Nelle carte dei giudici emerge la vera essenza di un partito che antepone la propria rete familistica all'istituzione che governa. Lo dimostra il caso della parentopoli regionale o l'ancor più celebre questione delle quote latte
Di ALBERTO GAINO
Di ALBERTO GAINO
Dalle carte di Rimborsopoli emerge la vera cultura politica leghista e può essere la chiave di spiegazione del dono dell’ubiquità di RobertoCota e di altri maggiorenti del partito fondato daUmberto Bossi e suoi degni eredi: avendo un budget a disposizione come gruppo consiliare a Palazzo Lascaris, l’hanno utilizzato per quanto è stato possibile attingervi. Cioè, hanno preso tutte le ricevute e gli scontrini fiscali – par di capire – per spese della “famiglia” e se le sono fatt rimborsare, dopo averle individualmente autocertificate ed essere state avallate dal capogruppo Mario Carossa. Il partito di lotta, nel momento in cui diventa di governo, dà prova di preoccuparsi della propria bottega familiare; non della “macro-regione del Nord”. Nella testa dei leghisti la vera Padania è rimasta quella creata dal Senatur: la “famiglia” con le sue camicie verdi, i propri riti di iniziazione, lo zoccolo duro dei militanti, tutto ciò che si sposa con le “origini” del fenomeno “secessionista”. Abbandonato per la più prosaica appropriazione di risorse pubbliche, destinate alla “famiglia”, intesa sia come partito sia come singoli suoi esponenti e relativo parentame.
Che sia la figlia di Carossa, come segretaria del Presidente, a dover rispondere di quei rimborsi, secondo le dichiarazioni dello stesso Cota, è solo una contraddizioni in termini: nella scomoda posizione di indagato, di fronte al procuratore capo di Torino, Gian Carlo Caselli, all’aggiunto Andrea Beconi e ai pmEnrica Gabetta e Gian Carlo Avenati Bassi, Il presidente della Giunta regionale Piemonte “rivela” che è stata lei ad occuparsi dei rimborsi intestati a lui. E’ plausibile che sia andata così, ma la balla vera, in ogni caso la più grossa – moralmente e politicamente – Cota la pronuncia in quella sede nascondendosi dietro le spalle di una segretaria, per quanto della “famiglia”.