domenica 23 febbraio 2014

Il nervo scoperto dei trattati europei

MAYK_traites
Haber­mas ha rico­no­sciuto che il «capi­ta­li­smo dei mer­cati finan­ziari è una delle cause deci­sive della crisi attuale» traendo «la con­clu­sione che abbiamo biso­gno di una nuova rego­la­men­ta­zione del set­tore ban­ca­rio mon­diale par­tendo da un’area che abbia come minimo il peso e le dimen­sioni dell’eurozona». Dise­gna quest’area come entità, sog­getto gius-politico di una Europa a due velo­cità, con un nucleo duro (con l’euro come con­net­tivo) e una periferia.

La con­fi­gura tra­sfor­mando i carat­teri attuali dell’architettura euro­pea in quelli oppo­sti. Al modello inter­go­ver­na­tivo e alle rela­tive isti­tu­zioni sareb­bero riser­vati solo i com­pro­messi tra gli «ina­mo­vi­bili inte­ressi nazio­nali». L’adozione defi­ni­tiva del metodo della comu­nità copri­rebbe tutti gli altri ambiti di azione. L’attuale sistema eli­ta­rio della poli­tica euro­pea sarebbe sosti­tuito con la costru­zione di un sistema di par­titi euro­pei. Da que­sti par­titi dovrebbe poi sca­tu­rire la for­ma­zione della volontà poli­tica in un par­la­mento euro­peo per «con­tro­bi­lan­ciare gli inte­ressi nazio­nali con comu­nità di inte­ressi oltre le frontiere».

Con tutto il rispetto per Haber­mas non credo che la que­stione dell’Europa sia risol­vi­bile solo bilan­ciando inte­ressi. Né che bastino alcuni inne­sti di demo­cra­zia per legit­ti­mare il sistema isti­tu­zio­nale com­ples­sivo dell’Ue. Le pro­po­ste di Haber­mas si col­lo­cano all’interno del qua­dro defi­nito dai Trat­tati, e per­ciò non ne con­ver­tono la ragion d’essere e non ne modi­fi­cano i com­piti isti­tu­zio­nali. Soprat­tutto non rico­no­scono nei con­te­nuti nor­ma­tivi di tali e costi­tu­tivi atti dell’Ue i fat­tori deter­mi­nanti della crisi. La cui ori­gine non è dovuta sol­tanto al diverso grado o tipo di svi­luppo delle eco­no­mie nazio­nali. Non deriva solo dalla omo­lo­ga­zione coatta di ogni eco­no­mia nazio­nale a quella tede­sca. Sono altre e più pro­fonde le cause della crisi.

Haber­mas è par­tito però da una con­sta­ta­zione inec­ce­pi­bile. È indub­bio che sia il «capi­ta­li­smo dei mer­cati finan­ziari una delle cause deci­sive della crisi attuale». Ha poi esi­tato. Se quel capi­ta­li­smo è una delle cause deci­sive, e lo è, diventa indi­spen­sa­bile accer­tare su quale base, qui in Europa ad esem­pio, il capi­ta­li­smo dei mer­cati pog­gia que­sto suo enorme potere, chi e come lo legit­tima. Non occorre grande sforzo per accer­tarlo. Basta leg­gere un po’ per con­vin­cersi che a legit­ti­mare il potere del capi­ta­li­smo dei mer­cati finan­ziari in Europa è il Trat­tato sul Fun­zio­na­mento dell’Unione. È in que­sto trat­tato la verità di que­sta Europa. Ed è espli­ci­tata dalla seguente pro­po­si­zione nor­ma­tiva: «Ai fini enun­ciati all’articolo 3 del Trat­tato sull’Unione (quello che enun­cia con esal­tanti parole i fini ine­brianti dell’Ue, nda ) l’azione degli Stati mem­bri e dell’Unione com­prende …. l’adozione di una poli­tica eco­no­mica …. con­dotta con­for­me­mente al prin­ci­pio di un’economia di mer­cato aperta ed in libera con­cor­renza». È scritta nel primo comma dell’art. 119 ed è ripe­tuta nel suc­ces­sivo arti­colo 120 dello stesso trat­tato. Ad una let­tura appena attenta si com­prende chia­ra­mente che que­sta pro­po­si­zione nor­ma­tiva implica l’autoregolazione dei mer­cati e non è sol­tanto pre­scrit­tiva di una stru­men­ta­zione della dina­mica isti­tu­zio­nale com­ples­siva dell’Ue. Ne è, insieme, il com­pito ed il fine. Esclu­sivo l’uno, asso­luto l’altro, tutti e due, comun­que, pre­va­lenti su ogni altro. Per­mea qual­siasi altra dispo­si­zione, qual­siasi altro enun­ciato. Deve impron­tare qual­siasi atti­vità delle isti­tu­zioni dell’Ue, ispi­ran­dola e con­di­zio­nan­dola. Deve con­di­zio­nare l’intera comu­nità di donne e uomini, il vis­suto di ognuno e di tutti.

Opera inol­tre, que­sto prin­ci­pio, come dispo­si­tivo per la muta­zione gene­tica delle ori­gini e delle iden­tità delle isti­tu­zioni tra­sfor­man­dole tutte in ese­cu­tivi di se stesso per essere il fon­da­mento del fun­zio­na­mento dell’Ue. A comin­ciare dai due Con­si­gli, ambe­due di deri­va­zione dei governi nazio­nali, immu­niz­zati, mediante la col­le­gia­lità delle deli­be­ra­zioni, dalla respon­sa­bi­lità poli­tica nei con­fronti dei rispet­tivi par­la­menti. Pro­se­guendo con la Com­mis­sione, ese­cu­tiva per eccel­lenza dei trat­tati. Finendo col Par­la­mento, pri­vato del potere di ini­zia­tiva degli atti nor­ma­tivi attri­buito alla sola Com­mis­sione e, comun­que, vin­co­lato dalla norma fon­da­men­tale del Trat­tato. Par­la­mento che da pro­dut­tore di atti da ese­guire diventa l’esecutivo della «poli­tica eco­no­mica con­forme al prin­ci­pio dell’economia di mer­cato aperta ed in libera con­cor­renza». Il trionfo degli ese­cu­tivi coin­cide quindi con il neo­li­be­ri­smo, con la fase attuale del capi­ta­li­smo, quello finanziario.
Il fat­tore della crisi sap­piamo quale è e dove è. Sap­piamo pure da dove comin­ciare per rifon­dare la demo­cra­zia in Europa.


Fonte: controlacrisi.org


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