giovedì 27 febbraio 2014

La plastica che mangiamo

La plastica che mangiamoLa liscivazione chimica degli imballaggi preoccupante per la salute.
di L.M.
Gli scienziati del British Medical Journal (BMJ), avvertono dei potenziali danni a lungo termine dell'esposizione a metanoli sintetici, tra cui la formaldeide, in bottigle e bevande e imballaggi per alimenti. “Sostanze chimiche di sintesi che vengono usate nella lavorazione, confezionamento e conservazione dei cibi potrebbero danneggiare a lungo termine la nostra salute, a causa anche di piccole quantità di tali sostanze che penetrano nel cibo" : questa la preoccupazione sollevata dal Journal of Epidemiology and Community Health del BMJ.
Queste, in quantità minime, di per sè possono non essere tossiche, ma noi viviamo una vita in cui siamo continuamente esposti a sostanze inquinanti, come la formaldeide, anche attraverso il consumo di alimenti in confezioni di plastica. Alcune delle sostanze chimiche che destano preoccupazione sono regolamentate, ma sono comunque ampiamente usate nel packaging alimentare. Le persone che mangiano cibi confezionati rischiano di essere cronicamente esposte a queste sostanze per tutta la vita.
Troppo poco si sa ancora circa l'impatto a lungo termine sul corpo umano e soprattutto a proposito di questa esposizione in alcuni momenti critici dello sviluppo, come nel grembo materno o nella prima infanzia.
Oltre alla formaldeide, ampiamente presente in bottiglie di plastica e stoviglie alla melamina, altri prodotti chimici noti per interrompere la produzione di ormoni sono usati per gli imballaggi di prodotti alimentari: bisfenolo A, tributilstagno, triclosan e ftalati.
Complessivamente più di 400 sostanze chimiche sono coinvolte.

“Mentre molte di queste sostanze sono oggetto di dibattito tra gli scienziati e i politici per soddisfare gli interessi delle varie parti, i consumatori rimangono esposti a queste sostanze chimiche tutti i giorni, inconsapevolmente” scrivono gli scienziati del BMJ, avvertendo che i potenziali cambiamenti cellulari causati dai materiali a contatto con gli alimenti e, in particolare, le sostanze chimiche con la capacità di agire sugli ormoni, non sono nemmeno prese in considerazione nelle analisi di routine tossicologica. Suggeriscono che tutto questo ”Getta seri dubbi sulla adeguatezza delle procedure di regolamentazione delle sostanze chimiche”.
Non sarà facile monitorare e valutare gli effetti di decenni di esposizione a queste sostanze, dal momento che non ci sono grandi gruppi di persone che non siano esposti ai prodotti alimentari confezionati. Purtroppo tutti noi abbiamo tracce di questi composti chimici nel nostro corpo. Per questa ragione non è possibile effettuare uno studio comparativo tra gruppi di persone che sono state esposte e persone che non lo sono state.
Ma è necessaria una valutazione basata sulla popolazione così come un monitoraggio, per stabilire i potenziali collegamenti tra le sostanze chimiche a contatto con gli alimenti e il cancro, l’obesità, il diabete e i disturbi neurologici e infiammatori, soprattutto sommato agli inquinamenti ambientali: ”Dal momento che la maggior parte di cibi sono confezionati e l’intera popolazione può essere esposta, è della massima importanza che le lacune nelle conoscenze vengano riempite in modo affidabile e rapido” sostengono gli scienziati.
Per dare delle risposte a questi problemi è nato, nel 2012, a Zurigo, il Packaging Food Foundation, un’organizzazione di comunicazione scientifica che rende pubbliche le ricerche relative alla salute di imballaggi alimentari. Si tratta di una fondazione indipendente nata dalla consapevolezza dei rischi per la salute connessi ai materiali che avvolgono i nostri cibi per proteggerli dall’inquinamento esterno, ma che diventano a loro volta una fonte di contaminazione. Molte delle sostanze dei contenitori del nostro cibo ’emigrano’ negli alimenti in vari gradi e, tra gli effetti sulla salute di queste sostanze, sono state osservate malattie cardiovascolari, asma ,obesità, alterazione della funzione tiroidea.
L’ "emigrazione" è proprio il principale problema. I materiali sono composti da diversi prodotti chimici di base, additivi plastificanti, filtri UV, inchiostri di stampa e vernici e, la maggior parte, non è completamente inerte ed entra nel nostro cibo.
Non ha alcun senso, tranne che ragioni di utilità economica, invocare la teoria delle basse dosi non dannose, per la semplice ragione che non è applicabile a tutte le sostanze. Infatti sostanze come ftalati o il bisfenoloA agiscono sempre come interferenti endocrini e come tali il loro comportamento a basse dosi è imprevedibile. Nel dubbio, come sempre, è meglio astenersi il più possibile dall’uso di contenitori e materiali plastici.

Fonte: articolotre.com

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