venerdì 1 novembre 2013

La Marina affonda sull'amianto. Già morti in 150: chiesto il giudizio

Quattordici tra comandanti di navi e direttori rischiano il processo per la morte e le malattie incurabili da esposizione all'inquinante che hanno colpito oltre 500 tra militari e civili in servizio a bordo.

La crociata contro la presenza sulla navi da guerra dello Stato Maggiore nel periodo arriva ad un punto cruciale: a marzo il Gup di Padova deciderà sulla richiesta di rinvio a Giudizio. Molti dei deceduti era di Roma e di Latina. Ancora oggi la bonifica non è stata completata e lo ha ammesso la stessa Marina Militare: “L’amianto è stato rimosso completamente solo sul 29% e parzialmente sul 54% delle 148 navi contaminate”.

di Valentina Renzopaoli

Centocinquanta morti e almeno cinquecento casi di asbesto: la malattia terribile causata dall'amianto. Una bufera si sta per abbattere sulla Marina Militare Italiana. Se il Gup di Padova il prossimo 25 marzo accoglierà la richiesta del piemme Sergio Dini, 24 tra comandanti di navi e direttori andranno a giudizio. In servizio tra il 1984 e il 2001, sono accusati di aver causato la morte o l’insorgere di malattie incurabili in centinaia di marinai, costretti a vivere e lavorare accanto all'amianto.

E a scatenare la bufera è stato un avvocato romano: Ezio Bonanni, presidente dell'Osservatorio Nazionale sull'amianto. Secondo l’accusa l’amianto a bordo delle navi della Marina Militare, ancora oggi in molti casi contaminate, avrebbe avuto un ruolo decisivo nell’insorgere delle malattie. Antonio Bocchieri, Francesco Chianura, Guido Cicciniello, Agostino Di Donna, Mario Di Martino, Umberto Guarnieri, Angelo Mariani, Elvio Melorio, Luciano Monego, Sergio Natalicchio, Mario Porta, Filippo Ruggiero, Rodolfo Stornelli, Guido Venturoni dovranno rispondere di omicidio colposo. Secondo gli atti avrebbero omesso di informare il personale sui rischi per la salute derivanti dalla presenza del materiale killer a bordo delle navi, di sottoporre i militari ai controlli sanitari, di adottare misure idonee a ridurre o impedire il diffondersi delle polveri di amianto prodotte dalle lavorazioni o dall’uso delle stesse dotazioni di bordo.

La richiesta di rinvio a giudizio rappresenta una tappa fondamentale per uno dei processi italiani più importanti legati all’amianto. Secondo l’Osservatorio Nazionale Amianto sarebbero oltre cinquecento i casi di patologie asbesto correlate tra i militari, altri duecento tra i civili. Circa centocinquanta sono deceduti in questi anni. Il 20% delle vittime era originario di Roma e della provincia di Latina. Agli atti delle indagini c'è anche un dossier fotografico raccolto dall’Ona, che Affaritaliani.it pubblica in esclusiva, che dimostra lo stato di insicurezza nel quale venivano svolte le mansioni di bordo.
Il dato più allarmante è che ancora oggi la bonifica non è stata effettuata sull’intera flotta. Come dichiarò lo scorso anno lo stesso comandante Enrico Pacioni, capo ufficio stampa del Capo di Stato Maggiore della Marina: “Il piano di bonifica è tuttora nel pieno della sua fase esecutiva. L’amianto è stato rimosso completamente solo sul 29% e parzialmente sul 54% delle 148 navi contaminate”. Da brivido.

Conclude l'avvocato Ezio Bonanni: “Siamo riusciti a corroborare le richieste di giustizia delle vittime e dei loro familiari - anche attraverso la produzione agli atti delle indagini preliminari di foto che testimoniano oggettivamente lo stato di insicurezza nel quale venivano svolte le mansioni lavorative. Molte parti offese non risultano come tali nella richiesta di rinvio a giudizio perché molti degli accusati nel frattempo sono venuti a mancare, e per loro, dopo le istanze di riconoscimento quali vittime del dovere, verranno predisposte le azioni civili a carico dell’amministrazione per l’integrale risarcimento di tutti i danni”


Fonte: affaritaliani.it


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