mercoledì 4 febbraio 2015

Esperimento sociale: in giro per la Capitale con il burqa

«Io in giro per Roma con il burqa tra panico, ironie e pregiudizi»
imageIl velo «integralista» spaventa Roma. Lo abbiamo affittato via internet per vedere l’effetto che fa. I sistemi di prevenzione e lotta al terrorismo della Polizia di Stato si rivelano tempestivi ed efficaci. La ferita francese brucia ancora e le immagini in lingua araba che minacciano l’Urbe scorrono impresse negli occhi e nella mente di chi vive la città, soprattutto quella dei mezzi pubblici e delle fermate metro. Con una fotografa a debita distanza iniziamo il viaggio fra la tolleranza (o l’ostilità)degli italiani per un simbolo che oggi viene frettolosamente ricollegato all’islam più radicale e sanguinario. Si parte dal quartiere di Testaccio e si te termina in Questura con una perquisizione e una sanzione amministrativa. Abbiamo fatto un giroper capire cosa prova la gente , come si comporta, alla vista di un burqa afgano che copre la donna da capo a piedi volto incluso, dove, all’altezza degli occhi, è ricamata una retina. Una sorta di paraocchi che consente a chi lo indossa di respirare e vedere solo in avanti.
TESTACCIO
Ore 10:30. Il mercato coperto di Testaccio è frequentato da signore per lo più di mezza età che provvedono a far la spesa fra i diversi banchetti. Dal macellaio al fruttivendolo, clienti incluso, le reazioni sono diverse. C’è chi d’istinto si allontaa, chi indietreggia e commenta, chi si incuriosisce e si paralizza senza più distogliere lo sguardo. Al passaggio di una donna col burqa ben pochi restano indifferenti. La tensione a un certo punto è nitida e imbarazzante. Per fortuna che a riportare serenità è un ragazzo sulla trentina: «Anvedi aho! ma che stamo a carnevale?». E un altro di rimando: «Dije all’amici tua de piassela con Lotito non l’ostaggi americani». Una signora anziana che ci incrocia resta paralizzata e sottovoce bisbiglia un : «Ecco, guarda un po’ dove semo arrivati». Un uomo ci passa accanto borbottando, un altro invece cambia direzione, come se non volesse condividere con noi un pezzo di percorso. Un gruppo all’esterno del mercato concorda quando il capo branco mugugna: «Noi avemio rispetto de voi, ma voi de li cristiani mica tanto. Se state qua addovete rispettà le regole nostre». Un anziano interrompe lo sproloquio: «Ma state zitti, razzisti. Abbiate rispetto per questa donna. Cretini». Ovviamente, proprio per non provocare, in questa lunga passeggiata né io né il fotografo risponderà mai a provocazioni, insulti e battute.

STAZIONE PIRAMIDE
Impossibile non leggere negli occhi di chi incrociamo un sentimento a metà fra la paura e l’intolleranza. Nonostante tutto fare un biglietto per prendere la metro non risulta difficile. Nessuno della sicurezza interna ci ferma o ci controlla a distanza. Da Piramide a Stazione Termini il viaggio in metro è costellato di risatine e smorfie. C’è chi, tra una fermata all’altra, cambia addirittura vagone. E chi esce e si mette in attesa del prossimo treno. Incredibile. Un ragazzo biondoplatino fa il gradasso con gli amici: « ah bella, va be’ manco te se vede, qui non stiamo a Baghdad». Alcuni passeggeri restano impressionati alla vista di una donna che rompe i canoni ai quali si è abituati nella Città Eterna. Fa strano scorgere un burqa fra le vetrine della stazione o alla fermata del treno. Nell’immaginario comune questa figura è abbinata alle zone aride e bellicose del Medio Oriente, alle sue bufere sabbiose che fanno di questo vestito un’armatura quasi fonte di sollievo e riparo da quei granelli sparati come aghi sulla pelle.
COLOSSEO
Fra chi scatta selfie con il Colosseo come sfondo, c’è chi addirittura cerca di immortalarsi con una donna col burqa. Siamo diventati una foto-ricordo. Scolaresche in gita chiedono a maestre esterrefatte il perché della nostra presenza. I centurioni romani, tipica attrazione turistica, passano in secondo piano. La novità, per poco, non è tanto il soldato dell’antichità con la sua corazza e i sandali quanto una presenza simile più ad un fantasma che ad un essere umano. Una figura che stona con il contesto che, per quanto arcaico possa essere, è sempre più moderno e progredito di un velo integrale.
PIAZZA VENEZIA
La piazza rappresenta la vera svolta in questa passeggiata. Il sistema di sicurezza in centro è moltiplicato nelle ultime settimane. Un dispiegamento di pattuglie inimmaginabile, nonostante i tagli, controlla centimetro dopo centimetro il centro storico e tutti quei siti ritenuti «sensibili». Di fronte al monumento del Milite Ignoto parte il pedinamento, che dopo ci verrà detto dalla Digos esser iniziato dalla stazione ferroviaria. Nessuno dei poliziotti in fila a sorvegliare la zona ci ferma. Questo non vuol dire che la strada sia libera anzi: inneschiamo, a nostra insaputa, un sistema di allerta che coinvolge i vertici della Questura di Roma. Di fatti veniamo pedinati fino a via del Corso e all’incrocio con Piazza Colonna, a pochi metri da Montecitorio, ben tre volanti ci braccano. Dalle auto scendono sei uomini e due arrivano alle nostre spalle in borghese. Mi viene chiesto se parlo italiano e di alzare parte del burqa per mostrar loro cosa indosso. Il rivelare che sono una giornalista italiana non fermerà la procedura. Una poliziotta scende, pronta alla perquisizione corporale, mi vengono richiesti i documenti e la tessera dell’ordine dei giornalisti, lo stesso vale per il fotografo. Partono le verifiche. Restiamo bloccati per 40 minuti, sittoposti a interrogatorio mentre il reparto «anti terrorismo» cerca le nostre identità fra i database. Il reato che si profila è quello di procurato allarme oltre ad una sanzione amministrativa. In Italia girare per luoghi pubblici con il volto completamente coperto è un reato. Il testo unico della legge di pubblica sicurezza, all’articolo 85, vieta di comparire mascherati in luogo pubblico e prevede per i contravventori una sanzione amministrativa fino a 500 Euro. Verificati i nostri propositi giornalistici, la polizia ci rilascia con una multa da 20 euro per il volto travisato. Tanti pregiudizi, molti sfottò e una paura diffusa. La sicurezza è l’unica cosa di cui andare fieri.
Roma, 3 febbraio 2015
Fonte Il Tempo (Francesca Pizzolante)
E.R.

Fonte: sostenitori.info



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