatta a fungere da riserva di valore, ciò che – ai nostri fini – sarebbe un pregio piuttosto che un difetto, attesa l’esigenza di stimolare la spesa piuttosto che a tesaurizzare il nuovo strumento. Anche in assenza di questo riconoscimento, tuttavia, l’eventuale partecipazione della Regione renderebbe comunque più potente lo strumento, vista la sua possibilità di estenderne l’uso a tutti gli enti locali, in via legislativa, e vista la sua possibilità, seppure parziale, di accettarlo in pagamento per i tributi di spettanza regionale e locale. Ad ogni modo, al momento, il progetto nasce su iniziativa comunale e solo il suo “successo” potrà determinarne gli sviluppi ulteriori.
Il nome del nuovo strumento di pagamento siciliano
Non si è parlato, sin qui, del “nome” da dare allo strumento, per la sua relativa irrilevanza rispetto alla riuscita dell’iniziativa. Si suggerisce tuttavia di richiamarsi alle tradizioni monetarie siciliane, con un legame, quindi, che si riallacci alle radici per guardare al futuro. Un nome suggestivo potrebbe essere quello del tarì di sicilia, per secoli moneta della Sicilia, ma anche acronimo di “Transazioni Automatizzate per la Rinascita dell’Isola”. Sarebbe quindi, simbolicamente, come riallacciare le fila di un antico discorso da parte del primo paese dell’Europa occidentale ad aver “battuto moneta”, il simbolo di una rinascita che guarda al futuro. Si potrebbe pensare al Tarì come a una unità di conto pari esattamente a 10 euro, suddivisa per i sottomultipli in 1000 unità, esattamente corrispondenti agli eurocent, che potrebbero avere il nome storico di “Pìccioli”, ancora largamente presente nel vissuto popolare; in ogni caso questo ed altri dettagli tecnici saranno oggetto di decisione in una fase più operativa del progetto.
Che cosa sosterrà il Tarì?
La circolazione delle monete cosiddette “fiduciarie”, oggi prevalentemente in uso, non è sostenuta da garanzie di convertibilità delle stesse in date quantità di pre-esistenti riserve di valore (metalli preziosi, merci, altre valute). Essa è sostenuta unicamente dal principio che chi accetta una moneta per regolare i propri scambi lo fa perché sa con certezza che tanti altri la accetteranno per regolare i propri scambi. Tale principio di accettabilità può essere fortificato dal corso forzoso che lo Stato può imporre sull’uso di una moneta, ma nessun elemento fortificante può sostituirsi alla fiducia che ciascun utente di quella moneta deve su di essa riporre affinché essa circoli senza intoppi e incertezze. Tale fiducia è la fiducia che i suoi utenti ripongono nelle istituzioni (norme, organi di governo, di controllo e di mercato) che ne governano la circolazione e ne salvaguardano il valore di scambio.
Il Tarì sarà uno strumento di pagamento regolato esclusivamente dal diritto privato. Non ci saranno istituzioni pubbliche che gli faranno da sostegno. Non avrà corso forzoso. Per un lungo periodo, non sarà convertibile in nessuna riserva di valore. Sarà accettato dai cittadini siciliani soltanto se molti altri cittadini siciliani s’impegneranno ad accettarlo. I pilastri del Tarì, pertanto, saranno costituiti dall’Istituto che ne governerà il funzionamento (dalla sua efficacia ed efficienza) e dallo spirito cooperativo dei Siciliani che vorranno individualmente e collettivamente credere in esso come strumento di salvezza dell’Isola dal declino e dal collasso. In un periodo in cui cresce drammaticamente il numero di chi vede il proprio reddito decurtato o soppresso da una crisi che non vede fine, accettare Tarì può essere l’unico modo di sopravvivere e anche persino di tornare a crescere. Inevitabilmente, occorrerà fiducia per creare nuova fiducia. Il Tarì può segnare il momento di una nuova rinascita.
Aspetti da approfondire e studio di fattibilità
Quanto descritto nella presente nota è inteso soltanto a tratteggiare in linee generali il meccanismo di creazione, diffusione e utilizzo del proposto nuovo strumento di pagamento siciliano e gli obiettivi che esso consentirebbe di perseguire. Nell’ipotesi che tale proposta trovasse accoglimento presso i soggetti interessati al progetto, si dovrà procedere alla stesura di un vero e proprio studio di fattibilità del progetto stesso e all’approfondimento di tutti gli aspetti critici che ad esso sottostanno. Senza pretesa di completezza, alcuni di questi aspetti attengono ai seguenti argomenti:
Verifiche di natura giuridico-amministrativa, tra le quali, ad esempio, l’inquadramento dell’Istituto e del nuovo strumento di pagamento nell’ambito della normativa di vigilanza bancaria e finanziaria e altri aspetti legali attinenti al funzionamento del nuovo strumento di pagamento.
Verifiche di natura istituzionale-amministrativa, riguardanti la struttura organizzativa e di governance dell’Istituto.
Verifiche di natura tecnica, in particolare riguardo all’infrastruttura tecnologica necessaria per l’esecuzione di pagamenti e trasferimenti e per la gestione dei conti.
Verifiche di natura amministrativo-contabile, per esempio, con riferimento alla contabilizzazione sul bilancio dei Comuni dei flussi finanziari denominati in CA.
Verifiche di natura finanziaria, tese a stimare il costo di realizzazione del progetto (investimento e costi funzionamento dell’Istituto) e i ricavi derivanti dai flussi di pagamento e trasferimento.
Verifica delle esigenze di natura promozionale, necessarie ad acquisire al progetto il massimo grado possibile di riuscita, anche attraverso l’attivazione di relazioni con le istituzioni politiche e di governo (nazionali, regionali e locali) e la ricerca e individuazione di sponsor e potenziali finanziatori interessati a sostenere l’iniziativa.

Fonte: http://www.linksicilia.it/2014/02/ecco-come-salvare-la-sicilia-con-il-tari-la-moneta-complementare-alleuro/  -  http://www.linksicilia.it/2014/02/una-moneta-complementare-per-salvare-la-sicilia-la-scheda-tecnica/

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