CORRISPONDENTE A BRUXELLES
L’Europa fa tilt con gli Ogm. Sebbene diciannove Paesi abbiano votato «no», il consiglio dei ministri Affari generali dell’Ue non è riuscito a esprimere la maggioranza qualificata necessaria per non autorizzare la coltivazione del supermais 1507 dell’americana Pioneer. Il destino della pannocchia transgenica passa ora nelle mani della Commissione esecutiva che, sulla base delle disposizioni dei Trattati, ha facoltà di decidere tenendo in conto il parere tecnico positivo (espresso sei volte) dall’Agenzia per la sicurezza alimentare. I più attendono una fumata bianca. A meno che, con un colpo di scena, l’esecutivo decida di ritirare il dossier d’arbitrio per chiedere nuove evidenze scientifiche.
Chiamiamolo il pasticciaccio brutto di Rue de la Loi, storia di disfunzioni giuridiche, incertezze nazionali e regole obsolete. Può essere difficile spiegare ai cittadini che il mais geneticamente modificato a stelle e strisce potrà essere prodotto nonostante sia stato bocciato dall’Europarlamento in gennaio (parere non richiesto, ma tant’è) e da ministri degli affari europei in numero tale da rappresentare più della metà degli elettori continentali. Altrettanto complesso riconoscere che il numero 1507 è il secondo granturco transgenico autorizzato, col Monsanto 810 in giro da 15 anni. L’Ue ha aperto le porte, si dirà. E’ una questione che spacca l’opinione pubblica. Il mais 1507 contiene due geni estranei alla pianta convenzionale che producono un insetticida (la tossina Bt) e garantiscono la tolleranza a un erbicida totale, il Glufosinato ammonio. I critici dicono che uccide anche falene e farfalle non pericolose e mette in pericolo l’ambiente. Il caso è talmente divisivo da non aver mai visto i governi trovare un accordo. In presenza di una proposta di decisione scritta dalla Commissione, sentito all’avviso dell’Efsa, occorre una maggioranza qualificata per tornare indietro, sennò è l’esecutivo a disporre del dossier. Recentemente è andata così per la superpatata Amflora Basf che però si è rivelata un insuccesso commerciale.
«Siamo contro senza se e senza ma», ha giurato il ministro Enzo Moavero al termine del Consiglio dove la battaglia è stata condotta dai francesi. A favore cinque Paesi (Spagna, Regno Unito, Estonia e Svezia), mentre quattro si sono astenuti (Germania, Portogallo, Rep. Ceca, Belgio), con una strategia che ha sollevato sospetti perché, nel non decidere, il quartetto ha consentito che la pratica andasse avanti. Interessi industriali o lobbismo? Il maltese Tonio Borg, commissario Ue per la Salute, ritiene suo dovere esprimersi positivamente in linea con le indicazioni dell’Efsa. Il servizio giuridico del Consiglio ha un avviso diverso: ritiene che, sino al momento in cui non cominciano le operazioni formali di voto (ieri non ci sono state), la Commissione ha sempre la facoltà di emendare o ritirare la proposta. Il comunicato finale afferma però che «tocca ora alla Commissione autorizzare il 1507».
Oggi scade il termine entro cui il Consiglio doveva approvare il mais Pioneer che, fra l’altro, è in discussione dal 2001, «dal tempo delle torri gemelle», ha ricordato Borg. Se entro stasera la Commissione non emenda o ritira il testo, sembra inevitabile che sia costretta a deliberare, ma non è detto che lo debba fare subito. Potrebbe tergiversare in attesa degli eventi.
Gli stati, nel frattempo, hanno due piani. Per venerdì intendono convocare una riunione per tentare di chiudere sulla direttiva che autorizza stati e regioni bandire localmente gli Ogm: la speranza è cucire un’intesa al Consiglio Ambiente del 3 marzo. Il secondo passo è ragionare su una riforma delle regole, anche per evitare contraccolpi nell’opinione pubblica in vista delle elezioni. In piena ondata euroscettica, approvare il supermais contro due maggioranze elette è la peggiore delle pubblicità possibili.
Fonte: lastampa.it